«Per mitigare l’impatto in bolletta delle quotazioni stratosferiche del gas, il Governo ha introdotto un’imposta arbitraria di breve termine alle fonti rinnovabili, il cui costo marginale nullo è stato considerato dal Governo una forma d’improprio arricchimento – afferma Francesco Ferrante, vicepresidente del Coordinamento FREE – con un segnale fortemente negativo agli investitori nelle rinnovabili in un momento drammatico del mondo dell’energia. Esattamente l’opposto di cui il settore ha bisogno. Una soluzione alternativa c’è e consente d’introdurre il decoupling, la separazione, tra produzione elettrica rinnovabile e quella con cicli combinati. Invece di imporre un prelievo forzoso sul profitto derivante dalla vendita della produzione rinnovabile sul mercato, perché non offrire ai produttori di scambiarla con contratti che garantiscano la stabilità di prezzo a lungo termine, perfezionando la proposta fatta su Staffetta Quotidiana, da Giuseppe Artizzu lo scorso gennaio e che è rimasta inascoltata?».
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«Se oggi i produttori di energia beneficiano in questo periodo di prezzi all’ingrosso alti, è anche vero che due anni fa la situazione era opposta – prosegue Ferrante -, con prezzi medi annui fra i 30 e i 40 €/MWh in tutta Europa dopo i cali abissali durante la prima ondata del Covid. Questa volatilità di prezzo è il terzo peggior nemico (dopo l’instabilità politica e la paralisi autorizzativa) degli investimenti in fonti rinnovabili essenziali alla transizione energetica. I produttori potrebbero pertanto scegliere di rinunciare a prezzi molto elevati di breve termine in cambio di contratti di medio-lungo termine, con prezzi ragionevolmente remunerativi e che tengano conto dei recenti forti aumenti dei costi di tutte le materie prime, ma stabili, applicando gli stessi criteri a due vie che oggi si usano con il DM FER in modo da lasciare inalterato il mercato elettrico (prevedendo quindi il ritiro dell’energia da parte del GSE come un’opzione e non come un obbligo). Di fatto, si tratta di realizzare in termini più ambiziosi (contratti a dieci, venti e trent’anni) quanto già previsto dall’articolo 16 bis: della legge n.34/2022, che afferma: “Al fine di garantire la piena integrazione e remunerazione di medio termine degli investimenti in fonti rinnovabili nel mercato elettrico […] il GSE offre un servizio di ritiro e di acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta da impianti stabiliti nel territorio nazionale, mediante la stipulazione di contratti di lungo termine di durata pari ad almeno tre anni”. Ma con una differenza. L’articolo 16 bis introduce come opzione volontaria a sé stante la proposta, noi proponiamo di porla come alternativa alla tassa sui presunti extraprofitti, e per un periodo più lungo dei tre anni previsti».
«Questa soluzione, senza grandi e complessi interventi normativi, anticiperebbe già con l’attuale produzione rinnovabile la creazione di una quota di mercato alternativo a quello spot, fruibile sia da imprese sia da consumatori domestici – conclude Ferrante -. Si tratta di una quota destinata a crescere automaticamente con la progressiva realizzazione di nuovi impianti rinnovabili e del repowering e retrofitting di impianti esistenti, la cui bancabilità sarà per lo più resa possibile soltanto dalla partecipazione ad aste competitive o dalla stipula di PPA, diventando in un numero limitato di anni la produzione dominante (nel 2030 almeno 70% del mix produttivo secondo Fitfor55, almeno 80% secondo REpowerEU) e rappresentando quindi il benchmark anche per la residua produzione con cicli combinati. Una volta definita la tariffa dei PPA per le singole tecnologie sulla base dei costi delle stesse, tali contratti a lungo termine devono consentire un accesso diretto tramite il GSE all’ottenimento di quella tariffa, senza passare in questi casi per aste competitive avendo già definito un prezzo amministrato, almeno fino a quando non sarà terminata questa fase emergenziale».