Poca trasparenza, indicatori non adatti a valutare i processi di decarbonizzazione e il rischio climatico associato agli asset, mancato rispetto delle linee guida delle principali iniziative internazionali per la finanza sostenibile. Le 29 banche maggiori dei paesi del G7 continuano a iniettare un fiume di risorse nei settori più carbon-intensive
Il rapporto di ReCommon sulle emissioni finanziate: valgono 2,7 GtCO2
Le 29 maggiori banche dei paesi del G7 finanziano asset che generano più gas serra di Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna insieme. A pesare in modo particolare sono le risorse iniettate in alcuni settori ad alta intensità di carbonio: anche se rappresentano solo una fetta pari al 6% del totale, sono responsabili di metà delle emissioni finanziate totali, che arrivano a 2,7 miliardi di tonnellate di CO2 (GtCO2).
Numeri che, finora, non segnano miglioramenti significativi nonostante gli impegni assunti da questi paesi per limitare il finanziamento dei combustibili fossili. Lo sottolinea un rapporto di ReCommon pubblicato di recente e relativo ai dati del 2022, gli ultimi disponibili.
Qualcosa, però, inizia a muoversi anche a livello dei grandi istituti di credito. Crédit Agricole e BNP Paribas, due delle banche che forniscono più prestiti, investimenti e sottoscrizioni assicurative a imprese e progetti ad alta intensità di carbonio, hanno appena annunciato un cambio significativo di policy, interrompendo i finanziamenti verso progetti oil&gas convenzionali.
Le emissioni finanziate ai raggi x
Il quadro messo in luce da ReCommon, però, mostra un panorama bancario ancora ben intrecciato con le fossili e con asset inquinanti. Le emissioni finanziate da questi istituti dei paesi G7 sono “ingenti” e, nonostante gli obblighi di reporting sempre più stringenti e l’attenzione crescente per l’esposizione del settore al rischio climatico, queste banche “non divulgano dati sufficienti sulla loro esposizione alle industrie ad alta intensità di carbonio o non mitigano adeguatamente i rischi legati al clima”. Né i governi né le autorità di vigilanza competenti, sottolinea ReCommon, hanno intrapreso “azioni sufficienti” per limitare il finanziamento dei combustibili fossili e delle industrie altamente inquinanti.
Sotto la lente finiscono soprattutto 4 settori più carbon-intensive: agricoltura, petrolio e gas, estrazione mineraria e le utility energetiche. I finanziamenti a questi settori sono solo il 6% del totale, ma le loro emissioni finanziate sono più del 50% del totale. Mancano poi approcci realmente efficaci e trasparenti. Nel loro reporting, l’80% delle banche analizzate fanno riferimento solo all’intensità emissiva, tralasciando i volumi assoluti di gas serra.
“Basarsi esclusivamente su obiettivi di intensità può essere dannoso per l’azione climatica poiché gli indicatori di intensità riportati da una banca possono diminuire mentre le emissioni assolute aumentano”, specifica il rapporto. “Invece, gli obiettivi dovrebbero includere sia obiettivi assoluti che di intensità. La rendicontazione delle emissioni assolute consente anche un migliore monitoraggio e verifica della validità dei progressi di decarbonizzazione”.