La lana è un materiale naturale, rinnovabile, termoisolante, traspirante, idrorepellente, resistente. Eppure, nonostante le sue molte virtù, dal secondo dopoguerra ha conosciuto un inesorabile declino. Oggi consorzi e associazioni stanno riportando in auge questa preziosa materia prima
di Isabella Ceccarini
C’era una volta la lana. È una delle materie prime più antiche. Una volta chi viveva in campagna con la lana faceva di tutto – non solo coprirsi, ma anche costruire capanne – perché era l’unico materiale disponibile.
La lana è completamente naturale (è prodotta naturalmente dalle pecore), rinnovabile (il pelo tagliato ricresce all’infinito), termoisolante, traspirante, idrorepellente, resistente. Eppure nel secondo dopoguerra è iniziato il suo lento declino.
Smaltirla è un problema e un costo
Dagli anni Settanta la moda ha cominciato a imporre il cachemire e la lana merino: la preferenza va alla lana più “raffinata”, quella grezza non ha mercato.
Dagli anni Novanta ha iniziato la sua ascesa la microfibra (per capirsi, quella che oggi sappiamo che è inquinante e che a ogni lavaggio rilascia miliardi di minuscole particelle, le microplastiche), economica e dilagante.
La lana, che un tempo era considerata più preziosa del formaggio e oggi nessuno compra, è diventata una zavorra che affonda le aziende zootecniche.
Fino a qualche decennio fa, con la lana meno pregiata (come quella degli animali da carne o da latte) si facevano i materassi, come sicuramente ricordano le persone anziane.
Messi con le spalle al muro, gli allevatori hanno preferito puntare sul latte per garantirsi un reddito.
Tuttavia la lana continua a essere un problema, poiché gli scarti della tosatura rientrano nei rifiuti speciali e vanno conferiti agli appositi impianti di smaltimento: un costo per gli allevatori e un costo per l’ambiente in termini di emissioni di CO2.
La filiera della lana
Come funziona la filiera della lana? Si parte dalla tosatura (a mano o meccanica), a cui segue la cernita (si seleziona la lana).
A questo punto si passa al lavaggio (nell’acqua sporca si deposita la lanolina, sostanza grassa dalle proprietà idratanti, emollienti e cicatrizzanti impiegata per usi cosmetici o farmaceutici) e all’asciugatura con aria calda. Battitura e apertura servono a eliminare le impurità dai fiocchi di lana e a renderli più soffici.
Dopo la cardatura e la pettinatura, le fibre tessili sono pronte per la stiratura; questo è il momento della filatura e della torcitura (la fibra viene torta per renderla più resistente), infine con la roccatura il filato è riavvolto nella rocca.
Una curiosità: la lana lavata prima della tosatura si chiama lana saltata. Era un’usanza dei pastori abruzzesi, che facevano saltare le pecore nei fiumi per rimuovere grasso e impurità dal vello.
Un altro possibile impiego attuale per la lana è nella bioedilizia: infatti è un materiale sostenibile, ideale per pannelli isolanti, sia termici che fonoassorbenti.
Qualcuno la usa per la pacciamatura (la copertura che protegge il terreno agricolo dagli sbalzi di temperatura e lo mantiene umido).
Biella Wool Company valorizza e promuove le lane europee
Negli ultimi anni, tuttavia, si sta muovendo qualcosa. Nei consumatori sta crescendo l’attenzione alla qualità e alla sostenibilità dei prodotti. Materia prima naturale, minore impatto ambientale, tracciabilità.
Un bell’esempio è quello di Biella Wool Company, un consorzio non profit creato nel 2008 da esperti del settore tessile con l’obiettivo di valorizzare e promuovere le lane europee.
Biella Wool Company trasforma anche piccoli lotti di lana sucida (cioè non lavata) in semi-manufatti o in prodotti finiti garantendo il rispetto dell’ambiente e dei diritti umani.
In pratica, Biella Wool Company segue gli allevatori dalla pecora al prodotto finito all’interno del sistema tessile biellese, garanzia di eccellenza dei manufatti lanieri.
Al netto delle spese di gestione, tutti i proventi vanno agli allevatori con un triplice vantaggio: si garantisce loro un reddito, si evitano le spese di smaltimento e soprattutto la tentazione di abbandonare le tosature sui campi o nei fiumi.
L’economia circolare di Bollait
Nel 2016 è nato Bollait (gente della lana in mòcheno, la lingua di una piccola comunità locale), un comitato di donne nato in Trentino che vuole ricostruire la filiera corta della lana locale.
L’idea di Bollait è di trasformare quello che oggi è un rifiuto speciale in prodotti che ne valorizzino le qualità: in pratica una forma di economia circolare.
I prodotti con il marchio Bollait sono tracciati e realizzati con lana di pecora 100% naturale che proviene dalla tosatura delle pecore che pascolano nel territorio del Lagorai, catena montuosa del Trentino orientale dalla natura incontaminata.
Bollait produce trapunte, coperte, guanciali e filati, oltre a maglieria e altri oggetti confezionati dagli artigiani locali usando tinture naturali.
Tra i tanti pregi della lana, quella che proviene dai piccoli allevamenti è un tessuto etico, nel senso che i pastori vivono con le pecore, la tosatura è fatta per il benessere animale: da pecore sane vengono prodotti sani. Inoltre tutti gli attori della filiera sono retribuiti equamente e trattati con rispetto.
Fuori dal gregge
L’Associazione Amici della Lana la raccontano partendo da quella appena tosata dalle pecore per arrivare al prodotto finito e promuove visite di archeologia industriale all’interno dell’ex-cotonificio Poma a Miagliano (in provincia di Biella).
L’idea di Amici della Lana è quella di far rivivere la vecchia fabbrica con nuove attività artistiche e culturali.
La lana è una materia viva: Amici della Lana le danno perfino la parola nello spettacolo di marionette Parole di lana.
Decisamente particolare è la mostra permanente Fuori dal gregge che fa conoscere 12 razze ovine che l’uomo alleva da secoli e appartengono a territori, altitudini, ambienti e climi diversi.
Gli impieghi cambiano a seconda del tipo di lana – maglioni, trapunte, imbottiture, tappeti – ma tutte sono accomunate dall’essere ecologiche, sostenibili e naturali.