“Designer circolare”, “gestore della logistica inversa”, “esperto di blockchain per la sostenibilità”, “tecnico di gestione della filiera”, “carrellista digitale”, passando per l’imprenditore e per gli ingegneri gestionali che dovranno guidare le aziende nell’innovazione. Sono oltre 200 (e in continua crescita) le nuove professioni dell’economia circolare, censite nella nuova indagine di Randstad Research, il centro di ricerca sul lavoro del futuro promosso da Randstad, che ha realizzato il primo repertorio in questo ambito come strumento di orientamento per le aziende e lavoratori.
L’economia circolare è il paradigma chiave per una transizione alla sostenibilità ambientale e sociale, la sfida urgente e decisiva del post-Covid e di cui ormai sono sempre più consapevoli consumatori, imprese e gli operatori pubblici; è un paradigma in gran parte ancora da attuare, che punta a ridurre – fino ad eliminare – la produzione di scarti attraverso le innovazioni che ne consentano l’utilizzo e il riutilizzo. Le professioni coinvolte richiedono un mix di conoscenze “ibride”, sia tecnico-scientifiche specifiche dell’ambito di riferimento, sia trasversali, come la capacità di fare squadra, l’apertura al cambiamento, la capacità di aggiornarsi continuamente e doti relazionali, in connessione costante con i contesti in cui operano. Ed evidenziano un ostacolo che va superato: l’insufficienza di persone adeguatamente preparate per ricoprire questi ruoli, con il rischio di esasperare nei prossimi anni la cronica difficoltà di reperimento di personale.
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Le costellazioni rappresentano la metafora proposta da Randstad Research per disegnare le squadre che, in ogni ambito, devono affrontare gli aspetti specifici di questa sfida. Le nuove professioni ibride richiedono infatti una nuova organizzazione del lavoro. Il modello fordista, entrato in crisi dagli anni ’90, viene definitivamente superato nella circolarità, perché la segmentazione delle mansioni lavorative fa posto al collegamento tra queste. È scorrendo le diverse connessioni che si evidenziano delle vere e proprie “costellazioni” di professioni che viaggiano vicine, rapportandosi tra di loro e permeandosi di conoscenze le une con le altre.
In questo senso, le competenze del curriculum di studi di ciascuna professione vanno integrate trasversalmente con quelle relative ai temi della circolarità e della sostenibilità, ed in secondo luogo con le conoscenze che permettono di rapportarsi con i “compagni di viaggio”. Nel repertorio aperto delle professioni dell’economia circolare, Randstad Research ha rappresentato 15 costellazioni, a cominciare per esempio da quella dell’agricoltura: per ogni professione viene segnalata la costellazione di riferimento, poi le professioni e le costellazioni con le quali si ibrida. Ogni costellazione è costituita da professioni centrali, professioni specialistiche (presenti solo in alcuni tipi specifici di aziende) e professioni emergenti trasversali.
“È necessario sostenere lo sviluppo dell’economia circolare evitando ‘colli di bottiglia’ nelle risorse umane – avverte Daniele Fano, Coordinatore del comitato scientifico di Randstad Research -. Nei prossimi mesi, in cui l’Italia sarà impegnata nella transizione sostenibile, è destinato ad aggravarsi il problema del “matching”, la difficoltà a riempire i posti vacanti che già oggi ci affligge. Il nostro sistema formativo deve attrezzarsi rapidamente per formare il capitale umano che nei prossimi anni dovrà programmare, realizzare e gestire tecnologie e servizi dell’economia circolare. ll PNRR, con la forte spinta agli ITS, come quelli erogati dalla Fondazione Tech Talent Factory di cui fa parte Randstad, può essere l’occasione per rilanciare tutti i percorsi tecnico-professionali di cui c’è urgente bisogno. Ma è necessario moltiplicare l’accesso dei giovani agli ITS, insieme a un ampio piano ‘shock’ per la formazione e l’istruzione, dalla scuola materna alla formazione continua”.
Le competenze dell’economia circolare. L’economia circolare richiede nuove professioni o la re-invenzione di professioni tradizionali. Innanzitutto, nel settore manifatturiero del riciclo (che conta in Italia 93.00 occupati), ma anche in molti altri. Ha bisogno di designer dei cicli di produzione e consumo, di imprenditori e di ingegneri gestionali che diano senso a questi processi, di operatori a tutti livelli chiamati a separare e ricombinare i prodotti e di molte professioni attigue, a seconda dell’innovazione introdotta.
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Dall’analisi delle competenze richieste, nelle oltre 200 professioni individuate, sono fondamentali principalmente le conoscenze tecnico-scientifiche, lo spirito di progettazione, l’attitudine al cambiamento, la capacità di gestione e di controllo, la conoscenza delle norme, la vocazione alla comunicazione e al coordinamento. E poi ci sono le competenze trasversali che variano a seconda della professione. Sono ricorrenti soprattutto la capacità di lavorare in squadra, di capire i trend emergenti, la flessibilità, la capacità di rapportarsi con persone interne ed esterne. Sono profili “ibridi” che richiedono conoscenze più ricche del comune e una maggiore capacità di mettersi “in connessione” con altre professioni.