JP Morgan Chase al 1° posto tra le banche globali della finanza fossile
(Rinnovabili.it) – Solo nel 2021, le 60 maggiori banche commerciali e d’investimento al mondo hanno finanziato con 742 mld di dollari i combustibili fossili. Dal 2015, quando fu firmato il Paris Agreement, il denaro sborsato arriva a 4.600 mld. La finanza fossile non schiaccia il pedale del freno, anzi accelera: in questi primi mesi del 2022 sono piovuti sul carbone investimenti a ritmo doppio rispetto al 2021.
Parla chiaro il trend messo a nudo da una coalizione di ong ambientaliste nel rapporto Banking on Climate Chaos 2022: la finanza fossile è stabile da 6 anni a questa parte, anzi la curva degli investimenti punta leggermente verso l’alto. Si va dai 723 mld del 2016 al picco di 830 mld del 2019, per poi iniziare una discesa. Che non è ripida e non scende sotto i livelli di partenza: 750 i mld investiti in petrolio, gas e carbone nel 2020, appena limati a 742 mld l’anno scorso.
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Tutto questo anche se ben 44 dei 60 istituti analizzati hanno promesso la neutralità climatica entro il 2050 e a maggio dell’anno scorso l’Iea ha chiarito che per centrare quest’obiettivo bisogna chiudere subito i rubinetti verso le fossili. Quasi 146 mld da queste banche sono finiti alle 100 compagnie globali responsabili delle maggiori espansioni dell’oil&gas, incluse QatarEnergy, Saudi Aramco e ExxonMobil.
Nel rapporto preparato da Oil Change International, Rainforest Action Network, BankTrack, Indigenous Environmental Network, Reclaim Finance, Sierra Club e Urgewald, la classifica della finanza fossile vede al primo posto JP Morgan Chase, seguita da Citi e Wells Fargo. La prima è la regina dell’espansione di petrolio e gas offshore, incluso nell’Artico. Wells Fargo domina nel fracking. E altri settori mostrano dei trend allarmanti. Come quello degli scisti bituminosi, la fonte fossile più inquinante: la finanza fossile per i tar sands è cresciuta del 51% tra 2020 e 2021 per un totale superiore a 23 mld, in arrivo soprattutto da banche canadesi.
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