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Il 44% dei fondi d’investimento UE fa greenwashing finanziario

Greenwashing finanziario: a rischio il 44% dei fondi investimento UE
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Il 17% dei fondi d’investimento UE “sostenibili” è troppo legato al carbone

Le nuove regole dell’ESMA contro il greenwashing finanziario mettono in difficoltà più del 40% dei fondi d’investimento europei. È l’effetto delle nuove linee guida pubblicate il 14 maggio dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati per dare più trasparenza alla finanza sostenibile. Per i gestori di 4 fondi su 10 l’alternativa è cambiare la denominazione dei loro prodotti, oppure disinvestire dalle attività che li rendono insostenibili.

Che cosa ha stabilito l’ESMA per contrastare il greenwashing finanziario?

Dopo due anni di consultazione pubblica, il documento con le linee guida definitive contro il greenwashing finanziario stabilisce che qualsiasi fondo d’investimento che utilizzi nella propria denominazione termini legati alla sostenibilità o all’impatto in chiave ESG debba rispettare alcuni requisiti.

Le regole variano a seconda dei termini usati, ma in linea di massima tutti i fondi sono tenuti a

I PaB sono una serie di criteri che, congiuntamente, individuano quegli strumenti finanziari che sono allineati con una transizione a basso contenuto di carbonio e permettono di rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Oltre alle attività connesse ad armi controverse e tabacco, i PaB escludono dal novero della finanza sostenibile tutti quei prodotti che generano più del 10% dei ricavi da produzione o raffinazione di petrolio, più del 50% dalla produzione di gas fossile, o più dell’1% da quella di carbone, o ancora più della metà dei ricavi da attività di generazione elettrica con un’intensità emissiva superiore ai 100 gCO2/kWh.

Il 44% dei fondi UE è a rischio greenwashing

I criteri delle linee guida non sarebbero rispettati da almeno il 44% dei fondi d’investimento europei. Lo ha calcolato un rapporto di Clarity AI che passa al vaglio i nuovi criteri introdotti dall’ESMA e cerca di stabilire il vero perimetro dei fondi d’investimento che potrebbero essere toccati direttamente.

L’Autorità, infatti, ha presentato dei criteri generali e fornito una lista – non esaustiva – dei termini legati a sostenibilità e ESG ad essi collegati. Ma altri termini potrebbero finire sotto la scure dell’ESMA. Clarity AI ha quindi fatto una ricerca inversa, partendo dai termini più usati di frequente nelle denominazioni dei fondi e selezionando quelli che potrebbero ricadere nell’area semantica della sostenibilità come water, carbon, biodiversity, planet, Paris-aligned, clean, circular. La lista delle parole aggiuntive è ristretta e solo in lingua inglese, dando quindi una stima probabilmente conservativa dei fondi d’investimento realmente a rischio greenwashing.

“Sfruttando l’universo di oltre 430.000 fondi a livello globale di Clarity AI, abbiamo trovato 3.256 fondi domiciliati nell’UE che hanno termini legati all’ambiente e all’impatto nei loro nomi in inglese”, spiega il rapporto, e “quasi la metà (44%) contiene investimenti in società che non rispettano i criteri del Paris Aligned Benchmark”. Per quasi un terzo dei fondi (il 28%), il rapporto riscontra un’esposizione a più società che violano i criteri di esclusione PaB.

I PaB più frequentemente infranti sono quelli sulla soglia del 10% dei ricavi dal petrolio, che tocca oltre 1.000 fondi d’investimento. Il limite del 50% dei ricavi dal gas mette in difficoltà 875 strumenti che hanno una denominazione legata alla sostenibilità e all’ESG. Mentre ben 574 fondi – più del 17% – hanno in pancia attività che sforano i requisiti sul carbone. Una percentuale di poco più bassa investe in attività legate ad armi controverse.

I nuovi criteri contro il greenwashing finanziario entreranno formalmente in vigore tre mesi dopo la pubblicazione da parte dell’ESMA, ovvero a metà agosto. Gli operatori finanziari avranno poi 6 mesi di tempo per adeguarsi.

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