Regole definitive per il reporting di sostenibilità, il testo finale del decreto CSRD
Via libera finale al testo del decreto CSRD. Nella seduta del Consiglio dei Ministri del 30 agosto, il governo ha licenziato il dl con cui l’Italia recepisce la direttiva UE 2022/2464, con le novità in materia di rendicontazione societaria di sostenibilità. La Corporate Sustainability Reporting Directive entra così nell’ordinamento nazionale dopo le integrazioni suggerite nei passaggi nelle commissioni delle due Camere. Con alcune importanti novità.
Il decreto di recepimento della CSRD, sintetizza l’esecutivo in una nota, mira a “rafforzare gli obblighi di reporting non strettamente finanziario” anche con “l’estensione alle Piccole e medie imprese (diverse dalle microimprese) degli obblighi di reporting non finanziario, già a carico delle imprese di grandi dimensioni” e con la “sostituzione della rendicontazione non finanziaria con la rendicontazione di sostenibilità, che consiste in informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’impresa sulle questioni di sostenibilità e del modo in cui tali questioni influiscono sull’andamento dell’impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione”.
Decreto CSRD, i nuovi obblighi per le imprese
Il testo finale del dl lascia intatto l’impianto già presentato a giugno nello schema di decreto. I punti principali restano:
- l’introduzione del revisore della sostenibilità, figura terza chiamata a validare il reporting ESG,
- le sanzioni per gli inadempienti, limitate a 2,5 milioni di euro per i primi 2 anni dall’entrata in vigore delle nuove regole.
Per quali Pmi scatta l’obbligo di rispettare la CSRD?
Il passaggio parlamentare ha toccato solo due aspetti davvero rilevanti. Il primo riguarda l’ampliamento del perimetro dei soggetti che saranno tenuti a ottemperare ali obblighi della direttiva UE.
Sono state variate le soglie per la definizione delle Pmi quotate. Il nuovo testo parla di numero medio di dipendenti “non inferiore a 11 e non superiore a 250”. La versione originale applicava la CSRD alle Pmi con un numero di dipendenti tra 50 e 250.
Il decreto CSRD non ha integrato l’osservazione, pervenuta dai passaggi parlamentari, che prevedeva l’obbligo di rendicontazione anche per le società cooperative che possono essere assimilate alle aziende di grandi dimensioni.
Ricordiamo che la ratio della direttiva consiste nell’estensione anche a piccole e medie imprese degli obblighi di trasparenza cui erano già soggette le grandi aziende.
La seconda modifica riguarda le sanzioni. Il decreto CSRD introduce due nuovi tetti: nei primi 2 anni dall’entrata in vigore, l’importo massimo per le società di revisione è fissato a 125mila euro, e a 50mila euro per i revisori della sostenibilità.