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La banca climatica dell’UE non è sostenibile. Lo dicono le nuove regole UE

Tra i corridoi della Banca Europea degli Investimenti si teme l’entrata in vigore delle nuove regole basate sulla tassonomia verde. Il tasso di investimenti verdi, con i nuovi parametri, crollerebbe dal 50 all’1%. I vertici premono sulla Commissione per modificare i requisiti o creare eccezioni per istituti come la BEI

Finanza sostenibile: la BEI teme “danno reputazionale” da tassonomia
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Le nuove regole UE sulla finanza sostenibile creeranno un “danno reputazionale” alla Banca Europea degli Investimenti. Sono le preoccupazioni che circolano tra i corridoi della stessa BEI. L’istituzione finanziaria basata in Lussemburgo teme che i nuovi requisiti derivanti dalla tassonomia verde compromettano l’immagine dell’ente come leader nella lotta al cambiamento climatico.

A raccogliere le indiscrezioni è il Financial Times, che ha visionato dei documenti interni della BEI preparati in questi mesi di transizione cruciale verso le nuove regole di finanza sostenibile. Uno dei nodi principali sono i nuovi indicatori standardizzati per stimare la sostenibilità dei portafogli di investimento.

Oggi, la BEI – che dal 2019 è diventata la “banca del clima UE” e ha la missione di supportare la transizione e le politiche del Green Deal con investimenti appropriati – usa un indicatore tutto suo, il “Climate Action Ratio”. Si tratta di un dato costruito su parametri interamente fissati dalla BEI. A fine 2015 arrivava al 35%, oggi supera il 50%.

Questo indicatore dovrebbe sparire con le nuove regole UE sulla finanza sostenibile. Rimpiazzato dal Green Asset Ratio (GAR) previsto dalla tassonomia verde. Secondo i memo interni visti dal Financial Times, i funzionari della banca europea degli investimenti stimano che con i criteri del GAR, l’indicatore di sostenibilità crollerà dal 50% ad appena l’1%. Generando un divario di percezione estremamente ampio, che mette in questione l’operato dell’istituto negli anni scorsi e la sua reale sostenibilità.

Tra le criticità sottolineate dai funzionari c’è l’esclusione, nel conteggio del GAR, sia degli investimenti realizzati fuori dai confini europei, sia dei progetti realizzati da PMI.

È quanto emerge, ad esempio, da un’e-mail confidenziale inviata ai colleghi dal responsabile delle operazioni della BEI, Jean-Christophe Laloux. “Dovremmo posticipare i tempi della compliance”, si legge nella mail, e “lavorare” per comunicare alla Commissione UE “esattamente cosa deve essere cambiato nel regolamento affinché la tassonomia sia praticabile per una banca che utilizza i proventi come la BEI, cosa che al momento non è, e capire chiaramente l’impatto sui clienti”.

Sulla stessa linea d’onda si muovono le rimostranze espresse da Nadia Calviño, presidente della BEI da 1 anno, in una lettera inviata alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e visionata anch’essa dal quotidiano finanziario: il modo in cui viene attualmente calcolato il Green Asset Ratio penalizza un’intera gamma di investimenti altrimenti verdi e inavvertitamente, e paradossalmente, scoraggerà il finanziamento dell’azione per il clima da parte di finanziatori orientati alle politiche come i nostri istituti”, scrive Calviño.

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