Campania la regione più costosa (416€), Veneto la più economica (232€). Cresce la raccolta differenziata ma scarse le iniziative per favorire il riuso e limitare i rifiuti. I nuovi dati dell'Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva.
È di 312€ la tassa per i rifiuti pagata in media nel 2021 da una famiglia nel nostro Paese, con un aumento dell’1,5% rispetto all’anno precedente. La regione con la spesa media più bassa è il Veneto (€232), dove si registra anche una diminuzione del 4% circa rispetto all’anno precedente. Al contrario, la regione con la spesa più elevata resta la Campania (€416, -0,6% rispetto al 2020).
A livello territoriale si registrano aumenti in dodici regioni: incremento a due cifre in Liguria (+10,3%), segue la Basilicata con +8,1%, il Molise con +6,1% e la Calabria con +5,9%; tariffe in diminuzione in sei: in Sardegna si registra un -5% e in Veneto un -3,8%.
“A fronte di una spesa media a famiglia che continua a salire e di una eccessiva sperequazione della tariffa fra le regioni e le singole città, ci spiace constatare che soltanto il 10% dei capoluoghi di provincia applica la tariffa puntuale che incentiverebbe le famiglie a produrre meno rifiuti. Allo stesso modo ancora scarseggiano le iniziative per favorire il riuso e per ridurre i rifiuti, sebbene finalmente tutte le regioni registrano un aumento nei livelli di raccolta differenziata”, dichiara Tiziana Toto, responsabile politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva.
È questo il quadro che emerge dalla annuale rilevazione dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, disponibile online sul sito www.cittadinanzattiva.it. L’indagine sui costi sostenuti dai cittadini per lo smaltimento dei rifiuti in tutti i capoluoghi di provincia prende come riferimento nel 2021 una famiglia tipo composta da 3 persone ed una casa di proprietà di 100 metri quadri. L’indagine è realizzata nell’ambito delle “Iniziative a vantaggio dei consumatori”, finanziate dal Ministero dello sviluppo economico, Legge 388/2000 – ANNO 2020.
Regione | Tari 2021 | Tari 2020 | Variazione % |
Abruzzo | € 329 | € 317 | + 3,9% |
Basilicata | € 239 | € 221 | + 8,1% |
Calabria | € 324 | € 306 | + 5,9% |
Campania | € 416 | € 419 | – 0,6% |
Emilia Romagna | € 274 | € 276 | – 0,7% |
Friuli Venezia Giulia | € 238 | € 231 | + 2,7% |
Lazio | € 331 | € 331 | + 0,0% |
Liguria | € 407 | € 369 | + 10,3% |
Lombardia | € 246 | € 241 | + 2,0% |
Marche | € 243 | € 239 | + 1,7% |
Molise | € 242 | € 228 | + 6,1% |
Piemonte | € 289 | € 283 | + 1,9% |
Puglia | € 381 | € 370 | + 3,0% |
Sardegna | € 323 | € 340 | – 5,0% |
Sicilia | € 386 | € 389 | – 0,7% |
Toscana | € 339 | € 325 | + 4,1% |
Trentino Alto Adige | – | – | – |
Umbria | € 371 | € 370 | + 0,3% |
Valle d’Aosta | € 272 | € 275 | – 0,9% |
Veneto | € 232 | € 241 | – 3,8% |
Italia | € 312 | € 307 | + 1,5% |
N.B.: La tariffa puntuale è applicata a: Ferrara e Forlì; La Spezia; Mantova; Biella; Trento e Bolzano; Terni; Belluno e Treviso. |
Fonte: Cittadinanzattiva – Osservatorio Prezzi&Tariffe, Novembre 2021
Catania è il capoluogo di provincia più costoso (504€ stabile sul 2020), Potenza il più economico (131€, ma in aumento rispetto al 2020, 121€). Rispetto ai 112 capoluoghi di provincia esaminati, sono state riscontrate variazioni in aumento (rispetto al 2020) in ben 53 capoluoghi, situazioni di stabilità in 37 e variazioni in diminuzione in 22. A Vibo Valentia l’incremento più elevato (+44,9%), a Rovigo la diminuzione più consistente (-23%).
I 10 capoluoghi più costosi I 10 capoluoghi più economici | |||||
Capoluogo | Tari 2021 | Capoluogo | Tari 2021 | ||
Catania | 504€ = | Potenza | 131€ ↑ | ||
Genova | 480€ ↑ | Udine | 169€ = | ||
Benevento | 464€ = | Pordenone | 191€ ↑ | ||
Salerno | 462€ = | Brescia | 191€ = | ||
Napoli | 455€ = | Fermo | 196€ = | ||
Reggio C. | 443€ = | Rovigo | 198€ ↓ | ||
Pisa | 443€ ↑ | Bergamo | 203€ = | ||
Agrigento | 428€ ↑ | Verona | 204€ = | ||
Messina | 422€ = | Cremona | 206€ ↑ | ||
Andria | 422€ ↑ | Novara | 209€ ↑ |
Fonte: Cittadinanzattiva – Osservatorio Prezzi&Tariffe, Novembre 2021
A livello di aree geografiche, i rifiuti costano meno al Nord (in media 270 euro, +1,6% rispetto al 2020), segue il Centro (313 euro, +2,4%), infine il Sud, più costoso (353 euro, +1,3%).
RACCOLTA DIFFERENZIATA: AL TOP IN VENETO, MALE IN SICILIA. ANCORA SCARSE LE INIZIATIVE PER FAVORIRE IL RIUSO E LIMITARE I RIFIUTI
Secondo il rapporto Rifiuti urbani 2020 dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), gli italiani nel 2019 hanno prodotto 30,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (-0,3% rispetto al 2018). La maggioranza è prodotta al Nord (47,9%) seguito dal Sud (30,3%) e infine dal Centro entro (21,8%).
La media nazionale di raccolta differenziata ha raggiunto il 61,3% (+3,1 punti percentuale rispetto al 2018) mentre il 21% finisce in discarica. A livello di aree geografiche, primeggia anche in questo caso il Nord (69,6% di raccolta differenziata) seguito da Centro (58,1%) e Sud (50,6%).Tutte in aumento le percentuali di raccolta differenziata regionali. Quelle più virtuose sono Veneto, Sardegna, Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia che hanno superato l’obiettivo del 65%. In testa il Veneto che differenzia il 74,7% dei rifiuti, fanalino di coda la Sicilia con appena il 38,5%.
Il 78% dei capoluoghi prevede la raccolta porta a porta e quella su strada, il 18% solo porta a porta e il 4% solo raccolta su strada.
Circa l’81% dei capoluoghi prevede incentivi o altre azioni per agevolare l’auto compostaggio a casa. Tali misure si traducono essenzialmente nella riduzione della tariffa rifiuti (circa 89% dei casi), nella distribuzione gratuita della compostiera (circa 64% dei casi) e nell’organizzazione di corsi gratuiti di compostaggio domestico (17% dei casi).
Di contro però, emerge una attenzione ancora troppo scarsa riguardo la prevenzione nella produzione dei rifiuti: ad esempio, si realizzano campagne di sensibilizzazione specifiche per ridurre i rifiuti solo nel 56,9% dei casi; l’organizzazione di iniziative per favorire lo scambio, il riuso e/o la riparazione sono previste rispettivamente solo nel 38,5% e nel 17,4% dei capoluoghi; fanalino di coda sono le agevolazioni per l’acquisto di pannolini lavabili, previste solo nel 15,6%.