Il futuro dell’umanità si sta definendo oggi, mentre viviamo la condizione sociale ed economica più complessa della storia contemporanea. È oggi, quindi, che dobbiamo impiegare al meglio gli strumenti e le risorse a disposizione per contrastare e superare una crisi sanitaria e ambientale senza precedenti. Vuole dare un contributo in questa direzione il nuovo report Urban Nature 2021 intitolato “Verso Città ‘Nature Positive’: Decementifichiamo il nostro territorio – Rinverdiamo la nostra vita”, che il WWF pubblica in vista dell’evento Urban Nature del 10 ottobre, quando in tutta Italia si festeggerà la natura in città (Qui la mappa degli eventi in tutta Italia).
Attraverso i tre filoni tematici “Decementifichiamo le città”, “Nutriamo la biodiversità”e “Rinverdiamo le nostre scuole”, declinati in altrettanti capitoli, il report del WWF Italia raccoglie una rassegna di progetti pilota, proposte e modelli – tratti da decine di esperienze italiane, europee ed internazionali – per rivoluzionare i paradigmi delle nostre città, mettendoli a disposizione di istituzioni, realtà civiche attive sul territorio e cittadini per essere realizzati in maniera capillare. 14 gli autori che hanno collaborato alla creazione del report, tra questi docenti del Politecnico di Milano e delle Università di Roma Sapienza, Roma Tre, del Molise e dell’Aquila.
“Le nostre città vanno ripensate per affrontare la crisi climatica e migliorare il benessere e la qualità della vita delle comunità. Riportare la natura in città servirà anche ad invertire la curva della perdita di biodiversità che sembra oggi irreversibile”. Lo dichiara la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi che aggiunge: “Il 55% della popolazione mondiale abita in città ed è proprio nei centri urbani che si genera il 70% delle emissioni globali, per cui non è rinviabile un piano urgente per l’efficientamento energetico degli edifici pubblici, su una mobilità collettiva efficiente e green e sulla creazione di spazi verdi urbani diffusi”.
“D’altronde, come emerge dai dati del report Urban Nature, anche in Italia continuiamo a divorare suolo amplificando gli effetti del cambiamento climatico e riducendo gli spazi naturali che ancora abbiamo a disposizione. Non è più rinviabile una legge sul consumo del suolo. Per di più, in larga parte del territorio continuiamo a comportarci come se il cambiamento climatico e l’erosione dei sistemi naturali non stesse avvenendo a ritmi insostenibili, basandoci su strumenti di pianificazione urbana ormai datati che non considerano gli aspetti ecologici né i servizi ecosistemici. Mettere il nostro territorio nelle condizioni di ‘difendersi’ dagli effetti del cambiamento climatico è una priorità che si può affrontare in tre mosse: una legge per fermare il consumo del suolo (un’altra legislatura passerà invano?), una legge nazionale sul clima e l’adozione di una nuova strategia nazionale sulla biodiversità aal 2030 in linea con gli obiettivi della Strategia UE”, conclude Donatella Bianchi.
Decementifichiamo le città
Negli ultimi 6 anni un’altra città delle dimensioni di Lecce (circa 14 chilometri quadrati) è nata lungo le coste italiane al ritmo medio di 5 ettari a settimana. Il 20% del nostro territorio è governato da piani urbanistici comunali antecedenti al 1995, con 2,5 milioni di persone che risiedono in comuni con strumenti urbanistici “aggiornati” tra il 1969 al 1977 (come viene documentao nel Report dal gruppo di ricerca dell’Unversità dell’Aquila che da anni collabora con il WWF). Serve con urgenza una pianificazione urbana rinnovata che sappia misurarsi con le sfide epocali dell’adattamento climatico degli insediamenti, della mitigazione delle emissioni legate all’”organismo urbano” e che sia capace di usare con sempre maggiore sapienza gli strumenti sofisticati della densificazione urbana (infilling) e della deimpearmibilizzazione (de-sealing), assumendo l’orizzonte del bilancio zero del consumo di suolo.
Le infrastrutture verdi e blu e, quindi, i servizi ecosistemici forniti dalla rete di aree naturali e seminaturali presenti nel tessuto urbano, assumeranno così un ruolo essenziale nella riconfigurazione ecologica della città, capace di essere resiliente ai cambiamenti climatici, nella sua gestione e nella sua fruizione.
