Presidente Nicolais, quale ruolo avrà la ricerca scientifica nello sviluppo della green economy nazionale?
Luigi Nicolais: Sicuramente chiave e dirimente. È impensabile immaginare il decollo di un’economia fortemente basata sull’uso di tecnologie avanzate ad alto contenuto di conoscenza senza il coinvolgimento diretto dei centri di ricerca. L’esperienza del CNR in questo ambito è molto positiva. Ci sono numerosi progetti seguiti in stretta collaborazione con il mondo imprenditoriale. Tra i tanti ricordo quelli sulla geotermia, sul solare fotovoltaico di nuova generazione, sulle celle a combustibile, sulle biomasse, sul solar cooling, sull’accumulo dell’energia (fondamentale per lo sviluppo delle rinnovabili) oltre ai progetti sulla mobilità sostenibile terrestre e marina, fortemente correlati ai temi dello sviluppo energetico-ambientale.
Parliamo del suo concetto, dichiarato in una precedente intervista, di “innovazione” nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Secondo lei nella PA serve “un cambiamento di mentalità” ed il motore di questa trasformazione è l’ITC. Cosa intende esattamente?
L. N.: L’innovazione amministrativa che fino ad oggi ho visto è stata di tipo sostitutivo, non ha interessato la reingegnerizzazione e la riprogettazione dei procedimenti e delle organizzazioni. In sostanza si è continuato a pensare, fare e operare sostituendo le macchine da scrivere con i computer, a operare per compartimenti stagno e in modo sequenziale, senza sfruttare l’interoperabilità e le numerose potenzialità che possono derivare dalla digitalizzazione. La stessa attività di dematerializzazione o paperless tanto richiamata, di fatto se non è espressione di una visione sistemica che ripensa e riprogetta flusso e gestione dei contenuti e delle procedure non porterà i benefici auspicati.
Sembra che un ruolo centrale, nell’attuale crisi economica mondiale, sia stato svolto dalle scelte energetiche dei singoli Paesi con i relativi costi ambientali ed economici. Come vede il CNR, principale Ente scientifico nazionale, il lento ma inesorabile passaggio da un’economia basata sul fossile a quella low carbon? Quanto potremo spingerci in questa direzione e con quali risultati?
L. N.:La rivoluzione energetica è l’imminente e obbligato passaggio per tutti i Paesi. La comunità europea, nell’ultimo programma quadro “Horizon 2020” ha fatto dell’ “energia da fonti sicure, pulita ed efficiente” uno dei temi portanti su cui far convergere l’impegno e le competenze di tutte le comunità scientifiche degli stati membri. Nel settore delle rinnovabili la ricerca italiana è molto avanzata e strutturata. Il CNR, poi, è partner di progetti internazionali pluriennali anche nel campo dell’energia nucleare, come con il progetto ITER, il cui obiettivo è produrre energia da fusione molto più sicura e pulita rispetto a quella da fissione. Anche nel caso dell’energia occorre fare il salto di qualità e passare da un mero utilizzo sostitutivo a quello di creare e progettare sin dall’inizio ogni attività su, per e con le nuove fonti energetiche, aiutati in questo anche dalle particolari caratteristiche geomorfologiche dell’Italia.
Il sostegno alla sostenibilità in campo agricolo e nell’industria agroalimentare del bacino del Mediterraneo è stata la principale finalità dell’Accordo quadro recentemente firmato dal CNR e da altri soggetti scientifici. Quali sono gli obiettivi concreti di quest’operazione e quanto potranno incidere sulle future politiche nazionali?
L. N.: L’ambizione è favorire la diffusione di un’agricoltura e di un’industria agroalimentare sostenibili costruita su un uso di conoscenze scientifiche avanzate che valorizzino le colture autoctone del bacino del Mediterraneo. Sono previste, oltre ad attività di ricerca, iniziative di formazione e di divulgazione, l’organizzazione di iniziative didattiche e di disseminazione scientifica e tecnologica, per una più ampia diffusione della cultura della ricerca nei settori dell’agricoltura e alimentazione, della gestione del suolo e delle risorse idriche, delle colture frutticole tipiche e dello sviluppo rurale. Auspichiamo che il nostro lavoro, ma soprattutto i risultati, possano suscitare l’attenzione della politica e ne orientino le future scelte.
