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Raccolta dell’organico, da gennaio scatta l’obbligo in tutti i Comuni

Con due anni di anticipo rispetto al resto della Ue, l’Italia introduce l’obbligo della raccolta differenziata della frazione umida e, al suo interno, anche delle plastiche biodegradabili e compostabili. Marco Versari (presidente Biorepack): “L’aumento dei tassi di raccolta dell’umido, anche grazie alla crescita dei materiali compostabili, essenziale per produrre più compost che restituisce sostanza organica ai terreni e per contrastare così i cambiamenti climatici”

Foto di Hitti M da Pixabay

L’Italia in anticipo di 2 anni rispetto all’UE sulla raccolta dell’organico

La novità per una volta è positiva e fa vincere tutti: vincono i cittadini, che vedranno meno rifiuti finire in discarica anziché essere reimmessi nell’economia circolare. Vince una filiera industriale virtuosa che può rafforzarsi e migliorare il vantaggio competitivo che già ha mostrato di avere rispetto ai concorrenti internazionali. Vincono, soprattutto, il clima e il suolo perché la novità aiuterà a restituire sostanza organica ai terreni, frenando così il loro degrado e il rilascio di CO2 in atmosfera. Dal 1° gennaio 2022, in tutti i Comuni italiani sarà obbligatorio prevedere la raccolta differenziata della frazione umida. In poche parole: gli scarti organici dovranno essere separati dagli altri rifiuti. E insieme ai residui di cibo dovranno essere raccolti anche gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile, certificati EN 13432, per la trasformazione in compost. I sacchetti in bioplastica prima di tutto. Ma anche imballaggi di frutta e verdura, piatti, bicchieri e stoviglie monouso realizzate in materiale compostabile.

A prevederlo è l’articolo 182 ter del decreto legislativo 152/2006 che recepisce in Italia la direttiva europea 2018/851 in materia di rifiuti. L’entrata in vigore di questo obbligo anticipa di ben due anni un analogo impegno che sarà introdotto nel resto della Ue solo a inizio 2024. La disposizione impone ai Comuni italiani di attivare un servizio di raccolta differenziata della frazione umida da attuarsi tramite contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.

“La norma introdotta dalla direttiva europea, ed anticipata in Italia, è un’ottima notizia per chiunque abbia a cuore la corretta gestione sostenibile dei materiali post consumo” spiega Enzo Favoino, ricercatore presso la Scuola Agraria del Parco di Monza e Coordinatore del Comitato Scientifico di Zero Waste Europe. La raccolta dell’organico è fondamentale perché offre un contributo essenziale alla massimizzazione dei tassi di raccolta differenziata. Senza l’organico non saremmo potuti arrivare al 65% circa di raccolta differenziata raggiunto dall’Italia. Inoltre, separando bene l’organico, riduciamo la fermentescibilità dei rifiuti residui indifferenziati non riciclabili. Ciò permette ai Comuni di ridurne la frequenza di raccolta il che, oltre a ridurre i costi complessivi di raccolta, spinge i cittadini a separare meglio anche le altre frazioni riciclabili”.

Il vantaggio per la collettività, in questo senso, è evidente. Ma non va sottovalutato nemmeno l’apporto positivo in termini ambientali di un aumento della produzione di compost. Un’attività che vede l’Italia in cima alla classifica europea (la capacità del nostro sistema di compostaggio supera i 7 milioni di tonnellate, seconda solo alla Germania). Ad oggi, l’80% della popolazione è collegato con la raccolta dello scarto organico. Il nuovo obbligo renderà possibile estenderlo al 100%. “Dal punto di vista agronomico – prosegue Favoino – separare l’organico dal resto dei rifiuti è importante per restituire al terreno materia viva e fertile. La fertilità dei suoli dipende essenzialmente dalla presenza di sostanza organica. Non a caso, gli scienziati del suolo parlano di ‘stato di pre-desertificazione’ quando i terreni si impoveriscono eccessivamente di sostanza organica. Restituendo quest’ultima ai suoli, ne esaltiamo la fertilità sotto tutti i punti di vista: dalla capacità di ritenzione idrica, alle attività dei microorganismi del suolo, alla disponibilità degli elementi nutritivi”.

A beneficiare di questa “restituzione” di sostanza organica non è solo la produttività agricola e la salute delle piante ma anche la lotta al cambiamento climatico ed al riscaldamento globale. La sostanza organica, infatti, è fatta essenzialmente di carbonio. Quest’ultimo, mentre nei suoli ne determina la fertilità come costituente principale della sostanza organica, in atmosfera, sotto forma di CO2 è uno dei principali fattori che determinano l’effetto serra. I suoli sono il secondo più grande magazzino di carbonio nel Pianeta dopo gli oceani.

