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Dissalazione, a Taranto l’impianto green più grande d’Italia

Presentato alla Fiera Ecomondo di Rimini il dissalatore a osmosi inversa. Produrrà 60mila m3/giorno di acqua potabile

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Impianto dissalazione alimentato da circa 2mila pannelli fotovoltaici 

L’impianto di dissalazione del fiume Tara di Taranto è una delle più importanti opere a livello nazionale ed europeo e rappresenta uno dei migliori esempi di tecnologia avanzata e di elevato standard ambientale. L’opera sarà realizzata da un’Ati costituita da Cisa spa (capogruppo), Suez Italy, Suez International, Edil Alta ed Ecologica spa, con un gruppo di progettazione guidato da Ai Engineering con Consorzio Uning e Suez Italy, aggiudicataria dell’appalto integrato bandito da AQP per un importo complessivo, al netto del ribasso d’asta, di circa 82 milioni di euro (di cui 27 finanziati con il PNRR). Il dissalatore del Tara produrrà a regime fino circa 60.000 m3/giorno di acqua potabile, circa 5 volte il quantitativo prodotto dall’Impianto di dissalazione ad uso industriale installato presso la raffineria Sarlux, che, ad oggi è il più grande d’Italia. L’acqua prodotta dal dissalatore sarà inviata, attraverso una condotta interrata della lunghezza di circa 14 chilometri a un serbatoio di 200mila metri cubi nella città di Taranto, collegato alla rete di AQP estesa in tutta la Puglia e costituendo una importante risorsa idrica.

I dettagli del progetto sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa nella Fiera di Rimini, dal Ceo di Suez Italia, Massimiliano Bianco, dal presidente del Gruppo Cisa, Antonio Albanese e dal prof. Giancarlo Chiaia, associato di Idraulica al Politecnico e componente del team progettuale.

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“Il problema siccità – precisa Antonio Albanese, presidente del Gruppo Cisa – richiede interventi strutturali e suggerisce inevitabili scelte strategiche per evitare di ritrovarsi impreparati in caso di emergenze. L’acqua è una risorsa importante quanto al gas e di questo ne siamo consapevoli tutti. La dissalazione, se eseguita con tecniche innovative come in questo caso, può costituire una importante risorsa che coniuga le esigenze della collettività al rispetto ambientale”.

“Oggi in Italia il numero di dissalatori è molto limitato, la maggior parte per uso industriale. Immaginiamo invece un futuro dove la dissalazione possa contribuire alla fornitura di acqua per uso potabile, e quindi possa rientrare a pieno titolo tra gli approcci integrati che in futuro saranno sempre più diffusi” – commenta Massimiliano Bianco, Ceo di Suez Italia. “L’impianto che verrà realizzato per AQP – il più grande d’Italia – segnerà un cambiamento tra un “prima” e un “dopo” nella dissalazione in Italia, dimostrando la affidabilità e la competitività di questa tecnologia”.

Il dissalatore di Taranto si basa sulla tecnologia delle osmosi inversa, processo attraverso il quale l’acqua salmastra viene prelevata e incanalata verso una serie di membrane filtranti che trattengono sali e impurità. Di seguito si indicano i punti di forza ambientali del progetto.

La tutela dell’ecosistema marino e della falda

La tecnologia utilizzata dell’osmosi inversa produce un basso livello di salamoia di scarto senza alterare in alcun modo l’ecosistema marino, preservando in particolare la poseidonia, pianta acquatica sensibilissima alle variazioni in aumento della salinità. Infatti il progetto di Taranto non prevede la dissalazione di acqua di mare, che contiene mediamente 35 grammi di sale in ogni litro, bensì un’acqua di sorgente (quella del Tara) che ha una salinità di soli 3-4 grammi/litro, un decimo di quella marina. Ciò consente uno smaltimento della salamoia prodotta (1/5 di quella dell’acqua marina) come accade per acque di pioggia, reflui depurati ecc. senza incidere in alcun modo sull’ecosistema; nel caso del dissalatore di Taranto, le acque residue dell’impianto e la salamoia, saranno convogliate in un’apposita località nell’area portuale di Taranto.

L’impianto è pensato per produrre una portata di 630 l/s che ridurrà l’emungimento delle acque di falda che attualmente costituisce una delle fonti di approvvigionamento idrico della Puglia (circa il 16%), attraverso 111 pozzi localizzati soprattutto in Salento. La riduzione di una parte dell’attività di prelievo dal sottosuolo, non solo porterà ad un importante risparmio di energia elettrica, pari a circa 14.000 MWH all’anno, bensì aiuterà a minimizzare il rischio di “miscelazione” acqua dolce (che tende a galleggiare) e acqua salata (di fonte marina), condizione che potrebbe verificarsi per il continuo turbamento degli “acquiferi costieri” (incremento del cuneo salino).

Il consumo energetico e l’impatto ambientale

La soluzione proposta da Suez permette un risparmio energetico del 25% rispetto alla soluzione originale che supera il 38%, se si includono anche i risparmi relativi al mancato emungimento delle acque di falda, con un consumo specifico compreso tra 1,4 e 1,5 kWh per mc di acqua prodotta.

Ciò è stato ottenuto grazie all’ottimizzazione del processo di potabilizzazione ed in particolare della sezione di Osmosi Inversa, cuore del trattamento, (di per sé già meno energivoro rispetto alla dissalazione termica) di cui è stato aumentato il rendimento e su cui sarà installato un sistema di per il recupero dell’energia ancora presente nel concentrato che altrimenti andrebbe sprecata.

Il dissalatore sarà inoltre alimentato con un impianto fotovoltaico che prevede l’installazione di circa 2.000 pannelli per una produzione media annua di 1.250 MWh a supporto del fabbisogno energetico necessario all’attività produttiva.

Assolutamente contenuto l’impatto ambientale dell’opera che non sorgerà su una spiaggia o in riva al mare, ma in prossimità di una sorgente, in una zona interna a vocazione produttiva e comunque in prossimità di un impianto-manufatto dell’Ente irrigazione di Puglia e Lucania. L’intervento sarà mitigato dalla piantumazione di una cortina arborea e da altri accorgimenti che saranno definiti nella predisposizione del progetto esecutivo.

Grazie alle scelte di processo ed in particolare alla riduzione dei reattivi chimici necessari alla remineralizzazione dell’acqua si è potuto ridurre notevolmente l’impronta di carbonio dell’impianto.