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Finanza climatica: il ‘loss & damage’ torna in agenda alla Cop26?

Finanza climatica
credits: Merry Christmas da Pixabay

Finora il meccanismo è stato di fatto escluso dalla finanza climatica

(Rinnovabili.it) – E’ stato uno dei punti più controversi della diplomazia climatica. L’accordo di Parigi non ha sciolto il nodo e il consenso è mancato anche alle COP successive. Ma la creazione di un meccanismo loss & damage resta la priorità per molti dei paesi più poveri e molto esposti agli impatti del cambiamento climatico. Tanto che i loro aggiornamenti agli NDC, i contributi nazionali volontari depositati alla fine del 2020, mettono al centro la finanza climatica.

Il meccanismo loss & damage è uno strumento, mai realmente decollato, che si può tradurre come ‘perdite e danni’ climatici e in teoria dovrebbe servire per rimediare ai crescenti costi umani ed economici che derivano dal cambiamento climatico. L’idea iniziale è tutt’altro che nuova, se ne parla a livello internazionale già dal lontanissimo 1991 e fa parte del lessico diplomatico e dell’agenda Onu dal 2010. Ma non ha ancora trovato reale applicazione.

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A cosa puntano Stati come Vanuatu o le Maldive, o il Nepal, che stanno provando a tirare il loss & damage fuori dal cassetto? Il tentativo è di rimetterlo nell’agenda della COP26 di Glasgow che si terrà a novembre. E il passo in avanti a cui mirano è dargli finalmente piena dignità a fianco degli altri strumenti della finanza climatica.

“La questione chiave è la relazione tra loss & damage e finanza climatica”, spiega in un’intervista a Climate Home Spencer Thomas, che ha contribuito a redigere il contributo nazionale volontario di Grenada. “I piccoli stati insulari chiedono a gran voce facilità di accesso ai finanziamenti”, continua Thomas, sottolineando che in linea di principio la richiesta è che “mitigazione, adattamento, e loss & damage siano ugualmente rappresentati nel panorama della finanza climatica”.

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Attualmente, le perdite e i danni sono classificate come una sottocategoria delle misure di adattamento. Ma ci sono degli ostacoli tecnici e politici a cambiare la tassonomia. Il primo è l’assenza di standard internazionali per misurarli: chi quantifica il danno, e in base a quali criteri? E il secondo è il timore, proprio di molte delle economie avanzate, che questo meccanismo le porti a dover sborsare denaro senza averne un tornaconto ritenuto adeguato. Dal 2013 questi temi sono legati al Meccanismo internazionale di Varsavia, creato per irreggimentare il loss & damage. Ma restando vago sulle modalità di mobilitazione di capitali. Risultato: nulla si è mosso da allora.

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