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Symbola: green economy e digitale disegnano il futuro europeo

La sostenibilità, in tutte le sue declinazioni, è al centro del progetto di rilancio europeo. Se persona e ambiente sono l’essenza del cambiamento in chiave green, la digitalizzazione è una sfida per lo sviluppo sostenibile e la coesione. Ma la tecnologia non basta. La persona deve rimanere al centro, protagonista di un umanesimo digitale, come emerso nel seminario di Fondazione Symbola

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Credits: Piqsels (CC0)

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Green economy, digitale, sanità, riforme strutturali. Nei cinque giorni del seminario di Fondazione Symbola “L’Italia che verrà – Il Manifesto di Assisi contro la crisi”, riflessioni e proposte hanno ruotato intorno a queste priorità, pietra angolare di Next Generation EU. I governi dovranno stabilire una cronologia di obiettivi chiari e realizzabili. «È una sfida tecnica notevole, pena la mancata erogazione delle risorse», ha spiegato il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni. Gli obiettivi di sostenibilità sono rimasti un punto fermo del Green New Deal europeo anche dopo la pandemia. Le politiche aggressive in campo ambientale adottate da alcuni paesi non devono condizionare le scelte europee: «La sola Europa non può cambiare la situazione globale, ma può rappresentare un traino, essere protagonista nel determinare comportamenti e standard comuni. La direzione è quella indicata dal Manifesto di Assisi: un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica».

«Persona e comunità, a questo binomio si deve ricondurre l’azione europea», ha spiegato David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo. Temi che allineano Europa e Manifesto di Assisi. La pandemia è un problema di salute ambientale, economica e sociale, ha spazzato via molte certezze ma è anche l’opportunità di fare scelte nuove». Al vertice di Davos di gennaio 2020, Jeremy Rifkin disse che l’Europa potrebbe diventare leader nella lotta ai cambiamenti climatici raccogliendo l’autorità morale che hanno perduto gli USA. È una stagione di grandi riforme, per l’Italia e per l’Europa, servono visione e pragmatismo. La sostenibilità, in tutte le sue declinazioni, è al centro del progetto di rilancio europeo che necessita di uno sguardo diverso, rivolto anche i paesi del Mediterraneo, «perché le nostre storie sono destinate a incrociarsi sempre di più».

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Digitale, una sfida per la sostenibilità e la coesione

Se persona e ambiente sono l’essenza del cambiamento e dello sviluppo, il digitale è una sfida per la sostenibilità e la coesione. Il divario di crescita dell’Italia rispetto all’Europa va di pari passo con il suo ritardo tecnologico che si traduce in una perdita di competitività. Coesione è coinvolgere nel processo di sviluppo le piccole comunità – uno dei tesori distintivi dell’Italia – grazie alle nuove tecnologie, veicolo di sostenibilità in campo agroalimentare, economico, sociale e culturale. Il Manifesto di Assisi, ha sottolineato Gino Sabatini, presidente della Camera di Commercio delle Marche, è un cammino lungo da percorrere tutti insieme, nodo cruciale di nuova economia più green e rispettosa dell’essere umano.

Nucleare e carbone sono superati dalle fonti rinnovabili, più economiche ma soprattutto sostenibili. «Nel futuro decarbonizzato, l’Italia può essere all’avanguardia su USA, Cina e Giappone», ha spiegato Francesco Starace, amministratore delegato di Enel. Transizione verde significa elettrificazione, reti da ridisegnare, da rinforzare, da rendere resilienti alle aggressioni climatiche. La crescita delle filiere industriali, anche per le PMI, va sostenuta con un cambiamento culturale e strutturale; non si deve temere il salto di dimensione, ma l’arretratezza tecnologica. Quella per l’accelerazione digitale – irrealizzabile se non c’è un’infrastruttura di connettività diffusa sul territorio – è una battaglia non facile, che incontra molte resistenze dovute a pregiudizi e false informazioni. 