Il Consiglio nazionale delle Ricerche è diventato partner scientifico di Padiglione Italia Expo 2015 con il ruolo della verifica e validazione dei contenuti scientifici delle attività proposte. Crede che l’evento internazionale sia davvero una grande opportunità per l’Italia o, come affermano alcuni, un possibile flop di immagine del nostro paese?
L. N.:Sono, come ogni ricercatore, abituato a pensare in termini positivi. E nonostante quanto emerso negli ultimi giorni sono convinto che Expo 2015 continui a rappresentare una grande opportunità per il nostro Paese, che storicamente vanta un credito mondiale nel campo dell’alimentazione. Non dobbiamo sprecare questa occasione. Attraverso il cibo, e la scienza e la tecnologia applicate al tema dell’alimentazione, avremo l’opportunità di ipotizzare e lanciare percorsi di sviluppo e di buon governo dell’ambiente, dell’energia, delle produzioni. E’ questa la sfida che come CNR abbiamo raccolto e che intendiamo vincere.
Recentemente il CNR si è occupato anche di sistemi di raccolta e riciclo di materiali siglando un accordo di collaborazione con il CONAI. Quali sono, dal suo punto di vista, le potenzialità di questo settore in Italia?
L. N.:Notevoli. Intervenendo sui sistemi di raccolta e riciclo si è costretti a ripensare e riprogrammare l’intera filiera produttiva. Il CNR svilupperà insieme al CONAI soluzioni innovative nel campo degli imballaggi favorendo il miglioramento dei processi di lavorazione e di riciclo dei materiali usati non esclusivamente per generare nuova energia ma anche per generare e adottare nuove tipologie di materiali, maggiormente biocompatibili, dal ciclo di vita più ampio e caratterizzati da un basso impatto ambientale. Sono stati già avviati due progetti. Il primo riguarda il riciclo di scarti eterogenei e “multimateriale” post-consumo e utilizza gli scarti come fonte per nuovi compositi, completamente riciclati. Il secondo, invece, riguarda lo studio e lo sviluppo di un processo di riciclo meccanico per miscele eterogenee di plastiche che renda compatibili polimeri differenti e generi nuovi materiali in alternativa al recupero energetico.
Infine Presidente, è sempre più discusso, nel nostro Paese, il rapporto tra ricerca scientifica e comunicazione. In altri termini il ruolo che la scienza può avere nell’indicare nuovi valori, come quello del rispetto ambientale, e nuovi stili di vita. Quanto è importante, secondo lei, che i risultati scientifici arrivino, in modo comprensibile, ai cittadini?
L. N.:La nostra è una società dove la quantità di informazioni prodotte e circolanti non ha precedenti nella storia dell’umanità. In questo oceano di dati la corretta comunicazione scientifica svolge più ruoli: aiuta a orientarsi, smaschera i numerosi messaggi di non scienza, fuga le paure, ci fa crescere in consapevolezza, irrobustisce nuovi valori positivi. Indubbiamente anche la comunicazione scientifica è esposta a rischi e strumentalizzazioni. Diventa, se usata in modo scorretto, uno strumento per canalizzare interessi, risorse, attenzioni. O anche per rafforzare un’immagine distorta del ricercatore e dello scienziato distante dalla quotidianità. Proprio per questo è importante che ciascun ricercatore impari a comunicare bene i risultati del suo lavoro. Per farlo deve calibrare il linguaggio in funzione dei destinatari. In un caso, quando tra ricercatori, potrà avvalersi di grammatiche, codici linguistici e riferimenti propri della disciplina, negli altri casi, dovrà sforzarsi di utilizzare registri linguistici diversi, più ampi, che probabilmente riducono il livello di scientificità, ma conquistano maggiore comprensibilità e empatia con le persone. Una buona comunicazione aiuta la scienza a progredire tanto quanto gli studi e le scoperte, rendendola, ancor più di quanto già lo sia, patrimonio di tutti.