Rinnovabili

Dalle rinnovabili all’ESG, tra autoconsumo collettivo e strategie d’impresa

Confronto fra dieci esperti in un evento organizzato da Rödl & Partner e Rinnovabili

Come si legano i percorsi ESG tracciati dalle normative comunitarie con lo sviluppo delle energie rinnovabili? Quali ostacoli incontrano ancora le FER sulla loro via e quali scenari si profilano per l’autoconsumo collettivo? A tutte queste, e molte altre domande, ha provato a rispondere l’evento, dal titolo: “Dalle rinnovabili alla sostenibilità in azienda: la via italiana alle politiche ESG”, organizzato da Rödl & Partner Italy e la media company Rinnovabili. Oltre 70 mila persone sono venute a conoscenza dell’evento, metà delle quali ha cercato di saperne di più, con 5300 utenti che hanno poi visualizzato lo streaming sul sito e sui social di Rinnovabili.

Dalle Rinnovabili alla Sostenibilità in Azienda: la via italiana alle politiche ESG

Il processo di decarbonizzazione”, ha detto Mauro Spagnolo, direttore di Rinnovabili nella sua introduzione, “è basato su due pilastri: efficienza energetica ed energie rinnovabili. La transizione ha effetti positivi sia dal punto di vista politico, come la riduzione della dipendenza energetica, sia dal punto di vista economico, perché per le aziende la riduzione dei costi corrisponde a un aumento della competitività”.

Le politiche ESG, spinte dall’Unione Europea, aiutano a misurare il livello di sostenibilità sociale e ambientale delle aziende. Oggi possiamo quantificare l’impegno di un’impresa su un percorso di sostenibilità con metodo scientifico, riducendo le scappatoie di greenwashing che finora sono state una spina nel fianco della transizione energetica.

Private Purchase Agreements, tra complessità e opportunità

Svenja Bartels, socia dello studio Rödl & Partner e responsabile del team energia, ha approfondito il tema dei PPA sulle rinnovabili. Un tema, quello dei Power Purchase Agreements, di cui si occupa da sei anni in Italia. “Oggi le aziende hanno l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda i modelli di approvvigionamento di energia”, ha spiegato Bartels. Tuttavia, lo strumento del corporate PPA è quello che più si sta affermando nel panorama. L’Italia oggi è al terzo posto per volume di potenza contrattualizzata in PPAs, dietro a Spagna e Germania. Oggi si firmano più corporate PPA che utility PPA, soprattutto nel settore delle tecnologie informatiche. Ma lo strumento è diffuso più che altro tra le aziende strutturate, mentre per le PMI appare ancora complesso.

Le difficoltà sono nel rapporto trilaterale tra produttore, gestore di rete e cliente finale. “Tutto ciò rende il contratto più complesso, perché occorre un terzo soggetto che gestisca tutte le partite”, spiega Bartels. Senza contare i cambiamenti nella regolamentazione, tre soltanto nell’ultimo anno, che incidono sulle condizioni contrattuali.

Che ne sarà dell’agrivoltaico? 

Roberto Pera e Rosa Ciamillo, partner dello studio legale, hanno invece approfondito i profili regolatori dell’agrivoltaico. Pera ha messo a fuoco i contorni del decreto agricoltura, definendolo una “bomba che il governo ci ha regalato qualche giorno fa”. Il decreto, “in buona sostanza esclude la possibilità, con alcune eccezioni, di installare impianti fotovoltaico a terra. Molti investitori avevano puntato sul nostro paese e sulle aree agricole per installare impianti. “Questi progetti non dovrebbero essere toccati”, ha spiegato l’avvocato. “Ma c’è un grande allarme per gli investitori preoccupati e il ritardo nella decarbonizzazione”. Non c’è solo il governo a osteggiare il fotovoltaico a terra, anche molte Regioni. Sardegna e Marche hanno posto restrizioni allo sviluppo, con moratorie o classificazioni stringenti. Uno spiraglio rimane per gli impianti agrivoltaici avanzati che, come spiega Rosa Ciamillo, “vengono incentivati con un miliardo di euro dal decreto. Si tratta di quegli impianti che adottano congiuntamente soluzioni integrative innovative, con il montaggio dei moduli elevato da terra per garantire la continuità dell’attività agricola e pastorale”. Accanto a questo requisito, gli impianti incentivati devono prevedere l’inclusione di sistemi di monitoraggio dell’impatto sulla produzione agricola e la fertilità del terreno. 

