Il summit del G20 di Rio potrebbe riaccendere la speranza per un buon accordo alla Cop29 di Baku sul dossier della finanza per il clima. Il vertice Onu in Azerbaijan si sta incagliando. Dopo la prima settimana di negoziati a Baku, i progressi sono quasi assenti. Con Nord e Sud globali che non ammorbidiscono le loro posizioni. Ma i leader politici al G20 di Rio avrebbero in cantiere un accordo che tocca uno dei punti più controversi del negoziato di Baku sulla finanza climatica.
“Carneficina economica” se il G20 non sblocca la finanza climatica
Da Baku, l’Onu ha già puntato i riflettori sul G20 di Rio. I paesi che si riuniscono il 18 e 19 novembre in Brasile rappresentano l’85% dell’economia mondiale e circa l’80% delle emissioni di gas serra. In altre parole, sono i paesi che hanno più mezzi per agire sulla principale causa della crisi climatica, di cui loro sono i maggiori responsabili. E sono anche tra i paesi che hanno più da perdere, ricordano le Nazioni Unite.
“Gli impatti climatici stanno già facendo a pezzi ogni economia del G20, distruggendo vite, colpendo duramente le catene di fornitura e i prezzi dei prodotti alimentari e alimentando l’inflazione”, ha detto Simon Stiell, il funzionario Onu che guida l’azione per il clima. “Un’azione climatica più audace è un’autoconservazione basilare per ogni economia del G20. Senza rapidi tagli alle emissioni, nessuna economia del G20 sarà risparmiata dalla carneficina economica causata dal clima”,
Passi avanti al G20 Rio sulla finanza per il clima?
Secondo una bozza preliminare del comunicato conclusivo del vertice, vista da Reuters, i leader del G20 “hanno concordato un testo che menziona i contributi volontari delle nazioni in via di sviluppo al finanziamento del clima, senza però definirli obblighi”. Perché è così importante?
Quel che succede a Rio non resta a Rio
Primo: quello che decidono i premier e i presidenti al G20 sarà rispettato dai loro ministri alla Cop29. Un input politico forte è esattamente ciò che di solito permette ai negoziati sul clima di superare le divergenze, anche quelle più radicate.
In molte occasioni, ciò è successo con un accordo tra Stati Uniti e Cina, i massimi inquinatori mondiali. Questa volta potrebbe accadere attraverso il benestare del G20, che riunisce paesi schierati su fronti opposti a Baku.
Promettere più di 1.300 mld $ l’anno
Secondo: il compromesso del G20 permetterebbe cifre più alte per la finanza climatica alla Cop29. Finora, le bozze dell’accordo sul quadro della finanza per il clima post 2025 riportano tutte le opzioni in ballo. Con poco spazio per una mediazione efficace.
I paesi più ricchi non indicano una cifra annuale da mobilitare perché vogliono espandere la platea dei contributori. I paesi in via di sviluppo non vogliono l’espansione e chiedono cifre chiare, con sotto-obiettivi specifici, e un buon equilibrio tra prestiti e sovvenzioni, risorse per la mitigazione e per l’adattamento (e per i loss & damage).
La formula del G20 Rio per la finanza per il clima espande la platea, ma non obbliga nessun altro paese a contribuire al di là di quelli più ricchi (cioè i paesi sviluppati indicati dall’Annex 1 della Convenzione quadro Onu per combattere il cambiamento climatico). Riconosce più da vicino i capisaldi dell’art.9 dell’Accordo di Parigi, da cui dipende la parte sulla finanza climatica.
Di conseguenza, si può fissare un target numerico annuale, e lo si può fissare più alto delle cifre che vengono citate ora (1.000/1.300 mld $) contando sull’apporto di altri paesi.
Il fabbisogno di finanza climatica secondo l’Onu
Queste cifre rappresentano l’ordine di grandezza su cui si deve calibrare il nuovo obiettivo di finanza climatica post 2025, noto come Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato o NCQG. Il NCQG deve essere deciso alla Cop29 e rimpiazzerà il target attuale di 100 miliardi di dollari l’anno da raggiungere entro il 2020 e fino al 2025.
Lo ha confermato il terzo rapporto dell’Independent High-Level Expert Group on Climate Finance (IHLEG) dell’Onu, un gruppo di lavoro composto da tecnici e lanciato nel 2021 alla Cop26 di Glasgow che ha il compito di fare il punto sul fabbisogno di finanza climatica, a livello mondiale e secondo i diversi destinatari e ambiti.
Cosa dice il rapporto, pubblicato all’inizio della Cop29 di Baku? La finanza climatica da mobilitare ogni anno per i paesi in via di sviluppo e più poveri ammonta a 1.000 mld $ entro il 2030 e 1.300 mld $ entro il 2035.
Nel dettaglio, le cifre menzionate nel rapporto Onu per il 2030 includono:
- fabbisogno di investimenti globale previsto per l’azione per il clima: 6.300/6.700 mld $ l’anno entro il 2030;
- di questo totale, 2.700/2.800 mld $ per le economie avanzate, 1.300/1.400 mld $ per la Cina e 2.300/2.500 mld $ per gli altri paesi in via di sviluppo (Cina esclusa), di cui metà reperibili da risorse dei budget di questi paesi;
- i paesi in via di sviluppo rappresenteranno il 45% del fabbisogno di investimenti incrementali medi da ora al 2030, ma sono rimasti indietro, in particolare l’Africa subsahariana.
Per il 2035, le cifre menzionate dall’Onu sono:
- il fabbisogno di investimenti globali per l’azione per il clima sale a 7.000/8.100 mld $ l’anno;
- di questo totale, le economie avanzate necessitano di 2.600/3.100 mld $, la Cina di 1.300/1.500mld $ e i paesi restanti di 3.100/3.500 mld $.
Molto importante la composizione del fabbisogno di finanza climatica identificato dal rapporto. I circa 2.400 mld $ per i paesi in via di sviluppo esclusa la Cina entro il 2030 includono:
- 1.600 mld $ per la transizione verso l’energia pulita,
- 250 mld $ per l’adattamento e la resilienza,
- 250 mld $ per perdite e danni (loss & damage),
- 300 mld $ per il capitale naturale e l’agricoltura sostenibile,
- 40 mld $ per promuovere una transizione giusta.