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La finanza sostenibile è sempre più un miraggio: andiamo verso +3°C

Tra le 9.000 aziende rilevate dall’indice MSCI, il 57% non ha policy allineate con Parigi e solo il 10% è coerente con un global warming di 1,5°C

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Foto di Buffik da Pixabay

Il rapporto di MSCI Net Zero Tracker sulla finanza sostenibile

(Rinnovabili.it) – Le 9.000 aziende globali quotate in borsa e che attraggono più investimenti hanno delle politiche che ci portano verso un riscaldamento globale di almeno 3°C. Segnale di quanto sia complicato raddrizzare la barra della finanza sostenibile, anche là dove negli ultimi anni si è concentrata la pressione maggiore.

A scattare la fotografia è il rapporto quadrimestrale di MSCI Net Zero Tracker, che monitora le performance delle aziende comprese nell’indice MSCI, un indice di mercato azionario. Secondo la ricerca, la maggioranza di queste compagnie (57%) non ha delle politiche allineate con nessuno degli obiettivi sul riscaldamento globale concordate a livello globale.

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La parte restante (43%) ha invece dei piani coerenti con il mantenimento del riscaldamento globale sotto i 2°C. Ma le aziende davvero virtuose sono una esigua minoranza: appena il 10%, con policy che le mettono su una traiettoria di global warming inferiore agli 1,5°C stabiliti con l’accordo di Parigi.

La mappa geografica della finanza sostenibile non premia nessun continente. Ovunque si trovano aziende insostenibili. Discorso che vale anche se si analizza il dettaglio dei settori di riferimento: anche qui nessuno può dirsi realmente virtuoso. “Mentre i settori dell’energia, dei materiali e dei servizi pubblici rappresentano la maggior parte delle emissioni aziendali globali, ci sono alti emettitori in ogni settore”, si legge nel rapporto. “Anche in settori tipicamente a basse emissioni come quello sanitario, le emissioni di alcune aziende sono allineate a temperature troppo alte”.

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E la tendenza non sta migliorando, anzi. Il rimbalzo post Covid-19 è poco o per nulla verde. E così il budget di carbono a disposizione per queste aziende si sta consumando più in fretta di prima della pandemia. “Stimiamo che le società quotate bruceranno la loro quota del bilancio globale del carbonio per mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5°C entro novembre 2026”, continua il dossier. “Si tratta di cinque mesi in meno rispetto a maggio e riflette l’aumento delle emissioni mentre le economie si riprendono dalla pandemia”.