L’Azerbaijan annuncia uno strumento finanziario su base volontaria a cui contribuiranno paesi produttori di petrolio e gas e compagnie fossili. Le risorse saranno impiegate per sostenere progetti in campo energetico, industriale e agroalimentare per accelerare la transizione nei paesi in via di sviluppo
La finanza per la transizione climatica è il dossier centrale del prossimo vertice sul clima
Il 19 luglio l’Azerbaijan ha lanciato un fondo da 1 miliardo di dollari, provenienti da paesi produttori di gas e petrolio e da compagnie fossili, destinato alla finanza per la transizione climatica. Il paese che ospiterà la Cop29 a Baku quest’anno prova così a far passare – per vie traverse – il principio per cui i maggiori responsabili della crisi climatica devono contribuire di più. Ma il fondo è una soluzione di ripiego, scelta dal governo azero dopo il naufragio di una proposta più ambiziosa: una tassa globale sulla produzione di fonti fossili.
Cos’è e come funzionerà il fondo per la finanza della transizione climatica
Il veicolo finanziario annunciato dall’Azerbaijan – il cui nome ufficiale è Climate Finance Action Fund (CFAF) – avrà carattere puramente volontario. Al momento non esiste una lista di donatori, ma Baku fa sapere che punta a ottenere il contributo, su base annuale, di almeno 10 paesi produttori di fossili e di alcune major del gas e del petrolio. Lo stesso Azerbaijan, la cui economia si basa sul gas fossile, contribuirà al fondo. Il 90% dell’export del paese caucasico consiste in gas, che pesa per il 30-50% del pil nazionale.
Il fondo avrà sede a Baku e sarà amministrato da un consiglio di cui faranno parte rappresentanti dei donatori. I regolamenti interni sulle procedure decisionali per elargire quote del fondo e per garantire l’accesso alle risorse devono ancora essere ufficializzati. L’intenzione, spiega il governo azero, è però di dotarsi di uno strumento per la transizione climatica dei paesi in via di sviluppo. Le risorse saranno impiegate per azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica e per ricerca e sviluppo.
Più in dettaglio, il fondo supporterà progetti che permettano ai paesi meno economicamente sviluppati di aumentare la loro ambizione climatica. Fornirà garanzie finanziarie in diversi modi. Ad esempio, stipulando contratti off-take (accordi di lungo periodo tra produttore e acquirente in cui i beni sono venduti a un prezzo fisso concordato preventivamente) con produttori di energia rinnovabile di piccole e medie dimensioni. O attraverso garanzie di capitali per coprire eventuali perdite iniziali in progetti industriali verdi. Oltre al comparto energia e industria, un focus del fondo sarà il settore agroalimentare.
Inoltre, il 20% dei proventi degli investimenti effettuati alimenterà un particolare veicolo finanziario, la Rapid Response Funding Facility (2R2F), che garantirà prestiti agevolati e contributi a fondo perduto ai paesi colpiti da eventi estremi. Il resto dei profitti sarà reinvestito nel fondo generale.
Il nodo della finanza per il clima alla Cop29
L’iniziativa di Baku si inserisce nel filone principale delle discussioni che si terranno il prossimo novembre alla Cop29. Durante il vertice sul clima, il dossier della finanza per il clima sarà centrale. Il summit dovrà trovare un accordo sul quadro della finanza climatica post 2025, far ingranare finalmente il Fondo per le Perdite e i Danni, e provare a riscrivere le regole della finanza climatica a più di 30 anni dalla loro prima stesura.
Tutti punti spinosi. A partire da domande su cui, da 2 anni, i delegati non trovano un’intesa. Chi deve contribuire? Solo i paesi definiti “sviluppati” dagli accordi Unfccc dei primi anni ’90, o i paesi che oggi hanno economie sviluppate (e quindi anche la Cina e alcuni paesi produttori di fossili)? Chi è titolato a ricevere finanza per la transizione climatica, tutti i paesi in via di sviluppo o solo quelli particolarmente vulnerabili alla crisi climatica? E quale cifra deve essere mobilitata ogni anno per garantire una transizione più giusta? Il vecchio accordo fissava il tetto a 100 mld $ l’anno, ma le stime Onu dicono che sono necessari, oggi, qualcosa come 1.000 – 2.400 mld $.