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Strategia economica UE: c’è preoccupazione tra i sindacati

La strategia economica UE sembra mostrare poca attenzione per i settori manifatturieri tradizionali, rischiando di aumentare il divario tra Europa dell'Est ed Europa occidentale.

Il gruppo IndustriAll lancia l’allarme sulla strategia economica UE e il settore industriale

(Rinnovabili.it) – La scorsa settimana, la Commissione Europea ha presentato la legge sul clima, avente lo scopo di mettere in atto severe normative che conducano l’eurozona a diventare il primo continente neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. L’esecutivo europeo dovrebbe ora dare seguito alla seconda parte della sua politica climatica, presentando una strategia economica UE che dovrà interessare soprattutto il settore produttivo e industriale e delineare le nuove aree di crescita e investimento per l’Europa.

Se finora la nuova strategia economica UE punta molto sulla digitalizzazione, sembra tuttavia mostrare poca attenzione per i settori manifatturieri tradizionali come la siderurgia, l’automotive e i prodotti chimici, che saranno necessariamente più colpiti dalla transizione verso le zero emissioni. Per questa ragione, secondo molte categorie di settore e sindacati, il Green Deal europeo rischia di aggravare le divisioni economiche e sociali tra i paesi dell’Europa orientale e occidentale.

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A detta dei sindacati, infatti, il blocco dei 27 Stati membri rischia di implodere da un punto di vista economico prima di raggiungere il suo obiettivo di neutralità climatica. La ragione è dovuta al rischio corso da milioni di posti di lavoro, che si ritrovano senza alcuna garanzia soprattutto nei settori industriali. “Stiamo parlando di quasi 11 milioni di posti di lavoro tra industrie estrattive, industrie ad alta intensità energetica e industria automobilistica”, ha dichiarato ad Eroactiv Luc Triangle, segretario generale di IndustriAll.

Nello specifico, i sindacati sono particolarmente preoccupati per le divisioni sociali ed economiche che la strategia economica UE rischia di creare tra i paesi dell’Europa orientale più poveri e i loro vicini occidentali più ricchi. Secondo Triangle, la trasformazione verde “sarà molto più facile nei paesi nordici o dell’Europa occidentale” rispetto agli Stati membri dell’UE più poveri come la Polonia, la Bulgaria e la Romania, dove l’occupazione può dipendere interamente da un’unica industria fortemente inquinante. Ciò potrebbe avere un impatto notevole sulla migrazione interna nello spazio UE. Infatti, secondo i dati, negli ultimi 20 anni quasi 22 milioni di persone hanno già lasciato l’Europa dell’Est per trovare lavoro nei paesi occidentali e nordici più ricchi.

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Secondo Triangle, le divisioni in Europa sono già tali che, se il Green Deal europeo dovesse trascurare la dimensione sociale, ci sarebbe un serio rischio di vedere l’UE disintegrarsi prima che venga decarbonizzata. “Le politiche climatiche voleranno solo se puoi venderle all’opinione pubblica, se puoi farlo senza perturbazioni sociali nelle industrie e nelle regioni interessate”, ha detto Triangle. “La dimensione sociale è estremamente importante per rendere fattibile l’intera politica climatica.

Secondo le stime, le industrie europee dovrebbero investire circa 250 miliardi di euro su base annua per i prossimi dieci anni se vogliono rimanere in linea con l’obiettivo di neutralità climatica del 2050. Tuttavia, rimane poco chiaro dove trovare le risorse per questi investimenti. Se, da una parte, la BEI (Banca Europea per gli Investimenti) sarà presto trasformata in una banca climatica, con il 50% dei prestiti dedicati agli obiettivi climatici a partire dal 2025, secondo i sindacati esistono delle discrepanze tra l’alto livello di ambizione sugli obiettivi climatici e le discussioni sul prossimo bilancio a lungo termine dell’UE. Pare, infatti, che alcuni Stati membri vogliano limitare agli obiettivi climatici solo l’1% del loro reddito nazionale lordo.

“Questo è il problema per noi con gli obiettivi per il 2030: se vogliamo aumentare l’obiettivo a una riduzione del 55% delle emissioni di gas a effetto serra, posso assicurarvi che le industrie ad alta intensità energetica non saranno in grado di raggiungerlo. Le tecnologie saranno pronte per la commercializzazione solo dopo il 2030″, ha affermato Triangle. Secondo il segretario di IndustriAll, però, mantenere la catena di valore industriale integrata all’interno dei confini dell’eurozona sarebbe di grande aiuto. Questo significa, in poche parole, eliminare le rilocazioni industriali extra-UE e limitare le importazioni di materie prime.