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Moda e sostenibilità, binomio possibile?

La moda è uno dei settori di punta dell’industria europea: diventare più sostenibile è indispensabile, anche perché è al quarto posto per impatto ambientale, al terzo per consumi di acqua e suolo e al quinto per uso di materie prime e per emissioni di gas serra. Obiettivi raggiunti e prossimi traguardi per piccole aziende e grandi gruppi internazionali

Moda sostenibilità
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(Rinnovabili.it) – Gruppi leader del mondo della moda – tra cui Fendi, OTB e LVMH Group – hanno deciso di puntare sull’eco-design per ridurre l’impatto ambientale dell’80% e diventare sempre più sostenibili.

Questi colossi del fashion si troveranno a Rimini dall’8 all’11 novembre a Ecomondo, il salone internazionale della green economy di Italian Exhibition Group. Qui faranno il punto sugli obiettivi raggiunti e sui traguardi ancora da conquistare per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, che ormai è una nota distintiva ricercata dai consumatori, in particolare nei prodotti di lusso.

Moda, grande valore e grande impatto ambientale

La moda è uno dei settori di punta dell’industria europea, a maggior ragione quindi puntare sulla sostenibilità è imprescindibile. Stando ai dati rilevati da Statista – la data base company americana specializzata in report di business intelligence – nel 2022 il settore dell’abbigliamento in Europa ha raggiunto il valore di 397 miliardi di dollari.

Per quanto riguarda l’Italia, i dati sono rilevanti. Per quest’anno il valore raggiunto è di 49,25 miliardi di dollari, ma per il 2023 Statista stima una crescita del 18,5%.

Fin qui i dati sono entusiasmanti e positivi, ma c’è anche un rovescio della medaglia: l’industria della moda è al quarto posto per impatto ambientale, al terzo per consumi di acqua e suolo e al quinto per uso di materie prime e per emissioni di gas serra.

Particolarmente pesante l’impatto della moda sull’acqua, perché non riguarda solo i consumi ma anche la contaminazione delle risorse idriche.

La produzione tessile è responsabile di circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile a causa dei vari processi a cui sono sottoposti i prodotti; il lavaggio di capi sintetici è addirittura più impattante, dato che determina il 35% di microplastiche primarie rilasciate nell’ambiente.

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Il percorso delle grandi aziende verso la sostenibilità

Le grandi aziende si sono avviate da tempo nel percorso verso una maggiore sostenibilità.

Ad esempio, da 30 anni il dipartimento Ambiente di LVMH sostiene le maison del Gruppo per ridurre il più possibile il loro impatto ambientale.

Il programma LIFE 360 si articola in quattro aree: salvaguardia della biodiversità, economia circolare, trasparenza e lotta contro il cambiamento climatico.

Gli obiettivi di LVMH in materia climatica sono ambiziosi: ridurre del 50% le emissioni di CO2 e raggiungere la fornitura di energia al 100% rinnovabile o a basse emissioni di carbonio per le boutique e i siti del Gruppo entro il 2026.

Inoltre ha lanciato una campagna per sensibilizzare i collaboratori ad adottare comportamenti sostenibili sia in casa che al lavoro.

Fendi ha sviluppato una strategia globale per ridurre l’impatto della produzione: materiali selezionati, processi di produzione senza prodotti chimici inquinanti, packaging sostenibili e garanzia di durata dei prodotti. Un alto artigianato che osserva i più alti standard etici, sociali e ambientali.

OTB raggruppa una serie di grandi marchi della moda che condividono la stessa visione e il medesimo impegno verso la comunità.

Il modello imprenditoriale di OTB ritiene che le aziende debbano contribuire allo sviluppo sostenibile economico e sociale.

In questa ottica ha lanciato la strategia di sostenibilità Be responsible. Be brave e ha presentato il primo report di sostenibilità che riunisce progetti e iniziative che costituiscono la base di partenza da seguire per i prossimi anni.

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Piccole realtà con la sostenibilità nel DNA

Nel mondo della moda esistono anche piccole realtà che hanno la sostenibilità nel DNA. È il caso del Progetto Quid di Anna Fiscale: realizza le proprie linee recuperando le eccedenze di tessuti di aziende della moda e del settore tessile e promuove iniziative per aiutare l‘inserimento lavorativo di soggetti a rischio di emarginazione.

Il progetto di Anna Fiscale sottolinea che la sostenibilità passa anche dal fattore umano e può trasformare la fragilità in un valore.

Tuttavia la sostenibilità non può essere lasciata alle sole aziende, ma necessita di interventi istituzionali. Infatti la Commissione Europea sta mettendo a punto un pacchetto di iniziative da realizzare entro il 2030 per rendere il settore tessile più sostenibile e più competitivo.