Lo schema di decreto approvato in Consiglio dei Ministri introduce la figura del revisore della sostenibilità. Potrà essere sia un revisore legale (anche una figura già impegnata nella revisione del bilancio aziendale) che una società di revisione. Mantiene poi il sistema sanzionatorio predisposto dalla direttiva CSRD, nonostante i dubbi espressi dalle associazioni di categoria in fase di consultazione pubblica
Entro il 6 luglio l’Italia deve ultimare il recepimento della direttiva CSRD
Arriva la figura del “revisore della sostenibilità” e restano le sanzioni penali. Sono i punti principali dello schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva CSRD, approvato in Consiglio dei Ministri il 10 giugno e ora all’esame della Camera. L’Italia, come gli altri paesi, ha tempo fino al 6 luglio prossimo per integrare la normativa UE che rafforza ed estende gli obblighi in materia di reportistica di sostenibilità.
Recepimento direttiva CSRD, i punti principali
Come predisposto dalla Corporate Sustainability Reporting Directive, la sostenibilità si sposta dall’ambito della semplice informativa ed entra a tutti gli effetti in bilancio. La rendicontazione di sostenibilità redatta dalle aziende soggette ai nuovi requisiti della CSRD dovrà infatti ricevere un attestato di conformità, ovvero essere validata da soggetti terzi.
Il revisore della sostenibilità
Nel recepimento della direttiva CSRD, il governo indica – all’articolo 8 dello schema di decreto – che la figura del revisore della sostenibilità può essere “lo stesso revisore legale incaricato della revisione legale del bilancio” oppure “un diverso revisore legale”. Sono ammesse le società di revisione. La precondizione per tutti i casi è l’iscrizione nel registro dei revisori legali e la titolarità dell’abilitazione all’incarico di attestazione della rendicontazione di sostenibilità.
Sanzioni CSRD, cosa prevede lo schema di decreto
Uno dei punti più dibattuti durante la fase di consultazione pubblica per il decreto di recepimento della direttiva CSRD riguarda il tema delle sanzioni in caso di inadempienza. Confindustria, Assonime, Abi, Ania, Assirevi e Cndcec avevano tutte espresso preoccupazioni sull’estensione del medesimo sistema sanzionatorio in vigore per le informazioni finanziarie anche a quelle non finanziarie.
Così non è stato. Come spiega la relazione illustrativa che accompagna lo schema di decreto, le sanzioni amministrative, per i primi due anni dall’entrata in vigore delle nuove regole, sono limitate ad un tetto massimo di 2,5 mln euro. Queste sanzioni – salvo rilevanza penale – sono applicabili “anche con riferimento alle violazioni in materia di rendicontazione di sostenibilità, non essendo stabilito nei criteri di delega alcun potere di modifica della normativa penalistica”.
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