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A che punto sono le imprese italiane rispetto alla sostenibilità?

Nel corso dell’EY Sustainability Summit è stato fornito il quadro delle azioni e delle strategie delle imprese italiane sulla sostenibilità

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Foto di analogicus da Pixabay

Il report EY Seize the Change – Futuri Sostenibili

Durante EY Sustainability Summit è stato fornito un quadro dello stato attuale degli impegni delle imprese rispetto alla sostenibilità. Il report EY Seize the Change – Futuri Sostenibili, mostra che gran parte delle aziende italiane ha già definito il proprio piano industriale. Il documento è frutto di dati raccolti negli ultimi cinque anni e consegna dati sui quali riflettere per far interagire il mondo del business con gli obiettivi europei e mondiali sul tema. L’industria e l’imprenditoria italiane guardano alla sostenibilità, introducendo nelle proprie strategie una serie di azioni volte a portare riduzioni significative delle emissioni di CO2. Di importanza strategica il ruolo delle grandi aziende: sono loro che, con il proprio impegno virtuoso, possono fornire un valido esempio da seguire.

A guidare il percorso verso la sostenibilità delle imprese restano gli obiettivi del 2030 e del 2050 per quanto riguarda energia e sostenibilità. I goal europei e mondiali sono stati il traino di molti dei cambiamenti avvenuti negli ultimi anni. La loro azione è tuttavia stata indebolita dall’incertezza e dalla discontinuità degli ultimi anni e dello scenario internazionale.
Il report EY Seize the Change – Futuri Sostenibili mostra che il 44% delle imprese intervistate ha un piano di sostenibilità e obiettivi quantitativi e temporali. Il 79% delle aziende coinvolte, inoltre, ha adottato un piano industriale che comprende azioni significative in grado di portare considerevoli riduzioni di emissioni di CO2.

Le priorità strategiche per il mondo del business

La sostenibilità si è affermata come priorità per le imprese, non si tratta più di un “nice to have” funzionale al branding o di una checklist funzionale a mero greenwashing. Il mondo del business sembra aver assunto che comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale possono essere una leva per essere più competitivi sul medio e lungo periodo.

Le aziende che si sono dotate di un modello di business sostenibile sono infatti quelle che stanno accrescendo il proprio valore e ne stanno avendo riscontri anche sul livello finanziario. Se la risposta sul lungo sembra incoraggiante, vanno invece impostate una serie di riflessioni per gli effetti a breve termine. La pandemia aveva già messo a dura prova gli obiettivi e le strategie messe in atto per raggiungerli, adesso che sembrava che tutto stesse finendo è arrivato un ulteriore ostacolo. La crisi legata al conflitto in Ucraina ha generato ulteriori problemi, con l’aumento dei prezzi dell’energia e le sopraggiunte difficoltà nell’approvvigionamento di materie prime.

Si tratta di ostacoli rilevanti perché, a detta degli intervistati, i piani elaborati per la transizione ecologica richiedono sforzi e investimenti non di poco conto. Primo fra tutti, quello dell’adeguamento tecnologico necessario a trasformare le attività delle imprese riducendone l’impatto ambientale.

I manager e le manager intervistati hanno individuato una possibile soluzione: un approccio globale, basato sulla collaborazione tra tutti i settori. Indispensabile però è il piano politico di intervento, per il quale servono politiche e investimenti – sia pubblici sia privati – per stimolare la ricerca le start up innovative. Per accelerare i processi le aziende hanno inoltre segnalato la necessità che le imprese più grandi assumano il ruolo di guida con un approccio volto alla sostenibilità.

I nuovi modelli di business e come costruirli

Molte delle aziende intervistate hanno già operato modifiche ai propri modelli di business, ma denunciano un’altra mancanza. Ciò di cui hanno segnalato la necessità è proprio un cambiamento profondo di atteggiamento e priorità, prima ancora che di approccio economico. Serve una trasformazione innanzitutto culturale, un cambio di mentalità collettivo. Si tratta di un processo che può essere costruito soltanto gradualmente, definendo una road map precisa e lungimirante.

Per costruirla il report individua tre fattori chiave.
1) Che la leadership adotti un impegno concreto in questo cambiamento, affinché riesca anche a infondere fiducia.
2) Che tutte le risorse aziendali, a tutti i livelli, siano adeguatamente preparate.
3) Investimenti in tecnologia, sia in termini funzionali alla trasformazione sia come strumento utile a misurare in termini quantitativi il percorso delle imprese verso la sostenibilità.

Il settore energetico ha un ruolo guida

Leader di questo processo può e deve essere – da quanto emerge dal report – il settore energetico. Gli obiettivi fissati a livello europeo e mondiale hanno determinato un’accelerazione che però sta subendo i contraccolpi del complicato scenario internazionale. La priorità è al momento quella della riduzione della dipendenza energetica dalla Russia e, più in generale, dalle fonti fossili. Per favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili le imprese sollecitano però uno sblocco del quadro normativo, che al momento risulta troppo vincolante, al punto da frenare gli investimenti in questa direzione.

Gli intervistati e le intervistate hanno infatti denunciato come al momento l’idea di svincolarsi dalle energie di provenienza fossile appaia complesso e costoso, e sollecitato una produzione temporanea di gas e petrolio in maniera sostenibile. Una delle strategie individuate è un processo interno di analisi della propria carbon footprint. Guardare infatti alla produzione di emissioni lungo tutta la propria catena di valore può fornire strumenti per l’elaborazione strategica di percorsi alternativi. Tra le soluzioni proposte, la revisione della catena di fornitura a km0 e l’autoproduzione energetica. Il precipitoso sviluppo tecnologico degli ultimi anni ci ha infatti reso in grado di favorire la produzione di energia fotovoltaica a livello condominiale.

Altro fattore determinante deve essere la crescita dell’attenzione al consumo sostenibile e alla riduzione degli sprechi. L’efficientamento può essere favorito dalle tecnologie di ultima generazione, come Machine Learning e Intelligenza Artificiale. Utilizzando tali supporti, infatti, si potranno sviluppare modelli previsionali sulla produzione e ottimizzare la distribuzione.

La scarsità di materie prime si risolve con l’economia circolare

Il già citato contesto internazionale, gli effetti della pandemia, l’inflazione e la situazione geopolitica hanno un importante ruolo in questa fase storica. Secondo le imprese coinvolte essi hanno infatti determinato una “sostenibilità indotta”. In un quadro di carenza di materie prime e di energia, una serie di bisogni primari, anche di chi prima percorreva questa strada in maniera più convinta, tornano a far sentire il proprio peso.

La strada da percorrere, secondo le aziende, è l’economia circolare. Occorre interrompere la catena di dipendenza dalle materie prime primarie in favore delle materie prime seconde. L’auspicio è quello di sviluppare materiali quanto più sostenibili, come i monomateriali, e facilmente riciclabili. L’ecodesign è centrale, e deve mettere in campo un percorso che coinvolga i processi e la filiera nel complesso. La richiesta è una forte spinta sui prodotti: riciclare un prodotto deve significare mantenerne, se non migliorarne, le performance.

Anche in questo caso, però, occorre superare una serie di limiti burocratici che penalizzano le aziende nei processi di trasformazione dei rifiuti e degli scarti, modificando le legislazioni di riferimento. La richiesta corale resta, dunque, quella di una nuova e definitiva legislazione in materia di economia circolare.