Rinnovabili • Obiettivi ESG: cosa succede se mancano dati sul lobbying aziendale Rinnovabili • Obiettivi ESG: cosa succede se mancano dati sul lobbying aziendale

Includere il lobbying aziendale nelle regole ESG: quali vantaggi?

The Good Lobby calcola che i fornitori di dati ESG non monitorano la maggior parte delle attività di lobbying delle aziende. Al massimo ne coprono il 40%. Così gli investitori non possono verificare che le imprese siano davvero coerenti con i loro piani di transizione.

Obiettivi ESG: cosa succede se mancano dati sul lobbying aziendale
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Gli investitori hanno un grande punto cieco per valutare l’allineamento delle aziende con gli obiettivi ESG (ambientali, sociali e di governance): non dispongono di dati critici sulle attività di lobbying aziendale. Non possono, cioè, monitorare se le imprese sono realmente coerenti, nelle loro azioni, con i target e le politiche di sostenibilità ufficiali.

Il problema? Spesso, le attività di lobbying aziendale contraddicono le dichiarazioni pubbliche di sostenibilità. Un aspetto che non può essere trascurato. Perché dà origine a rischi reputazionali, ma anche finanziari.

“Non rendendo accessibili i dati di lobbying agli investitori, i fornitori di dati ESG in genere forniscono un’immagine incompleta, nella migliore delle ipotesi, e un’immagine falsa, nella peggiore, dell’azienda in cui stanno investendo”, sostiene il professor Alberto Alemanno di The Good Lobby, che ha rilasciato da poco un rapporto su questo tema.

“E’ perfettamente possibile che un’azienda ottenga buoni punteggi nelle misure ambientali e sociali incluse in un sondaggio ESG mentre boicotta i progressi su queste stesse questioni a una legislatura. E tuttavia questo tende a sfuggire all’attenzione degli investitori e spesso delle aziende stesse”, aggiunge Alemanno.

Lobbying aziendale e obiettivi ESG: cosa non funziona?

Cosa emerge dal rapporto di The Good Lobby sulle attività di lobbying aziendale in relazione agli aspetti di sostenibilità e gli obiettivi ESG?

  • I dati sono incompleti. La maggior parte dei fornitori di dati ESG analizza solo una frazione (al massimo il 25%) delle pratiche di lobbying aziendale. Moody’s e S&P sono i migliori. Ma coprono appena il 40% del totale.
  • Ci sono carenze nei framework per la valutazione degli obiettivi ESG. Molti standard di sostenibilità, infatti, non richiedono trasparenza sulle donazioni politiche, sul coinvolgimento in associazioni di categoria o sulle posizioni specifiche delle aziende su determinati temi discussi dalla politica.
  • Emerge una prevalenza importante delle policy volontarie. Il 58% delle politiche ESG globali sono volontarie, non obbligatorie. Questo crea delle lacune nella regolamentazione. Con aziende e investitori che, di fatto, possono andare avanti in ordine sparso.

Conseguenze: l’assenza di dati sul lobbying crea un’immagine distorta delle aziende. Potenzialmente, è un inganno a investitori, dipendenti e consumatori. Eppure, sottolinea il rapporto, la trasparenza nelle attività di lobbying dovrebbe essere essenziale per una governance aziendale responsabile.

La proposta di The Good Lobby? Includere il lobbying nei report ESG, per allineare gli obiettivi di sostenibilità con le attività politiche delle aziende.

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