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Luci e ombre della transizione verso un mondo net zero
La strada verso emissioni nette zero è ancora lastricata più di buone intenzioni che di impegni concreti e affidabili. Sempre più stati, regioni, città e aziende inseriscono nei loro piani di transizione l’orizzonte net zero. Il salto di qualità rispetto al 2020 è percepibile. Ma non è ancora abbastanza. E anche chi si sta muovendo in questa direzione, spesso non lo fa in modo del tutto credibile.
È quanto emerge dalla fotografia scattata da Net Zero Tracker 2024, il monitoraggio annuale sui progressi verso emissioni nette zero coordinato dai ricercatori dell’università di Oxford. Giunto alla 4° edizione, il rapporto analizza gli impegni nella riduzione delle emissioni di gas serra nei 25 maggiori inquinatori mondiali, in tutte le città con più di 500mila abitanti e nelle 2mila più grandi società quotate in borsa.
Quest’anno sono 3 gli elementi da tener presenti per comprendere la traiettoria della transizione globale:
- L’inserimento di obiettivi emissioni nette zero si è consolidato in stati, città e aziende, con aumenti rispettivamente del 28%, 8% e 23% rispetto al 2023;
- Oltre il 40% delle entità non statali non ha ancora obiettivi di riduzione delle emissioni o equivalenti a net zero;
- Sebbene il numero di obiettivi net zero credibili sia in crescita, solo meno del 5% delle entità soddisfa tutti i criteri minimi di integrità procedurale e sostanziale fissati dai ricercatori di Oxford.
Cresce il numero di impegni per emissioni nette zero
I numeri dicono che il progresso rispetto a 4 anni fa c’è e si vede. Il rapporto di quest’anno analizza 198 paesi, 708 entità subnazionali, 1.186 città e 1.977 società quotate. Di queste, ad oggi sono almeno 1.750 quelle con obiettivi net zero, erano appena 769 a dicembre 2020. Un aumento del 227%.
Nel dettaglio, hanno obiettivi per emissioni nette zero:
- 148 paesi (erano 124 nel 2020), tra cui l’Unione Europea. Manca ancora l’Azerbaijan, paese che quest’anno ospita la Cop29 sul clima e uno die massimi produttori mondiali di gas fossile;
- 186 entità subnazionali, erano 73 4 anni fa;
- 271 grandi città rispetto alle 115 del 2020;
- 1.145 società, quasi 4 volte più delle 417 di 4 anni fa.
Un’altra prospettiva da cui valutare i progressi compiuti è il peso specifico di questi impegni a livello globale. Si scopre così che, a fine 2024, contando solo gli impegni nazionali per net zero, è coperto:
- il 93% del pil globale a parità di potere d’acquisto (era il 68% nel 2020);
- l’87% delle emissioni di gas serra globali (era il 61%);
- l’88% della popolazione globale (era il 52%).
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Scarsa qualità degli obiettivi net zero
Nonostante la curva di crescita sia molto positiva, quella della qualità degli impegni net zero non lo è altrettanto. Anzi: la stragrande maggioranza degli obiettivi fissati non sono ritenuti pienamente affidabili dai ricercatori di Oxford.
Per gli stati e le entità subnazionali, quasi tutti (più dell’80%) ha fissato come data il 2050 e ha formalizzato i target. Più del 70% ha anche fissato obiettivi intermedi e presentato dei piani di implementazione. Meno del 40% delle entità e degli stati, però, presenta un report annuale sui progressi compiuti. E pochissimi, poco più del 10%, spiega chiaramente come possono essere usate le compensazioni di carbonio.
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Per le società quotate, le dimensioni dove sono di più le realtà virtuose sono il 2050 come orizzonte, la reportistica annuale e gli obiettivi intermedi. Mentre, anche in questo caso, il tallone d’Achille resta la chiarezza sulla possibilità di ricorrere ai carbon offset. E si aggiunge la copertura totale (Scope 1, 2 e 3) degli obiettivi emissioni nette zero.
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