Riluttanti. È l’aggettivo che meglio descrive l’atteggiamento delle maggiori compagnie globali verso l’adozione di piani climatici aziendali in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. La maggior parte dei soggetti non ha piani per gestire il rischio climatico, e la stragrande maggioranza non vuole affrontare l’intero ventaglio di emissioni legate al suo business. È quanto emerge dal sondaggio annuale di Ernst&Young (EY), il Global Climate Action Barometer 2024 condotto su 1.300 aziende in 51 paesi e 13 diversi settori economici.
Piani climatici aziendali: lo stato dell’arte secondo EY
C’è una “mancanza di preparazione delle aziende” a soddisfare gli obiettivi “cruciali” dell’Accordo di Parigi del 2015, sia lato mitigazione sia lato adattamento:
- solo poco più di due quinti delle aziende (il 41%) dichiarano di avere un piano di transizione per aiutarle a mitigare i rischi del cambiamento climatico;
- poco più di un quinto (il 21%) dichiara di avere intenzione di sviluppare un piano di transizione del genere in futuro;
- il 38% non ha alcuna intenzione di farlo.
A livello geografico emergono disparità importanti per l’adozione di piani climatici aziendali che preparino la transizione in conformità con gli obiettivi di Parigi. Con una costante: chi inquina di più si impegna di meno a predisporre dei piani:
- le aziende con sede nei 2 maggiori inquinatori mondiali sono in fondo alla classifica: hanno piani di transizione solo l’8% delle aziende in Cina e appena il 32% negli Stati Uniti;
- in cima alla classifica si posizionano invece Regno Unito ed Europa con, rispettivamente, il 66% e il 59%: secondo EY è “il risultato di regimi normativi di successo”, aspetto che sottolinea “l’importanza della regolamentazione come mezzo per guidare l’azione”;
- Europa e Regno Unito, insieme a Corea del Sud e Giappone, sono anche le regioni dove le aziende hanno la qualità più alta del reporting climatico: UK (69%), Corea del Sud (62%), Giappone (61%), Europa meridionale (61%), Europa nord-occidentale (61%). La media globale è del 54% (4 punti percentuali in più del 2023).
Note dolenti sulle aziende che hanno preso impegni finanziari chiari per supportare i loro piani di transizione. Solo il 4% ha dichiarato spese operative (spese derivanti dalle operazioni commerciali quotidiane) e il 17% ha segnalato spese in conto capitale (denaro investito nelle attività di un’azienda per guadagni futuri). Per EY è un segno che “anche quando le aziende hanno piani d’azione, non sono pronte a eseguirli”.
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