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Tassonomia verde, il testo definitivo include gas e nucleare

tassonomia verde
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La tassonomia verde è una bussola fondamentale per la transizione energetica

(Rinnovabili.it) – Il guanto della sfida è lanciato. La Commissione ha messo gas e nucleare in tassonomia verde. Nonostante il parere contrario di almeno 4 paesi membri e di un commissario (l’austriaco Johannes Hahn, Bilancio), la bocciatura da parte dei tecnici del TEG e della Piattaforma per la finanza sostenibile, i dubbi del comitato SCHEER. E un parlamento europeo dove la platea dei contrari include Verdi, Sinistra, una buona parte dei Socialisti & Democratici e anche una quota del gruppo dei Popolari. Per di più, l’atto delegato ha dei criteri meno stringenti per il gas rispetto all’ultima bozza fatta circolare a due ore da Capodanno.

Cos’è la tassonomia verde e perché è importante

La tassonomia verde è una bussola per gli investitori globali. Anzi, nell’idea di Bruxelles dovrà diventare “la” bussola, uno standard valido a livello mondiale, su cui gli altri paesi potranno modellare le loro politiche. Si chiama tassonomia perché è una classifica delle attività economiche in base al loro impatto climatico. Gli investitori possono così scegliere di orientarsi su un settore o uno specifico prodotto o ambito avendo a disposizione un metro comune per valutarne la sostenibilità. Per ognuna delle 170 attività economiche identificate, la tassonomia verde fissa dei criteri e delle soglie che la definiscono come investimento verde.

Inserire o meno gas e nucleare in questo documento ha ripercussioni molto ampie: orienta la finanza e gli operatori economici verso questi ambiti, catalizza investimenti e getta le basi per la politica energetica dei paesi in questa fase di transizione verso la neutralità climatica. Ovviamente, investire in gas e nucleare significa togliere investimenti potenziali ad altre attività, incluse le rinnovabili. Per questo motivo, buona parte di chi critica la tassonomia ritiene che dare la patente verde a gas e atomo rallenterà lo sviluppo delle fer in Europa.

Le ultime novità in tassonomia verde

“Oggi dobbiamo accettare delle soluzioni imperfette” per accelerare la decarbonizzazione perché “abbiamo solo 30 anni”, si difende la commissaria Mairead McGuinness presentando la tassonomia. Che sarà “forse imperfetta, ma è una soluzione reale”. Il documento pubblicato oggi dalla Commissione rende più semplice dare l’etichetta “verde” a nuove centrali a gas. Due i cambiamenti principali, entrambi richiesti pubblicamente dalla Germania solo pochi giorni fa.

Il primo riguarda la quota di gas low-carbon da miscelare al gas fossile. La proposta iniziale imponeva tre step: un mix al 30% entro il 2026, da portare al 55% entro il 2030 e al 100% cinque anni più tardi. Dalla versione finale scompare il riferimento al 2026, resta quello al 2035. Anche se l’obiettivo finale è immutato, quelli di medio termine sono importanti per assicurare che non ci siano ritardi e, soprattutto, per stimolare investitori e mercati.

Il secondo cambiamento è un colpo di spugna sui limiti massimi di emissioni per definire sostenibile un nuovo impianto a gas. E spalanca la porta a centrali non efficienti. In origine, uno dei criteri era che il nuovo impianto avrebbe dovuto rimpiazzare uno vecchio e più inquinante, abbattendo del 55% il tasso emissivo per kWh di output. La nuova versione mantiene la soglia del 55% ma cambia l’unità di misura: il taglio di intensità emissiva va calcolato sull’intera durata di vita della centrale.

Cosa significa? Nella pratica, che saranno considerati sostenibili anche impianti che promettono di tagliare il loro tenore emissivo in futuro, pur senza fornire alcuna garanzia concreta. Lo scenario che si apre è questo. L’impianto accede subito alle condizioni agevolate permesse dalla tassonomia verde, va a regime, e gli sarà eventualmente tolta l’etichetta green solo a fine vita. Quando l’investimento è già stato ottenuto, le emissioni sono già in atmosfera, e ai gestori dell’impianto non cambierà più nulla rientrare o meno nella tassonomia.

Gli altri criteri per gas e nucleare

Per il resto, l’impianto della tassonomia verde resta uguale a quello presentato il 31 dicembre. Per il gas, sono sostenibili tutti gli impianti che emettono meno di 100gCO2e/kWh, senza alcun limite temporale. Rientrano in tassonomia anche le centrali che emettono meno di 270gCO2e/kWh per anno. Oppure una media annuale inferiore a 550gCO2e/kWh calcolata però su base ventennale. Resta il vincolo di dimostrare che non si può installare un impianto rinnovabile con uguale capacità e in modo efficiente, ovvero che il gas è l’opzione migliore. E resta anche il limite temporale del 2030: sono “verdi” solo gli impianti a gas che ricevono l’autorizzazione entro fine decennio, salvo la categoria che emette meno di 100g/kWh ed è cioè dotata di tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2.

Sul nucleare, il vincolo temporale si estende fino al 2045 per le centrali che usano le migliori tecnologie disponibili oggi. Ovvero quelle di terza generazione avanzata (III+). Gli investimenti nelle centrali nucleari sono quindi etichettati come “green”. Ma a patto che i progetti abbiano ben definiti il piano di sviluppo, i fondi e il sito di stoccaggio dei rifiuti radioattivi. La classificazione apre la porta anche agli impianti già esistenti, considerando attività verde anche l’estensione del ciclo di vita in considerazione dei tempi lunghi per gli investimenti in nuova capacità di generazione nucleare. I criteri di vaglio tecnico per tali estensioni dovrebbero, tuttavia, includere modifiche e miglioramenti della sicurezza. Questa fattispecie è coperta per gli impianti la cui richiesta di estensione viene autorizzata entro il 2040. Infine, la nuova generazione di centrali nucleari (quelle di IV generazione, a ciclo chiuso) sarà considerata sostenibile senza alcun vincolo temporale per incentivare ricerca e innovazione.

Bocciatura improbabile

Da oggi scatta il conto alla rovescia per completare l’iter. Entro 4 mesi l’atto delegato presentato dalla Commissione dovrà essere commentato da paesi membri e Europarlamento (con possibilità di estendere di 2 mesi la deadline). Poi inizierà il processo di approvazione. Per bocciare la tassonomia verde serve una maggioranza qualificata rafforzata. Cioè il voto contrario di almeno il 72% dei membri del Consiglio che rappresentino il 65% o più della popolazione europea. In alternativa, deve essere il parlamento europeo a bocciarla, in questo caso con maggioranza semplice. Se in Consiglio è praticamente impossibile il no, il passaggio nell’aula di Strasburgo è più delicato e potrebbe riservare qualche sorpresa. “Sono convinta che abbiamo trovato il giusto bilanciamento” tra posizioni divergenti in seno a tutte le istituzioni europee, conclude McGuinness.

Leggi qui il testo del secondo atto delegato

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