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Green Social Impact: L’economia verde sta rallentando?

La sostenibilità delle imprese passa dalla crescita delle comunità

Green Social Impact: L’economia verde sta rallentando?
Foto di Jordy Meow da Pixabay

Dare valore alla sostenibilità. Una mano arriva dalla valutazione e dalla misurazione  dell’impatto sociale delle scelte green, il solo termometro che può orientare i benefici verso i cittadini. Una road map che tiene conto soprattutto delle ricadute sociali.

La discussione sull’auto elettrica ha dimostrato i limiti del cammino  dell’economia verde e dei rigori ideologici dell’Unione europea che stanno per essere riconsiderati. La transizione deve essere sostenibile dal punto di vista economico, sociale e geopolitico. Gradualità, misure eque e solidali senza lasciare nessuno indietro. Il banco di prova per una soluzione è sempre quello con la realtà. Ovvero come nella vita quotidiana la sostenibilità  incide sulla crescita delle comunità di cittadini.  Ci vuole un nuovo modello di sviluppo e di crescita attraverso una economia partecipativa. I piccoli correttivi non servono. Occorre una rinascita valoriale. Il bene comune, il benessere condiviso. 

Un bilancio dettagliato di quello che è stato fatto e quello che rimane da fare è scaturito dal confronto serrato uscito oggi, 12 dicembre, dall’European Colloquium  “Green Social Impact”, organizzato da ISTUD Business School, la più antica business school privata italiana, insieme e Cottino Social Impact Campus di Torino.

“La transizione ecologica – spiega Marella Caramazza, direttore generale ISTUD Business School e Board Member Cottino Social Impact Campus, direttore strategie del CeVIS, Centro di competenze per la valutazione e la misurazione dell’impatto – non è solo una questione ambientale ma è intrinsecamente legata a come viviamo, lavoriamo e connettiamo come comunità. Ed è essenziale gestire attentamente questa transizione per evitare che le comunità più vulnerabili ne subiscano le conseguenze negative.  Possiamo iniziare a monitorare alcuni dati. 1) Salute delle comunità; 2) Accesso  a innovazioni green e fonti di energia rinnovabile; 3) Economia circolare; 4) Diversità e inclusione”. Quindi  è del tutto lecito in una fase congiunturale caratterizzata da una preoccupazione diffusa dell’opinione pubblica, alimentata dalla progressiva perdita di competitività dell’industria europea  e dagli effetti delle interminabili crisi internazionali  e dalla fine della pandemia, chiedersi se la transizione ecologica sta rallentando. “Che l’economia verde goda buona salute lo dicono innanzitutto le imprese. C’è un’Italia – si sofferma Danilo Bonato Direttore Sviluppo Strategico e Relazioni Istituzionali di Erion Compliance Organization – che sta proseguendo il proprio impegno climatico riducendo del 25% le sue emissioni di gas serra rispetto al 1990 e spingendo con decisione sulle fonti rinnovabili con 6 GW incrementali nello scorso anno. Serve un maggior coinvolgimento delle imprese a sostegno del Green Deal europeo secondo le linee di investimento indicate da Mario Draghi”.

Sottovalutare la crisi climatica non farebbe che limitare  le possibilità di sviluppo economico futuro. Ne è convinto il professore Valentino Piana Direttore Economics Web Institute e Senior Climate Strategist dell’European Network of Living Labs.  “La Cop 29 ha avviato un discorso sulle cifre da mobilitare che rapidamente vanno  verso le centinaia e migliaia di miliardi. Qualunque imprenditore dovrebbe sentire che il mercato va lì e che i suoi prodotti innovativi  possono trovare co-progettazione e adattamento alle condizioni locali attraverso gli strumenti non-di-mercato, tra cui processi sociali di condivisione e formazione delle competenze e delle tecnologie”. 

E’ atteso il recepimento negli Stati Membri, entro il 2026 “di obblighi stringenti  per le imprese quali la rendicontazione di sostenibilità, la gestione responsabile – elenca l’avvocato Paolo Peroni di Rödl & Partner – delle catene del valore e l’eliminazione o minimizzazione degli impatti negativi sui diritti umani e l’ambiente. Non è solo un adempimento normativo ma una scelta strategica per generare valore condiviso e garantire competitività nel lungo periodo”.

