(Rinnovabili.it) – Lampade che generano elettricità dal riso, pavimenti come fonte di energia pulita, magliette in grado di ricaricare lo smartphone. Gli italiani – dagli istituti di ricerca alle startup – sembrano non avere limiti nella creatività applicata alla green economy. Poco raccontate dai media, queste realtà sono al centro della puntata di oggi di Eta Beta, il programma quotidiano di Radio 1 dedicato ai fermenti innovativi che investono la società, dal web all’economia, dal tempo libero alla cultura, che ne stanno disegnando il futuro prossimo. L’ideatore e conduttore del programma, Massimo Cerofolini, ne ha parlato insieme al direttore del quotidiano Rinnovabili.it Mauro Spagnolo.
Green economy che trova spazio anche nel programma del nuovo Governo guidato da Paolo Gentiloni, che nel suo discorso alla Camera di ieri vi ha dedicato un passaggio importante. Le aziende italiane sono all’avanguardia in questo campo e un sostegno corposo da parte delle istituzioni non può che essere benvenuto. “C’è grandissima soddisfazione per il discorso di Gentiloni – commenta Mauro Spagnolo – La green economy è la base per difendere la qualità della vita dei cittadini: si tratta infatti di abbandonare il modello del consumo a tutti i costi in direzione di un modello di sviluppo sostenibile”.
Il fotovoltaico dove lo metto
In questo orizzonte si muove ad esempio Ribes Tech, azienda che ha sviluppato un pannello fotovoltaico ultrasottile, flessibile, personalizzabile. Si stampano su pellicole di plastica sottilissime dei moduli fotovoltaici, così che si possa produrre energia là dove serve. “È approccio rivoluzionario: ogni oggetto può diventare un produttore di elettricità”, sottolinea il direttore di Rinnovabili.it.
Innovazione importante è quella delle finestre fotovoltaiche brevettate dall’Università di Milano-Bicocca che si basano sui Concentratori Solari Luminescenti. “Si tratta di lastre di plastica nelle quali sono incorporate speciali nanoparticelle che catturano e concentrano la luce solare – spiega Sergio Brovelli, capofila del progetto – E trasformano così comuni finestre in pannelli solari semitrasparenti in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di un edificio”.
Energia da indossare
Grazie alle nanotecnologie oggi è possibile creare degli indumenti che producono elettricità grazie alla loro capacità piezoelettrica. È l’idea sviluppata ad esempio da Luana Persano, ricercatrice del CNR: “Abbiamo messo a punto un tessuto con fibre di polimero piezoelettriche che producono energia in seguito ad una deformazione meccanica anche minuscola, come il posarsi di un insetto”. Una strada che può condurre a risvolti impensabili, come le sue applicazioni in ambito medico: un simile tessuto potrebbe alimentare i pacemaker sfruttando nient’altro che il semplice battito del cuore del paziente, riducendo così il numero degli interventi necessari.
“Un’idea simile è stata sfruttata da Veranu, un’azienda sarda che ha inventato un pavimento innovativo che genera energia elettrica pulita semplicemente camminandoci sopra”, aggiunge Spagnolo.
Riso, acqua di mare, plastica
Gli ingredienti della creatività sono tra i più comuni. RisVolta, startup del pavese, ha messo a punto apparecchi che producono elettricità da piante viventi come il riso, una fonte di energia disponibile in tutto il mondo. Che potrebbe essere usata per alimentare gli strumenti agricoli. La Demont di Millesimo ottiene invece olio combustibile dal riciclo della plastica esausta: un processo che ha un costo finale di 65 centesimi al litro.
Anche l’acqua di mare fa la sua parte. ResourSEAs ha inventato un ciclo integrato che dal mare produce acqua dolce, sale, idrossido di magnesio ed energia. Energia dalla salamoia di scarto, una volta che la si è miscelata con acqua dolce, che sia di fiume o dei reflui. Non è un progetto su carta, è già realtà: a Trapani è in funzione il primo impianto pilota e si stanno vagliando le estensioni di questa tecnologia.
“I giovani sono la linfa più importante di questa grande rivoluzione a cui stiamo assistendo – conclude Mauro Spagnolo – Da un lato ci sono i grandi istituti di ricerca, ma dall’altro c’è anche la creatività dei singoli. L’obiettivo comune è dare forma a un nuovo modello, basato su sistemi di dimensioni anche ridotte, ma legati alla vita dell’uomo”.