Comunità energetiche e altre configurazioni di autoconsumo

Argomento caldo almeno quanto l’agrivoltaico sono le comunità energetiche, tema approfondito da Gennaro Sposato, partner dello studio esperto in rinnovabili, di cui si occupa da oltre quindici anni. “Dalla direttiva europea del 2018 ci è voluto molto tempo per arrivare al decreto ministeriale CACER, che dà le informazioni di dettaglio su come deve funzionare l’incentivazione di queste configurazioni. E poi le regole operative del GSE, indispensabili per capire con cosa fare i conti”. CACER è l’acronimo di Configurazioni di Autoconsumo per la Condivisione di Energia Rinnovabile. Tre sono le configurazioni che accedono agli incentivi, spiega Sposato: “l’autoconsumo individuale, in cui la parte collettiva riguarda l’uso della rete pubblica, l’autoconsumo collettivo nello stesso edificio e le comunità energetiche, dove la condivisione è su più aree diverse”. Gli incentivi si ottengono sulla quota di energia condivisa, cioè sul minor valore tra quella che si immette in rete e quella prelevata. Se le grandi imprese sono escluse dalla configurazione delle comunità energetiche, così non è ad esempio per un centro commerciale, fatto da attività private interne allo spazio. In ogni caso, le utility possono comunque proporsi come promotori o gestori delle CACER, ma anche per fornire l’energia ai loro membri. Una sorta di partecipazione “a distanza” alla configurazione, ma con un peso non indifferente.

La pubblica amministrazione non è un nemico, ma una risorsa

Mentre il mondo dei privati è un passo avanti alla regolamentazione, a che punto siamo con la pubblica amministrazione? Alla domanda ha risposto Anna Maria Desiderà, avvocata e responsabile del team amministrativo di Rödl & Partner. “Proprio la pubblica amministrazione può rivelarsi un acquirente interessante di energia tramite contratti a lungo termine come i PPA”, ha spiegato Desiderà. La Consip, nello specifico, è il fulcro con il GSE di regolamentare le gare per l’acquisto di energia della pubblica amministrazione. “Questa procedura si inserisce nel piano nazionale per gli acquisti verdi”, dettaglia l’avvocata. Un ruolo importante del pubblico si nota anche nel settore delle CER, come dimostra il successo del vademecum realizzato da ANCI. “Viene considerato uno strumento democratico per la produzione di energia condivisa e per corrispondere all’idea della riduzione della povertà energetica”. I comuni, ha detto Anna Maria Desiderà “sono i veri protagonisti. Fanno una sorta di mappatura degli spazi che è molto utile. Possono inoltre avere più ruoli: soggetto abilitante, che rimuove gli ostacoli, soggetto aderente ad una CER, promotore o aggregatore”. 

Futuro roseo per lo storage

Un supporto sempre più ricercato per gli impianti rinnovabili è costituito dai sistemi di accumulo. Sullo storage si è soffermato l’avvocato Paolo Peroni, chiudendo la prima tavola rotonda del pomeriggio. “Una tecnologia fondamentale per la transizione verso un sistema decentralizzato”, ha detto, “che consente di ovviare al limite fisiologico della programmabilità portando stabilità nel sistema”. Il mercato crede in questa tecnologia, se è vero che il 2023 è stato un anno record per l’accumulo: 287 mila impianti connessi su un totale di 518.950, per oltre 2000 MW di potenza e 3836 MWh di capacità. Quasi sempre, lo storage è affiancato a impianti fotovoltaici. Le tendenze vedono un rallentamento nel settore residenziale, ma una forte accelerazione in ambito CER e industriale. Al 30 aprile di quest’anno, le prospettive sono interessanti: 154 progetti di sistemi di accumulo su 168 totali (per circa 15 GW) attendono un’autorizzazione. 

Sistemi di storage e rinnovabili sono utili anche per dare corpo a strategie di sostenibilità sociale e ambientale per le imprese, le cosiddette politiche ESG. Realizzare impianti rinnovabili è utile per migliorare il rating di sostenibilità, in un’epoca dove la rendicontazione ambientale è ormai uno standard per le aziende medie e grandi. 