La parola crisi è ricorrente “il termine – lo insegna il professor Andrea Farinet docente di Economia e Gestione delle imprese della LIUC-Università Cattaneo –  viene etimologicamente dal verbo greco krinomai e significa decidere. Dobbiamo decidere, scegliere un nuovo tipo di progresso economico e sociale, pensare e sperimentare architetture dove esseri umani e ambiente convivono in equilibrio. In uno scenario come quello attuale l’approccio socialing è probabilmente l’unico che va veramente incontro alle reali necessità  degli individui che vogliono sentirsi compresi, che sono alla ricerca di un confronto autentico e che sempre di più sentono il bisogno di condividere esigenze e difficoltà oggettive.  Una terza via né catastrofista né negazionista”.

Un progetto sostenibile  non è altro che un co-creato hub di persone, economia e scienza. Lo pensa Massimiliano Braghin Presidente e Co-Founder di Infinityhub S.p.A.  Benefit.  “Tutto è collegato. Azioni nativamente sostenibili nelle tre accezioni di sostenibilità: ambientale, economica e sociale. Quando tutti sono integrati fin dall’inizio, tutti partecipano al capitale. La partecipazione di tutti ai valori e alla distribuzione del valore garantisce una risposta positiva diffusa. Chi si muove prima avrà sicuramente dei vantaggi”. Per questo un dettaglio non trascurabile è la formazione e la conoscenza. Education prima del business. Dalle scuole medie. Dai giovani studenti. “Nel 2023 – commenta Eliana Baruffi country communications manager di ABB –  abbiamo coinvolto ventimila ragazzi  e ragazze, Spieghiamo loro come la tecnologia possa aiutare la sostenibilità e di come ciascun professionista può portare il suo contributo. Per noi progresso sociale significa, oltre che salute e sicurezza per i nostri lavoratori, impegno per una società più inclusiva e motivata”. 

E’ quel sentiment che ritroviamo anche quando si parla di economia circolare costituita da atti concreti delle comunità dove la valutazione dell’impatto sociale è quotidianità. Un esempio arriva da Roberto Sancinelli Presidente di Montello S.p.A., il più grande centro di riciclo di plastica e umido a livello europeo. La plastica si trasforma in minuscoli granuli  che possono essere riutilizzati  per tutto. L’organico invece è trasformato in energia elettrica  e termica, in biometano e fertilizzante organico, mentre l’anidride carbonica viene reimmessa nel ciclo industriale anche per trasformare in gassata l’acqua minerale. 

“Se vogliamo limitare il consumo di materie prime fossili c’è solo una opzione – precisa Sancinelli -, ovvero riciclare. Entro il 2050 la plastica vergine  aumenterà del 3-3,5% e questo significa che in trent’anni raddoppieremo la quantità di plastica che circolerà nel pianeta”.  Il riciclo  ha  similitudini anche nel giro “riscaldare, risparmiare e non inquinare”. Purtroppo “la penetrazione delle rinnovabili non emissive – spiega Riccardo Bani,  presidente di Teon – nel settore termico che pesa per il 65% dei consumi finali in energia, in Italia è solo del 6%”.  E se prima di pensare alle auto elettriche si metteva mano al cambio delle vecchie caldaie con le pompe di calore? I risparmi di spesa sarebbero dal 40 al 70% con emissioni azzerate. 

La transizione ecologica va fatta adottando soluzioni meditate affrancate da inutili contrapposizioni. “Quella che Carlo Petrini – ricorda l’editorialista e saggista Maurizio Guandalini, chairman dell’evento e curatore del libro La Transizione Ecologica (raccontata da chi la fa) punto di riferimento per gli studiosi-  chiama la saggezza contadina dei saperi secolari che insieme alla scienza potranno fronteggiare scenari di geoeconomia e geopolitica popolati da ‘squali’, i decisori finali della rivoluzione energetica, impegnati a duellare per il controllo  delle materie prime e delle risorse del sottosuolo”.

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