Entrerà in vigore tre anni prima, nel 2032, e coprirà anche idrogeno, ammoniaca, polimeri plastici e composti organici (metano, propano, ecc). L’estensione fa lievitare il volume di commercio interessato dal CBAM: di 4,5 volte quello con la Cina, di 14 volte quello con gli USA. Così il meccanismo di aggiustamento diventa uno strumento ancora più impattante
Strasburgo dà l’ok al nuovo testo della tassa sulla CO2 alla frontiera con 450 sì, 115 no e 55 astenuti
(Rinnovabili.it) – Il CBAM deve andare a regime con 3 anni di anticipo e coprire più settori, tra cui l’idrogeno, le plastiche e i composti organici come metano, propano, butano. Si applicherà anche alle emissioni indirette (Scope 2). Prevederà agevolazioni per le aziende europee più virtuose, e i suoi proventi finiranno integralmente in investimenti nei paesi meno sviluppati. È il nuovo volto della tassa sulla CO2 alla frontiera, meglio nota come Carbon Border Adjustment Mechanism (Meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera).
Come funziona il CBAM?
Ieri il parlamento europeo ha approvato con 450 voti a favore, 115 no e 55 astensioni le modifiche alla proposta di CBAM presentata dalla Commissione lo scorso luglio, uno dei tasselli più innovativi del pacchetto legislativo Fit for 55. Ma anche un provvedimento molto controverso che ha fatto storcere il naso ai maggiori partner commerciali dell’UE, a partire dalla Cina ma anche al di là dell’Atlantico.
L’idea alla base della tassa sulla CO2 alla frontiera è di difendere l’industria europea dalla concorrenza straniera, che non deve sottostare a politiche climatiche esigenti come quelle UE. Come? Applicando un “aggiustamento” – di fatto, un dazio – a certe categorie di beni importati provenienti da determinati paesi. Le merci europee, infatti, incorporano il costo della transizione e potrebbero essere svantaggiate rispetto a quelle prodotte in paesi con meno vincoli ambientali, un prezzo della CO2 più basso o inesistente, target di riduzione dei gas serra più blandi. Il CBAM, quindi, ha anche un secondo obiettivo: evitare la delocalizzazione dell’industria europea (e delle emissioni).
Tutte le novità della tassa sulla CO2 alla frontiera
Con il voto di ieri, l’Europarlamento ha apportato delle modifiche sostanziali al CBAM. Il nuovo testo non è però quello definitivo. L’iter legislativo della tassa sulla CO2 alla frontiera proseguirà nei prossimi mesi con l’avvio dei negoziati fra il parlamento UE e il Consiglio, che potranno modificare di nuovo la proposta legislativa. Vediamo quali sono i cambiamenti introdotti dall’aula di Strasburgo con il voto di ieri.
Più settori – Il nuovo meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera non riguarderà solo i settori proposti in origine dalla Commissione, ovvero ferro, acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio e generazione elettrica. Strasburgo ha allargato la copertura anche a idrogeno, ammoniaca, polimeri plastici e composti organici. Per questi ultimi due, tuttavia, servirà prima una valutazione tecnica della Commissione.
Può sembrare una modifica contenuta: tutto il contrario. Solo aggiungendo plastica e composti organici, si fa lievitare l’export USA coperto dalla tassa sulla CO2 alla frontiera di 14 volte, e quello in arrivo dalla Cina di 4,5 volte. Se già prima a Pechino percepivano il CBAM come una pistola puntata alla tempia, adesso si ritroveranno con un bazooka.
Scope 2 – Nelle “emissioni incorporate” nelle merci in entrata, il CBAM valuterà sia le emissioni dirette rilasciate durante la fase di produzione, come voleva già la Commissione, sia parte di quelle indirette o di Scope 2. Per emissioni indirette, il nuovo testo intende quelle relative a come viene generata l’elettricità impiegata dalle aziende nei paesi terzi (art.3, §1, punto 28). In parole povere: i paesi con il mix elettrico più sporco si beccheranno penalizzazioni maggiori sulle merci esportate verso l’UE.
Agevolazioni – Il CBAM toccherà anche qualche merce in uscita dallo spazio UE. La modifica prevede infatti delle agevolazioni per le esportazioni delle aziende europee più virtuose, cioè quelle più efficienti dal punto di vista energetico-climatico. Agevolazioni che avranno la forma di permessi gratuiti dell’ETS UE.
Si tratta di un punto molto critico perché può far saltare in aria tutta la tassa sulla CO2 alla frontiera. Se mal calibrata, l’agevolazione può far scattare la tagliola del WTO, che boccerebbe la misura se fosse una forma di protezionismo, anche mascherato (in questo caso, potrebbe puzzare di sussidio per l’export). L’Europarlamento chiede alla Commissione di presentare una valutazione tecnica dettagliata entro fine 2025.
Proventi – Altro punto chiave per superare lo scoglio del WTO è che fare degli introiti del CBAM. La nuova proposta stabilisce che le entrate della tassa sul carbonio alla frontiera finiscano nel budget comunitario. Ma che, nel budget, almeno una cifra pari alle entrate CBAM sia destinata in forma di investimenti e aiuti ai paesi meno sviluppati (Least Developed Countries, LDC).
Entrata in vigore – La Commissione proponeva il 2035 come data per far andare a regime il CBAM, il parlamento anticipa al 2032 (in armonia con la riforma dell’ETS UE, approvata sempre ieri). In teoria, però, si parte quasi subito. È previsto un periodo di transizione dal 2023 alla fine del 2026, in cui le aziende riceveranno il 100% di certificati CBAM gratuitamente. Poi l’avvio graduale del meccanismo, con una modulazione al ribasso dei certificati regalati: il 93% nel 2027, l’84% nel 2028, il 69% nel 2029, il 50% nel 2030 e il 25% nel 2031. (lm)