Con il recepimento della CSRD scatta l’obbligo di revisione esterna del reporting ESG
I commercialisti possono svolgere il ruolo di “revisore della sostenibilità”, previsto dallo schema di decreto per il recepimento della CSRD? E a quali condizioni? L’introduzione dei nuovi requisiti in materia di reporting ESG previsti dalla normativa UE tocca da vicino anche questa professione. E il Consiglio nazionale dei commercialisti chiede che questo passaggio tenga conto, e riconosca esplicitamente, le competenze acquisite.
È quello che emerge dall’audizione del consigliere nazionale del CNDCEC delegato alla revisione legale, Maurizio Masini, che si è svolta il 16 luglio alla Camera di fronte alle commissioni riunite Giustizia e Finanze.
Recepimento CSRD, le richieste dei commercialisti
Lo schema di decreto presentato a fine giugno indica che la figura del revisore della sostenibilità può essere “lo stesso revisore legale incaricato della revisione legale del bilancio” oppure “un diverso revisore legale”. La precondizione in tutti i casi è l’iscrizione nel registro dei revisori legali e la titolarità dell’abilitazione all’incarico di attestazione della rendicontazione di sostenibilità.
Ma revisore legale e revisore della sostenibilità ai sensi della direttiva sul Corporate Sustainability Reporting sono perfettamente sovrapponibili?
Il CNDCEC sostiene che dovrebbe essere così. Con il recepimento della CSRD, il legislatore dovrebbe “mantenere invariato l’attuale sistema di equipollenza con gli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile”, ha affermato Masini. Nessun obbligo formativo in più imposto dall’esterno, quindi.
La ragione? Il processo formativo in capo all’ordine dei commercialisti è già sufficientemente qualificante per svolgere il ruolo di revisore della sostenibilità secondo i nuovi dettami della CSRD. Mentre si valuta come aggiornare la regolamentazione che disciplina l’esame di idoneità professionale per l’abilitazione a revisore legale, quindi, “si dovranno tenere in debito conto le competenze e conoscenze specifiche in materia di rendicontazione e di attestazione della rendicontazione di sostenibilità già riconosciute dal nostro ordinamento professionale”, chiede Masini.
Le competenze necessarie sono già “accertate” dalle procedure in vigore oggi, e l’intenzione del legislatore europeo – interpreta Masini riferendosi al testo della direttiva CSRD – non è quello di “moltiplicare le prove di esame per svolgere l’attività di rendicontazione della sostenibilità”.
Leggi anche Nuovi obblighi reportistica ESG: le direttive CSRD e CSDDD