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Fotovoltaico: a rischio obiettivi di decarbonizzazione e maggiori costi per cittadini e imprese

Con lo stop al fotovoltaico annunciato dal Governo sarebbero a rischio i target rinnovabili al 2030.

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Foto di Mariana Proença su Unsplash

Il commento di Elettricità Futura allo stop del fotovoltaico a terra annunciato nel DL agricoltura.

È dovere della principale Associazione del settore elettrico italiano, sottolineare le potenziali conseguenze di quanto annunciato a valle del Consiglio dei Ministri di ieri. Potrebbe infatti innescarsi un effetto domino con rialzi dei costi di realizzazione dei nuovi impianti e un aggravamento normativo e amministrativo, oltre alla difficoltà di raggiungimento dei target. Con questa decisione si renderebbe più cara l’energia che costa meno in assoluto, quella prodotta dal fotovoltaico a terra. L’elettricità prodotta con gli impianti fotovoltaici utility scale, infatti, costa un terzo dell’elettricità generata dagli impianti fotovoltaici residenziali sui tetti.

Questo finirebbe col danneggiare anche le imprese energivore, perché servono i grandi impianti rinnovabili per stipulare contratti di lungo periodo per dare energia a basso costo alle imprese manufatturiere.

Il rischio, concreto, è che vengano vanificate anche altre misure avviate da questo Governo come, ad esempio, l’Energy Release e i provvedimenti per lo sviluppo dell’idrogeno. Anche quella che oggi sembrerebbe un’apertura – poter fare gli impianti nelle zone industriali, nelle cave, nelle miniere, nelle aree portuali e di pertinenza di autostrade e ferrovie – non tiene conto del fatto che queste fattispecie sono già state normate in precedenza dai vari decreti semplificazioni avviati nel 2022 e nel 2023.

A nostro avviso gli sforzi si dovrebbero concentrare sulla stesura di un Testo Unico per le autorizzazioni – provvedimento atteso da giugno 2023 – per rendere organiche le varie semplificazioni introdotte in questi anni e sulla individuazione strutturata delle aree idonee.

I contenuti annunciati appaiono inoltre in contrasto con l’impegno di triplicare le rinnovabili al 2030 assunto dal Governo al G7 appena lo scorso 30 aprile. Oggi in Italia abbiamo 66 GW di rinnovabili installate. Triplicarle, significa 66 per 3 = 198 GW installati entro 7 anni. Autorevoli Istituzioni – IEA, BEI, BCE – hanno più volte sottolineato ai Governi di accelerare la transizione perché procrastinarla farebbe aumentare i costi.

Scelte di questa portata meritano un approfondito confronto con tutti i soggetti interessati, analizzando attentamente tutti gli aspetti della questione, anche utilizzando i molteplici dati a disposizione per una corretta lettura del fenomeno, individuando soluzioni che possano contemperare tutte le esigenze.

In Italia, su quasi 12,8 milioni di ettari disponibili, la percentuale di terreni agricoli a livello nazionale che già ospitano installazioni di pannelli fotovoltaici è solo lo 0,13%, ovvero circa 16mila ettari.

A livello regionale, secondo i dati GSE, la superficie agricola che ospita pannelli è compresa tra lo 0,1% e lo 0,2% del totale, e più in dettaglio: 0,17% in Abruzzo, 0,13% in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Piemonte, 0,12% in Sicilia e Basilicata, 0,11% in Molise e Umbria, 0,10% in Veneto, 0,07% in Campania e 0,05% in Lombardia.

Dunque, per raggiungere il target del REPowerEU (installare nuovi 84 GW di rinnovabili) servirebbe solo lo 0,5% dei terreni agricoli e, ovviamente, si installerebbero gli impianti nei terreni agricoli non di pregio. Per raggiungere il target sottoscritto dall’Italia al G7 di triplicare le rinnovabili (installare nuovi 140 GW) servirebbe meno dell’1% dei terreni agricoli, sempre evitando le aree agricole di pregio.

Fotovoltaico e agricoltura non sono in contrapposizione. Anzi il fotovoltaico può rappresentare un’importante ulteriore possibile fonte di introito per gli imprenditori agricoli da destinare ad investimenti nel loro core business.

Occorre infine considerare che con la norma annunciata potrebbe anche determinarsi un problema di credibilità del nostro Paese:

  • di fronte alle imprese – che hanno progettato di avviare fino a 300 miliardi per fare gli impianti necessari al raggiungimento dei target 2030 e, così facendo, creare mezzo milione di nuovi posti di lavoro in Italia
  • di fronte ai cittadini – che non vedranno ridursi i costi dell’energia elettrica e non beneficeranno di una nuova occupazione e di un Paese più moderno e sostenibile.
  • agli occhi del mondo – appena lo scorso 30 aprile al G7 l’Italia si è impegnata a triplicare le rinnovabili, e ancora prima a COP28.
  • in Europa – rispetto agli impegni di decarbonizzazione assunti a livello comunitario.

Siamo il Paese europeo con la maggiore dipendenza energetica dall’estero. Le rinnovabili, di cui la nostra Nazione è ricca, sono le energie più competitive: nel 2022 hanno permesso ai cittadini italiani di risparmiare 25 miliardi di euro.

Auspichiamo di avere presto l’opportunità per un costruttivo approfondimento delle tematiche e che in sede parlamentare si arrivi ad una soluzione coerente con la necessità di aumentare la sicurezza e l’indipendenza energetica del Paese.

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