Domenico Guzzini, presidente di Fratelli Guzzini e di Confindustria Macerata, incoraggia le imprese del territorio alla trasformazione digitale: le aziende più attrezzate sono quelle che hanno sofferto meno nel lockdown. Il digitale è anche un modo per dare fiducia e occupazione ai giovani: senza di loro non ci sarà futuro. «Siamo un esempio di circolarità che ha permesso di lavorare a pieno ritmo e di investire per aumentare capacità produttiva. Intorno alla plastica c’è un problema di educazione, non va demonizzato il materiale in sé, anche perché l’Italia è un’eccellenza nel riciclo della plastica». Tecnologia e innovazione hanno permesso a Guzzini di realizzare prodotti plastici di seconda vita, belli e ben fatti, e recuperare i materiali di scarto della produzione

Anche Darya Majidi, amministratore delegato di Daxo Group e fondatrice della Community Donne 4.0, pensa all’impatto dirompente che possono avere i giovani, fortemente penalizzati in questa emergenza, e pensa a una possibile osmosi tra green e blue economy. La Community Donne 4.0 si occupa di empowerment tecnologico femminile, perché la tecnologia è uno strumento di crescita per le donne. Lavora solo il 50% delle donne che potrebbe farlo e il gender gap è un ostacolo in più. Abbiamo mai pensato alla ricaduta sul pil? 

È d’accordo con Majidi Stefano Micelli, docente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia: «Il digitale non solo ottimizza l’esistente ma cambia il modo di fare impresa. Le imprese evolvono se hanno il capitale umano, donne e giovani possono far fare un salto di qualità anche alle piccole imprese. Le trasformazioni green passano per le competenze di persone che sperimentano, inventano, ascoltano la clientela, si formano». Dal rapporto tra empatia e tecnologia nasce quell’umanesimo sostenibile che porta le imprese a ripensare le catene del valore e fare scelte lungimiranti per essere resilienti. 

«Bisogna semplificare la vita a chi vuole investire in green economy: abbiamo campioni di green e rinnovabili che devono percorrere una via crucis quotidiana. Coerenza vuole che si renda la vita difficile ai malfattori e semplice agli onesti, mentre le leggi farraginose fanno esattamente il contrario» ha puntualizzato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. Non ci si può opporre a qualunque cambiamento: gli impianti a biometano vengono raccontati come se fossero centrali nucleari mentre sono fondamentali per l’economia circolare; il fotovoltaico non va fermato ma normato, le infrastrutture di telecomunicazione sono accusate addirittura di aver causato il Covid. 

Sviluppo umano integrale

«Il Manifesto di Assisi parla di sviluppo umano integrale. Lo sviluppo umano ha tre dimensioni: crescita, socio-relazionale, spirituale. Il modello di sviluppo umano integrale è concepire uno sviluppo in cui le tre dimensioni procedano in maniera armonica, seguendo tre transizioni: energetica (da fonti fossili a rinnovabili), economica (da economia lineare a economia circolare), culturale (dal consumismo predatorio al consumo socialmente responsabile). Non solo le imprese devono essere socialmente responsabili, ma anche i consumatori che devono cambiare stili di vita», è una piccola parte dell’intensa riflessione di Stefano Zamagni, docente nell’Università di Bologna e Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

«Se si parla di economia circolare, noi ne siamo un esempio perfetto» ha detto Giovanni Bruno, presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus, che ogni giorno recupera le eccedenze alimentari per donarle alle strutture caritative. «Non ci siamo mai fermati, barcamenandoci tra i vari decreti che cambiavano in continuazione per poter lavorare. Le aziende agroalimentari hanno raccolto l’appello di un bisogno cresciuto di colpo in pochi giorni. Quanto distribuito tra marzo e giugno è più di un terzo di quanto distribuito lo scorso anno, e in autunno ci aspettiamo un incremento perché finiranno i sussidi». 

