Alla vigilia della Settimana verde dell’UE, dall’1 al 4 giugno, che quest’anno sarà dedicata al tema dell’inquinamento zero, l’Associazione EBS ha realizzato una analisi sul mix delle fonti utilizzate dagli impianti associati dei principali produttori di energia elettrica da biomasse solide. I venti operatori, tramite i processi dei loro 23 impianti di taglia superiore ai 5 MW, consentono l’attuazione del principio dell’economia circolare, per l’utilizzo di residui e sottoprodotti altrimenti inutilizzabili, e una serie di benefici ambientali su tutto il territorio nazionale. La quantità di biomassa solida utilizzata negli ultimi tre anni si assesta stabilmente, con un aumento molto lieve, intorno a 2,98 milioni di tonnellate.
Il mix delle fonti è così composto in riferimento all’anno 2020: la biomassa da residui forestali oggi rappresenta circa il 50% della biomassa solida complessiva usata per la produzione di energia elettrica e oltre il 90% del totale rientra nell’ambito di accordi quadro per la tutela del patrimonio boschivo nazionale e la valorizzazione energetica delle biomasse da filiera corta. Per il resto, il 20% circa è costituito da residui delle attività di lavorazione dei prodotti agroalimentari, zootecnici e forestali; il 15% circa da residui di campo delle aziende agricole e il 5% da colture dedicate agricole e forestali.
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Le biomasse solide sono intese come la parte biodegradabile, di sottoprodotto, ricavata dalla manutenzione dei boschi e delle attività agricole e agroindustriali. In particolare, nell’ambito forestale il settore attinge da cascami, residui della lavorazione di prodotti e da biomassa vergine ottenuta dalla lavorazione del legno ed esclusa dal regime dei rifiuti. Si tratta di materiali non adatti a un diverso utilizzo che non sia la triturazione.
La corretta manutenzione del patrimonio forestale, di cui le biomasse per uso energetico sono l’anello finale, consente di chiudere il ciclo dell’economia circolare con una molteplicità di benefici. Uno di questi è la riduzione del rischio idrogeologico e degli incendi causati dalla combustione in campo o da sottoprodotti bruciati in modo inidoneo. Le attività virtuose gestite dalla filiera delle biomasse permettono di evitare anche la fermentazione spontanea che determina maggiori emissioni di CO2 e polveri sottili in atmosfera, comportando in un notevole risparmio di costi che altrimenti sarebbero a carico dello Stato e degli enti pubblici.
Secondo l’Associazione Bioenergy Europe, di cui EBS fa parte, l’energia da biomasse pesa sul mix energetico dell’UE per il 10% e nel 2018 ha consentito una riduzione del 7% delle emissioni totali prodotte dagli stati dell’Unione Europea. EBS con i suoi impianti evita l’immissione in atmosfera di circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2 l’anno rispetto ai combustibili fossili. La combustione della biomassa, come tutte le combustioni, determina l’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera ma, a differenza delle fonti fossili, la CO2 rilasciata nella combustione di biomassa vegetale è collegata ad un ciclo di crescita della vegetazione relativamente breve (dell’ordine dei decenni).
Nell’ambito di sistemi selvicolturali basati su criteri di sostenibilità, questa emissione verrà nuovamente assorbita dalla crescita di nuova biomassa negli spazi resi disponibili a seguito dei prelievi. E’ il cosiddetto ciclo del carbonio che non ha emissioni aggiuntive di gas serra in atmosfera: in sostanza, la CO2 rilasciata nella combustione della biomassa è pari a quella assorbita dalle piante durante il loro ciclo di vita.
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Dal rapporto annuale di Forest Europe 2020 emerge che le foreste europee sono un importante serbatoio di carbonio e che l’energia rinnovabile del legno copre circa il 6,4% del consumo totale di energia: circa la metà dell’energia dal legno viene fornita direttamente dalla foresta, integrata in modo significativo da residui e coresidui delle industrie di lavorazione del legno e da legno di recupero post-consumo. Tra il 2010 e il 2020, il sequestro medio annuo di carbonio nella biomassa forestale ha raggiunto 155 milioni di tonnellate nella regione europea.Infine, come registrato anche da altri studi*, l’incremento nelle foreste sia in Italia sia in Europa supera sostanzialmente l’abbattimento. Ogni anno cresce più legno di quello raccolto, portando all’accumulo di stock in crescita nelle foreste: dal 1990 l’incremento (costante) è di circa il 25%.