Mettere in piedi il meccanismo costerebbe l’1% del pil mondiale. Ma si ripagherebbe da solo, tra costi da danni climatici evitati e stimolo alla crescita economica. Anche con un carbon price differenziato dividendo i paesi in fasce di reddito, come propone il Fmi
Il dossier di WEF e PwC sull’introduzione di un prezzo della CO2 globale
(Rinnovabili.it) – Mettere un prezzo della CO2 globale conviene al clima e non fa (troppo) male al portafoglio. Sì, all’inizio l’impatto non sarebbe lieve ma il global carbon price si ripagherebbe da solo. E aiuterebbe ad accelerare il taglio delle emissioni, che deve procedere a ritmi 5 volte più alti di quelli di oggi se vogliamo tenere a portata di mano l’obiettivo di 1,5 gradi di riscaldamento globale.
Le ricadute sul clima sarebbero enormi. Istituire un prezzo della CO2 globale potrebbe ridurre le emissioni mondiali del 12,3%, calcola un dossier preparato dal World Economic Forum e da PwC. Quello che finora frena l’adozione di uno strumento del genere sono le ricadute sull’economia e l’impatto più pesante che potrebbe avere su alcuni paesi. Ma su questi fronti arrivano buone notizie.
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Secondo il rapporto, un prezzo internazionale del carbonio potrebbe costare fino all’1% del pil globale se i proventi sono reimmessi in circolo in modo da beneficiare soprattutto le famiglie. Questa somma, però, sarebbe presto compensata dalla riduzione delle perdite economiche dovute al riscaldamento globale: aumento del livello del mare, perdite di produttività del lavoro e dell’agricoltura, e danni alla salute umana.
Ma c’è di più: un prezzo della CO2 globale aiuterebbe a realizzare una transizione più giusta. In molti paesi il guadagno si aggirerebbe intorno al 3% del pil nazionale, risorse che se incanalate verso i più vulnerabili permettono di evitare un boom di diseguaglianze.
Risultati, questi, che sono validi – seppur con minime variazioni – in tutti gli scenari analizzati nel rapporto. Che parte da una proposta del Fmi, un prezzo della CO2 globale che nel 2030 arrivi a 75$ per i paesi avanzati, 50$ per quelli a medio reddito e 25$ per i paesi a basso reddito, e valuta l’impatto al variare del numero dei settori coperti dal carbon price e dalla varietà di gas serra inclusi nel meccanismo. In tutti i casi, peraltro, il carbon leaking – la delocalizzazione della produzione là dove il prezzo è più basso – sarebbe molto contenuto.
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“Questo potrebbe essere fatto senza gravi danni economici ai mezzi di sussistenza e agli affari, anche se gli effetti sarebbero un po’ disomogenei in tutto il mondo. I costi del non agire per la società e il business sono molto più grandi”, commenta Bob Moritz di PwC. (lm)