“Se abbiamo più carbonio nei suoli, nel bilancio del carbonio avremo quindi meno carbonio in atmosfera, ove produce effetti negativi come il riscaldamento globale” spiega Favoino. Chiaro quindi che maggiore sarà la quantità di compost prodotto e distribuito nei terreni, più efficace sarà la nostra lotta ai cambiamenti climatici. In questo percorso, anche le bioplastiche compostabili possono fornire il loro contributo, quando vengono correttamente conferite insieme all’organico.

“Ricordiamoci sempre di usare le bioplastiche compostabili per raccogliere la frazione organica” è l’appello di Marco Versari, presidente di Biorepack. “I sacchetti biodegradabili e compostabili hanno contribuito a rendere l’Italia il Paese europeo che raccoglie più frazione organica. Insieme all’organico ora devono essere conferiti nell’umido i sacchetti della spesa, le cialde del caffè realizzate in materiale compostabile, i nuovi imballaggi. Tutto ciò contribuisce ad aumentare ulteriormente questi tassi di raccolta”. Non solo: l’uso di strumenti per la raccolta differenziata come i sacchetti compostabili, correttamente usati per raccogliere la frazione umida e conferiti insieme ad essa, migliora anche la qualità della raccolta e riduce i contaminanti plastici nel terreno.

“Dobbiamo assolutamente evitare i sacchetti di plastica convenzionale per raccogliere l’umido – ammonisce Favoino perché la plastica diventa un contaminante che si frammenta e sotto forma di microplastiche finirebbe per entrare nella catena alimentare. Dobbiamo usare quindi i sacchetti di plastica compostabile certificata. Fortunatamente abbiamo da 20 anni uno standard di riferimento europeo e dobbiamo continuare a farlo conoscere e a utilizzarlo”. Per supportare la raccolta differenziata e raggiungere gli obiettivi di riciclo organico, è stato costituito nel 2020 BIOREPACK, il consorzio di filiera del sistema Conai dedicato agli imballaggi in bioplastica compostabile, primo nel panorama europeo. “BIOREPACK deve fare in modo che gli imballaggi compostabili vengano raccolti assieme alla frazione umida e questo contribuisca al miglioramento qualitativo della raccolta” spiega Versari. “BIOREPACK ha recentemente firmato un accordo con ANCI che riconosce ai Comuni italiani, a fronte dell’organizzazione della raccolta differenziata, del trasporto e del trattamento dei rifiuti di imballaggi in bioplastica compostabile, determinati corrispettivi economici. Così facendo, garantiamo non solo vantaggi ai nostri concittadini ma garantiamo lo sviluppo di un’industria sostenibile, che realizza i prodotti in bioplastica compostabile e che rappresenta un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale”.

“La scelta compiuta dal Parlamento prima e dal Governo poi nel recepimento del pacchetto sull’economia circolare non è stata di certo casuale né avventata” spiega Ilaria Fontana, sottosegretario al Ministero della Transizione Ecologica. “Si tratta di una assunzione di responsabilità maturata dopo anni di virtuosa gestione della frazione organica nel nostro Paese che è in grado, già da anni, di trasformare residui (i cui impatti ambientali, odorigeni e climalteranti possono essere significativi), in una importante occasione di tutela delle nostre matrici ambientali e di transizione ecologica. Dobbiamo considerare tale passaggio legato alla raccolta obbligatoria dell’umido in tutto il Paese non solo in un’ottica di riciclo ma di bioeconomia ovvero una visione sistemica in cui un bene primario come il nostro cibo o il verde della manutenzione dei nostri giardini è chiamato, attraverso pratiche di compostaggio, a riportare materia organica nei suoli impoveriti dall’utilizzo intensivo dell’uomo unito ai cambiamenti climatici in atto. L’obiettivo – prosegue il sottosegretario – è di avere suoli più fertili, meno emissioni di CO2 in atmosfera (che finisce fissata nel suolo attraverso il compost) e contestualmente di ricreare le condizioni affinché quel suolo possa rigenerare colture alimentari oppure, in territori marginali, colture in grado di crescere in terreni aridi o contaminati per realizzare prodotti rinnovabili senza l’utilizzo di fonti fossili. Il cibo, una volta consumato, o i prodotti bio seguiranno il medesimo schema circolare che ho descritto nel loro fine-vita”.