Vincenzo Boccia, presidente della Luiss-Guido Carli di Roma, ritiene che «il Manifesto di Assisi ci inviti a cambiare paradigma di pensiero, a darci obiettivi per la società che sogniamo, a individuare strumenti e risorse, ad andare oltre i saldi di bilancio. Non vuol dire spendere allegramente ma porsi degli obiettivi, trasformare il patto di stabilità in patto di sviluppo e stabilità». Coniugando sviluppo, occupazione e sostenibilità in senso lato costruiamo una nuova idea di società europea, consapevoli che uniti si possono realizzare grandi progetti. L’istruzione ritrovi il suo ruolo di ascensore sociale, «è uno dei grandi assi su cui dobbiamo lavorare sia in Italia che in Europa».

Per Giovanni Corbetta, direttore generale di Ecopneus, assertore dell’economia circolare come creatrice di ricchezza, «questa crisi è stata l’occasione per controllare se quello che facevamo da dieci anni fosse davvero sostenibile e corretto. Abbiamo continuato a lavorare perché forniamo un servizio al paese e perché bisognava dare l’esempio di non arrendersi». È importante la professionalità delle persone, la trasparenza dell’informazione, il saper fare, l’empatia, perché «non basta solo il tecnicismo per produrre forze comuni. Ci sono le macchine, il digitale, ma sono le persone che fanno le cose e le trasformano in gioco di squadra». Per Corbetta l’etica è un valore: «Bisogna sempre avere in mano la bussola dell’etica, che è cosa diversa dalla legge. La legge si rispetta, ma è l’etica che ci fa scegliere la strada giusta».

Economia più umana

«Non vogliamo più un modello di sviluppo basato sulla correlazione tra dati oggettivi anziché sullo sviluppo umano integrale. I piani di costruzione delle riforme servono all’Italia ma anche all’Europa, abbiamo bisogno di pragmatismo e ingegnerizzazione dei processi di spesa», ha affermato Giovanna Melandri, presidente di Human Foundation. La finanza pubblica deve sostenere imprese generative di impatto, pensare a una riforma del capitalismo che non ottimizzi solo rischio e rendimento ma anche tutti gli impatti. L’Europa malgrado le sue crisi è un modello di welfare che dobbiamo difendere, può diventare un modello di sviluppo umano integrale.

«L’emergenza mette tutti alla prova, la transizione era già in movimento, e dopo il Covid si è accelerata. Le aziende hanno mostrato attenzione alle persone attivando smart working, programmi di ascolto, sostegno economico e psicologico. È emersa un’economia più umana. Molte imprese hanno rimodulato il proprio business e hanno donato dispositivi di sicurezza, consegnato farmaci per patologie gravi, hanno fatto importanti donazioni a sostegno di ospedali, Caritas, Croce Rossa» ha raccontato Sabrina Florio, presidente dell’associazione Anima per il Sociale. Questa partecipazione concreta e attiva è il cuore della responsabilità sociale, è quello che l’impresa crea per la comunità.

«Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla chiudendoci in noi stessi», sono le parole pronunciate da Papa Francesco nell’omelia di Pentecoste. Nelle testimonianze del seminario di Symbola si è registrato un cambio di passo, la nascita dell’Europa come comunità, il desiderio di trasformare questa crisi in un’opportunità di crescita economica, sociale e ambientale. Nel Manifesto di Assisi troviamo una “bontà operativa” che mette al centro l’uomo, è un «progetto di concretezza francescana con cui portiamo avanti una testimonianza: non è quello che vogliamo fare ma quello che facciamo» ha ribadito padre Enzo Fortunato, direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi.

In questa pandemia l’Europa ha dimostrato di esserci, è stata raggiunta un’intesa per il bene comune. È un grande successo politico: capire l’importanza di camminare insieme, un po’ come fanno i firmatari del Manifesto, «alleanza tra diversi» come lo definisce Ermete Realacci. La digitalizzazione è oggi la condizione per far crescere tutta l’Italia alla stessa velocità, non si può rimanere ancorati alle idee del passato: il lockdown ha prodotto in pochi mesi un’accelerazione digitale che avrebbe richiesto anni. Non sprechiamola, a un Paese che vuole crescere senza lasciare indietro nessuno e diventare più green «serve la banda larga, non altre ciminiere che fumano».