La ricerca pubblica in prima linea

La seconda tavola rotonda, aperta da Franco Cotana, amministratore delegato di RSE. “Occupandoci di ricerca, supportiamo il Ministero nell’elaborazione del Piano integrato energia e clima. In questo momento stiamo finendo la revisione per poi inoltrare a fine giugno a Bruxelles la versione aggiornata”. Le nostre performance, secondo Cotana, sono migliori di altri paesi: abbiamo centrato l’obiettivo di aumento delle rinnovabili, mancando di poco quello della riduzione delle emissioni e dell’efficienza energetica. I fronti caldi in cui è impegnata RSE sono ora l’idrogeno, l’efficienza energetica nel settore residenziale e la cattura e stoccaggio del carbonio. Tre tavoli ministeriali sono stati aperti su questi temi, in ciascuno dei quali la società è coinvolta. La ricerca si focalizza oggi anche sulle materie prime critiche, sulle quali, assicura Cotana, “siamo sul pezzo. Con i nostri ricercatori abbiamo sviluppato le batterie agli ioni di sodio, che potranno andare in produzione a breve nello stabilimento di Teverola, dodici ettari di capannoni che hanno rimpiazzato la Whirlpool. Hanno ordini fino al 2028 e queste batterie ci renderanno più indipendenti rispetto alle forniture di materie prime critiche”.

Cosa cambiare nel DL Agricoltura

Uno scenario roseo leggermente stemperato da Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare. L’associazione, che oggi conta 1300 soci da tutta la filiera del fotovoltaico, ha preso di mira il decreto Agricoltura, ultima scottatura per il mondo del solare. “La legge certamente non ci piace perché prevede modifiche significative per lo sviluppo e realizzazione di impianti fotovoltaici. Al di là delle dichiarazioni roboanti, però, quando si guardano i numeri le cose sono diverse. Nel concreto chiederemo di ripristinare la ‘solar belt’ com’era in precedenza. Un’idea che avevamo promosso noi quando i prezzi dell’energia erano impazziti e che sbloccava la possibilità di costruire impianti a terra appena fuori dal cancello di un’azienda, così che funzionasse come una sorta di ‘estensione’ del tetto”. Riguardo al tema dell’agrivoltaico, invece, Italia Solare è determinata a chiedere anche una revisione delle altezze minime per i pannelli, figlie di linee guida del MASE prese come un obbligo di legge.

Misurare la sostenibilità

La normativa, nel bene e nel male, sta avendo un impatto sulle imprese. Secondo Marcello Donini, CSR Manager di E.ON, quella relativa alla responsabilità sociale “costringerà le aziende, anche quelle di piccola e media dimensione, a dotarsi di strategie e strumenti per misurare le loro attività in termini di sostenibilità. Si tratta di un cambiamento importante, anche in E.ON che è una grande azienda, abbiamo impiegato tempo per acquisire familiarità con i numeri e con il lessico”. La sfida è che le competenze di corporate social responsibility entrino anche nelle PMI, per poi attivare percorsi di transizione energetica. 

La bussola dell’informazione

In tutto questo, l’informazione può essere una bussola importante. E Matteo Spagnolo, general manager di Rinnovabili ha voluto sottolinearlo nel raccontare la storia di “una testata nata vent’anni fa e oggi in fase di rebranding e internazionalizzazione, focalizzandosi sempre più su attività di advisory per le aziende e per guidarle sia attraverso la normativa che tramite consulenze tecniche”.

Il giusto equilibrio alla base di una CACER di successo

E di advisory, nel mercato delle opere di ingegneria e di infrastrutture, Protos Group è una delle società più longeve. Giorgio Saraceno, Co-Head of Energy di Protos, racconta che nel settore delle rinnovabili “oggi abbracciamo tutta la filiera del fotovoltaico, con attività di controllo e monitoraggio per conto della proprietà o dei soggetti finanziatori”. Una delle domande poste da Saraceno è stata: come si fa a trovare il giusto mix tra produzione e consumo in una CACER? Dipende da molti fattori, che regolano gli scambi di energia fra impianti, accumulatori e utenze che consumano. Più sono gli utenti, più l’autoconsumo sarà massimizzato e minore l’energia messa in rete, ma il vantaggio economico pro capite è ridotto. c’è una strategia per massimizzare i vantaggi: “A parità di energia prodotta dagli impianti e messa in rete, utilizzando l’accumulo il beneficio pro capite è più alto”, dimostra Saraceno. Visto che il consumo maggiore si ha normalmente dopo le 17, invece di creare un eccesso di offerta nelle fasce diurne con sistemi CACER privi di accumulo, installando lo storage si può spostare l’immissione nella seconda parte della giornata, quando c’è maggiore richiesta. Così ci si avvicina al giusto mix tra gli obiettivi del sistema, che sono la massimizzazione dell’energia autoconsumata e il massimo vantaggio pro capite. Quando si tende verso il primo, l’altro è depotenziato: occorre quindi trovare la misura. 

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