In questo quadro il report mostra esperienze consolidate a tutte le latitudini: in Spagna (a partire da Bilbao) e nei Paesi Bassi, dove l’approccio ecosistemico è stato applicato su scala regionale per realizzare infrastrutture verdi; a Barcellona, dove i servizi ecosistemici sono stati considerati nella definizione e attuazione delle strategie per un progetto di green e blue infrastrutture (GBI); nella città di Oslo (capitale della Norvegia) nel Kummunenplan è presente un progetto di rete verde per tutelare le aree naturali esistenti e creare nuovi spazi verdi; nel comune di Rescaldina, localizzato nell’area nord ovest dell’area metropolitana di Milano dove è stato presentato un Piano di Governo del Territorio (PGT) che prevede la realizzazione di GBI.
Le città divengono anche luoghi dove si può giocare la sfida di progetti di trasformazione che valorizzino “paesaggi avanzati”, da intendersi non tanto come spazi residuali, ma come elementi di evoluzione e progresso. Gli esempi riportati sono illuminanti: dalla realizzazione del Parco pubblico sul sito dell’ex aeropista di Bonames a Francoforte al caso del Jardin Joyeux ad Aubervilliers, nella periferia nordorientale di Parigi. Una sfida che potrebbe interessare anche la nostra capitale, con la proposta Roma Biodivercity, sul solco che ha portato Londra ad essere dichiarata National City Park.
Nutriamo la biodiversità
Il report ricorda poi come sia impossibile separare le questioni della città da quelle della campagna. Il rapporto città-campagna è stato un tratto distintivo della storia del nostro Paese e le “agricolture urbane” e i parchi agricoli hanno lasciato e lasciano ancora un segno nel paesaggio urbano e periurbano, dove si sviluppano esperienze consolidate di agricoltura multifunzionale (a Milano, come a Roma, Firenze, Torino e Palermo) o esperienze pilota che coniugano la produzione agricola con la biodiversità, il paesaggio e il contesto sociale (come a Bergamo e Bologna). O, come insegnano iniziative in ambito agricolo che sono state realizzate nell’ultimo decennio, grazie all’impegno della Fondazione Cariplo: con le esperienze già realizzate a ridosso di Milano (bando Spazi Aperti) o i circa 30 progetti che sono in via di realizzazione tra la Lombardia (aree metropolitane di Milano e Brescia) e le province piemontesi di Novara e Verbano-Cusio-Ossola (bando Coltivare Valore).
Altro elemento rilevante riguarda l’utilizzo in città di biocidi e prodotti fitosanitari, indoor e outdoor, come gli insetticidi nella lotta alle zanzare e diserbanti nella gestione dei bordi stradali e infrastrutture verdi.
Il glifosate è il diserbante più utilizzato (in Italia ognuno/a di noi, volente o nolente, usa l’anno 3kg di pesticidi a testa), ritenuto altamente tossico e inquinante e la cui autorizzazione a livello europeo scadrà nel dicembre 2022, che potrebbe essere facilmente eliminato con pratiche alternative già disponibili. Per questo il WWF coglie l’occasione per promuovere l’iniziativa europea “Città Libere da Pesticidi”, che prevede l’adozione di un Protocollo per bandire queste sostanze chimiche nocive per la salute e la biodiversità. Iniziativa promossa da PAN Europe che al settembre 2021 vedeva l’adesione di 48 città italiane.
Rinverdiamo le nostre scuole
Il report fa infine il punto sul ruolo della scuola nella gestione del verde scolastico. In media ogni studente italiano ha a disposizione 8,5 metri quadrati di “spazi aperti” che – se ben gestiti – potrebbero aumentare in maniera decisiva la presenza della natura all’interno delle nostre città, contribuendo a migliorare il benessere di bambine/i e ragazze/i e costituendo una opportunità educativa di contatto con la natura indispensabile nel momento in cui alcuni aspetti come la dimensione relazionale, la sfera emotiva, e l’apprendimento attivo vengono sacrificati.
Il WWF offre risposte concrete con il progetto Aule Natura, lanciato lo scorso anno in piena emergenza da Covid-19. Ogni aula è uno spazio educativo di 80 metri quadrati che riproduce diversi microhabitat e offre una didattica multidisciplinare). Le Aule Natura si stanno affermando in maniera più che promettente e, dopo la realizzazione dei prototipi installati significativamente nella scuola G. Pascoli di Scanzorosciate (Bergamo) e all’Ospedale Bambin Gesù a Palidoro (Fiumicino, Roma), sono già 18 le città che ne hanno una, mentre 52 sono le Aule Natura che nell’arco di 3 anni verranno realizzate grazie al contributo di Procter&Gamble.
Vivere in città sempre più “Nature Positive” è possibile e ognuno di noi, con le sue competenze e motivazioni, può contribuire ad arrestare ed invertire la curva del declino delle biodiversità.