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Il fronte delle associazioni sul Recovery, Legambiente chiede 23mld per mobilità urbana

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(Rinnovabili.it) – “Chiediamo che il Recovery plan attuale venga rivisto. Devono essere destinati alla mobilità urbana sostenibile 23 miliardi di euro da utilizzare per il rafforzamento della rete pedonale e della ciclabilità, per una nuova rete ferroviaria e per raggiungere l’obiettivo dell’azzeramento delle vittime della strada entro il 2030, così come previsto dalle Nazioni Unite”. E’ questo il cuore alla base del Piano strategico, “già inviato al governo” che Legambiente ha presentato in un webinar – in diretta su facebook – organizzato insieme con Vivinstrada, Fondazione Luigi Guccione e Kyoto Club.

Secondo Legambiente è “essenziale che il Recovery plan prenda in considerazione l’introduzione di un Piano straordinario che permetta di organizzare una nuova mobilità cittadina”. Anche per Giuseppe Guccione, presidente della Fondazione Luigi Guccione, “sul tema della sicurezza stradale e della mobilità urbana non c’è nulla nell’attuale Recovery plan. Si dà rilievo soltanto all’alta velocità, escludendo la dimensione urbana”.

“Abbiamo tempo per prendere in esame e aggiungere al Recovery plan le proposte avanzate da

Legambiente”, rileva Diego De Lorenzis, componente M5s della commissione Trasporti alla Camera, facendo presente che proprio la commissione Trasporti si farà “portavoce delle vostre istanze”. Secondo Andrea Ferrazzi, membro del Pd nella commissione Ambiente al Senato, dice che “il futuro Recovery fund non può essere solo usato per aumentare fondi ma anche per definire obiettivi strategici. Strategia tutt’oggi assente per quanto riguarda il tema della città sostenibile”.

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La proposta è di investire i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in una mobilità sostenibile e sicura ‘Vision zero’ con 23 miliardi, di cui 8 miliardi sul Fondo nazionale per la sicurezza stradale da spendere per riqualificare le strade urbane e le città. Quattro gli assi portanti del Piano: riqualificare le città, potenziare il trasporto ferroviario regionale, il trasporto pubblico locale e la sharing mobility, affidare la delega a un sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, predisporre un piano per la comunicazione e la formazione.

“Vision Zero vuol dire nuova mobilità, sicurezza stradale, ambiente, democrazia rappresentativa e diretta, rigenerazione urbana, decarbonizzazione – dichiarano le associazioni – tra collisioni stradali e inquinamento urbano nel 2019 sono morte più di 83mila persone: il costo sociale, sempre secondo i dati Istat di quell’anno, risulta pari a 16,9 miliardi di euro, l’1% del Pil nazionale. Questo sanguinoso tributo, che ha un costo sociale ed economico enorme, vede la velocità come causa principale delle collisioni stradali ed elemento che ne determina la gravità, ma non è inevitabile”. 

“Si può cambiare – spiegano – semplicemente attivando il dispositivo Isa (Intelligent speed adaptation), moderando la velocità con maggiori controlli e la riduzione delle sezioni stradali e della velocità, aumentando il modale share e dissuadendo dall’uso del mezzo privato, rimettendo al centro delle città e della viabilità le persone e non le automobili, al centro della mobilità gli utenti e non i mezzi di trasporto. In una sigla: Città vision zero, che vanno realizzate non perdendo l’opportunità dei prossimi fondi in arrivo e in discussione”.

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