L’economia circolare non è più un’opzione. Ogni anno che passa, diventano più stringenti le regole che indicano la percentuale di materiale riciclato minimo di cui devono essere composti i vari prodotti.
Prendiamo il campo del packaging: tutti gli stati europei dovranno arrivare a riciclare almeno il 65% degli imballaggi entro il 2025, per arrivare al 70% entro il 2030. Inoltre, per quanto riguarda più in particolare le bottiglie di plastica, dal 2025 dovranno contenere almeno il 25% di plastica riciclata per arrivare al 30% nel 2030. C’è chi si sta portando avanti in questo percorso, ma è ampia la fetta di mercato che preferisce traccheggiare in attesa degli eventi.
«Si parla tanto di “permacrisi” in questi mesi, forse sarebbe bene cominciare a parlare di “permacircolarità” – sottolineano Riccardo Parrini, ceo PlasticFinder, e Stefano Chiaramondia, presidente PlasticFinder –. Un approccio più circolare non può infatti più rappresentare l’eccezione. Ogni settore dell’agire umano deve essere permeato da una nuova visione, più green e sostenibile. Si tratta di un cambiamento radicale già in parte in atto ma che richiede ora una forte accelerazione. Il tempo a disposizione per salvaguardare l’ambiente è sempre più limitato e per questo motivo si sta imponendo per legge ciò che altrimenti richiederebbe tempi biblici. O ci rendiamo conto che dobbiamo puntare tutti sull’economia circolare h24, oppure nel giro di poche generazioni dovremo trovare un altro pianeta libero in cui trasferirci. Tertium non datur».
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La permacircolarità però deve trovare un campo favorevole per poter attecchire al meglio e ciò potrebbe rivelarsi più difficile di quanto di possa immaginare, nonostante la buona volontà degli operatori. Sì, perché in tempi relativamente stretti, quando le varie disposizioni diventeranno cogenti, aumenterà a dismisura in Europa la richiesta di risorse plastiche rigenerate dopo un primo utilizzo. Il problema è rappresentato dal fatto che la disponibilità è già oggi fortemente limitata, come denunciato negli scorsi mesi anche dalla Federazione europea delle imprese di riciclo di plastiche, e di conseguenza la situazione non potrà che aggravarsi ulteriormente quando la domanda s’impennerà nel giro di pochi mesi.
La soluzione? Sarà necessario guardare a quelle (poche) realtà fortemente innovative e digitalizzate presenti sul mercato che oggi sono in grado di fare da collettore tra domanda e offerta senza vincoli geografici. Come PlasticFinder, che da startup innovativa si è trasformata in pochi anni in un vero e proprio hub di servizi sulle risorse plastiche.
«Ormai da alcuni anni stiamo lavorando proprio in funzione di questo processo inesorabile e necessario – proseguono Parrini e Chiaramondia –. Il punto di partenza è stato proprio la creazione di una piattaforma digitale ad hoc che permettesse di mettere in connessione tra loro le aziende che hanno a disposizione risorse plastiche riciclate, o da riciclare, e realtà che le cercano. Non c’è più bisogno dunque di scandagliare il mercato alla ricerca disperata di qualcuno che soddisfi le proprie necessità perché in pochi click, in tempo reale, si può ottenere facilmente riscontro da qualcuno che, seppur attivo dall’altra parte dell’emisfero, molto difficilmente sarebbe stato possibile intercettare in altro modo. Il nostro obiettivo primario è evitare ogni possibile dispersione di risorse plastiche e creare ponti a beneficio delle aziende e, soprattutto, dell’ambiente affinché “permacircolarità” possa diventare una delle parole chiave del 2023. Vanno in questa direzione anche i due innovativi servizi basati sulla tecnologia blockchain che abbiamo lanciato lo scorso anno, Certified Recycled Plastic® e Certified Plastic Byproduct®, pensati per tracciare e monitorare, attraverso un QR Code, i flussi delle risorse plastiche lungo tutta la catena del valore».