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Perdita di natura, il G20 deve fare di più per valutarne il rischio finanziario

Un rapporto del Financial Stability Board (FSB), l’organo di vigilanza finanziaria del G20, fa il punto sulle attività dei regolatori nazionali sull’integrazione dei rischi connessi con il degrado degli ecosistemi, la deforestazione e la perdita di biodiversità

Perdita di natura: il rischio finanziario nel G20
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L’aspetto più critico è individuare indicatori efficaci per il rischio legato alla perdita di natura

Il G20 non sta facendo abbastanza sul rischio finanziario legato alla perdita di natura, cioè a fenomeni come il degrado degli ecosistemi, la deforestazione e la perdita di biodiversità. Sono pochi i regolatori nazionali che se ne stanno occupando in modo sistematico, e anche chi ha fatto più progressi deve fare i conti con molti problemi dovuti alla difficile reperibilità dei dati e all’elaborazione di modelli previsionali affidabili. Lo sottolinea un rapporto del Financial Stability Board (FSB), l’organo di vigilanza finanziaria del G20.  

Perdita di natura, come valutarne il rischio finanziario?

A livello globale, l’inclusione della perdita di natura tra i rischi finanziari sta muovendo i primi passi in questi anni. Il panorama delle iniziative, quindi, è frammentato e poco coerente. Spesso le linee guida fornite dagli organi di vigilanza finanziaria, quando esistono, trattano i rischi legati alla perdita di natura sulla falsariga dei rischi climatici, ovvero includendoli in questi ultimi. In più, le linee guida specifiche sui rischi legati alla natura sono spesso meno dettagliate rispetto ai rischi legati al clima.

L’approccio usato, perlopiù, ricalca quello impiegato per i rischi climatici anche sotto altri aspetti. Le autorità finanziarie che stanno analizzando la questione classificano i rischi legati alla natura negli stessi due tipi di rischi tipicamente utilizzati nell’analisi dei rischi finanziari legati al clima: rischi fisici e rischi di transizione. Ma con una differenza importante. È molto più complesso reperire i dati, e soprattutto comprendere quali sono quelli rilevanti.

“Le attività economiche si basano su una moltitudine di servizi ecosistemici e gli ecosistemi sono altamente complessi e imprevedibili, con molteplici interazioni tra i vari processi e organismi naturali”, nota il rapporto. “Questa multidimensionalità implica che non esiste un unico indicatore aggregato per caratterizzare i fattori o gli effetti della perdita della natura, nel modo in cui le emissioni di gas serra o l’aumento della temperatura possono essere utilizzati come statistica sintetica per il cambiamento climatico”.

La priorità, ora, è tradurre meglio le stime delle esposizioni finanziarie in misure di rischio. Le autorità riconoscono le forti connessioni tra rischio climatico e natura, sottolinea il rapporto, e che è necessario fare di più per sviluppare un approccio più olistico che consideri le interdipendenze tra i rischi finanziari legati al clima e alla natura.

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