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Una tassa globale per finanziare la risposta alla crisi climatica

Crisi climatica: verso una tassa globale su chi inquina di più?
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La proposta all’ONU per la finanza climatica post 2025

(Rinnovabili.it) – I paesi ricchi non vogliono aprire il portafogli per pagare le perdite e i danni che subiamo già oggi a causa del cambiamento climatico? Si mettano delle nuove tasse globali su fossili, CO2 e aerei ed ecco le risorse che servono. È la proposta che alcuni dei paesi più vulnerabili all’impatto della crisi climatica presenteranno in settimana alle Nazioni Unite per risolvere uno dei nodi più complessi di cui si discuterà alla COP27 a novembre: chi paga, come e quanto per i Loss & Damage?

Insomma, il costo della crisi climatica va pagato, in fretta. Perché i danni sono irreversibili. Ed è una questione di giustizia. La soluzione, questa nuova tassa globale, è “legata al clima e basata sulla giustizia”, sostengono i proponenti in un documento visto in anteprima dal quotidiano britannico Guardian. Un testo che serve per innescare una discussione ed è quindi aperto a cambiamenti. Ma offre delle coordinate di partenza.

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I fondi per la finanza climatica che mancano, dettaglia il documento, potrebbero essere presi in cinque modi diversi. Le proposte nominano una tassa sul carbonio globale, una tassa sui viaggi in aereo, un’imposta sul carburante per le navi, un aumento delle tasse sull’estrazione di fossili, e infine una sorta di Tobin tax per il clima, cioè una nuova imposta sulle transazioni finanziarie.

Questi spunti dovrebbero dare sostanza a una discussione che, fino ad ora, i paesi più ricchi non hanno mai davvero neppure voluto iniziare. Nonostante gli obiettivi di finanza climatica per il 2020 non siano ancora stati raggiunti 2 anni dopo, le economie più avanzate hanno fatto mielina sia alla COP25 che l’anno scorso a Glasgow, ritardando la definizione del quadro per la finanza climatica dal 2025 in avanti. E anche quest’anno le prospettive non sono migliori, vista la congiuntura internazionale dove si intrecciano crisi energetica e impatti della guerra in Ucraina.

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