Un’analisi delle 58 maggiori banche americane rivela che i finanziamenti alle multinazionali della carne, dei latticini e dei mangimi pesano solo per lo 0,25% del portafoglio di investimenti, ma generano circa l’11% delle emissioni finanziate
Il rapporto di Friends of the Earth e Profundo
(Rinnovabili.it) – Finanziare l’industria della carne fa mancare gli obiettivi sulle emissioni alle principali banche globali. Oltre a rafforzare un modello di allevamento intensivo completamente disallineato con 1,5°C. Lo sostiene un rapporto di Friends of the Earth e Profundo che analizza il portafoglio di investimenti dei principali istituti di credito degli Stati Uniti e il peso specifico dei finanziamenti all’agribusiness in termini di emissioni.
Tra gennaio 2016 e marzo 2023, le 58 maggiori banche americane hanno sborsato 134 miliardi di dollari in finanziamenti vari ad aziende che producono carne, latticini e mangimi. Ma è da appena 15 istituti che arriva il 97% del volume di investimenti. E i primi 3 in classifica, da soli, costituiscono ben più della metà – il 57% – di tutti i finanziamenti all’industria della carne: Bank of America (26,5 mld $), Citigroup (23,8 mld $) e JPMorgan Chase (23,8 mld $).
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Per queste banche, aprire il portafoglio in favore di multinazionali come ADM, Danone, JBS, Tyson, Cargill e Nestlé pesa relativamente poco sul totale della finanza mobilitata: appena lo 0,25%. Ma si tratta di investimenti ad altissima intensità di gas serra: da essi origina l’11% delle emissioni finanziate, una sproporzione di 44 volte. Per avere un metro di paragone, la sproporzione nel rapporto tra investimenti e emissioni finanziate, per queste 3 banche, nel settore dell’oil&gas è di “appena” 9 volte, e di 2-4 volte nel settore automotive.
Per questi tre istituti, scrivono gli autori, “la riduzione del sostegno alle aziende produttrici di carne, latticini e mangimi influenzerebbe una piccola parte dei portafogli di prestito, ma si tradurrebbe in riduzioni significative delle emissioni finanziate e consentirebbe di progredire verso i loro impegni climatici”. Impegni che, d’altro canto, sono già messi a rischio dalla pochissima trasparenza nel reporting climatico dei big dell’agribusiness. Spesso queste multinazionali sottovalutano o non rilasciano affatto i dati sulle loro emissioni Scope 3 – che generalmente pesano per il 90% delle emissioni totali.
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A livello globale, l’agricoltura animale e l’allevamento intensivo rappresentano l’11-19% delle emissioni mondiali. Cifra che cresce drasticamente se si aggiungono anche le emissioni che derivano dalla conversione dei terreni destinati poi a pascolo o produzione di mangimi. E mentre altri settori diminuiscono la loro impronta, l’agribusiness oppone molte resistenze. Già entro il 2030 solo le emissioni dell’allevamento globale potrebbero pesare per il 50% del budget di carbonio che ci resta per non sforare 1,5°C.