Tutte le opzioni sono ancora sul tavolo. Inconciliabili tra loro. Ma, almeno, tutte ancora in discussione: anche le più ambiziose e complete. La 1° bozza dell’accordo sul Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato (New Collective Quantified Goal, NCQG) per la finanza climatica post 2025 vede finalmente la luce alla Cop29 di Baku.
Che cosa contiene la bozza? Quali sono i punti più contesi e quali sono le proposte alternative? A quanto ammonta il nuovo obiettivo di finanza per il clima che i paesi ricchi dovranno fornire ai paesi in via di sviluppo? Che cosa ci possiamo aspettare dai prossimi giorni di negoziati?
Proviamo a rispondere nel dettaglio a queste domande, analizzando la bozza sul quadro della finanza climatica post 2025 più aggiornata disponibile.
Il contesto: la finanza climatica sbarca alla Cop29 di Baku
Il New Collective Quantified Goal (NCQG) rappresenta la prossima tappa cruciale nella finanza climatica globale. È l’obiettivo che deve rimpiazzare quello dei 100 miliardi di dollari annui fissato nel 2009. Previsto per essere discusso già alla Cop28, il NCQG punta a ridefinire l’entità e la distribuzione dei finanziamenti per la resilienza climatica, necessari a sostenere i paesi in via di sviluppo nell’adattamento agli impatti del cambiamento climatico.
Questo nuovo obiettivo è essenziale per garantire un supporto finanziario concreto per la transizione climatica, coinvolgendo sia sovvenzioni che prestiti a condizioni favorevoli. Con l’aumento della vulnerabilità climatica in molte regioni del mondo, il NCQG mira a colmare le lacune lasciate dai finanziamenti attuali e a migliorare la trasparenza nei fondi, rafforzando la fiducia tra i paesi donatori e i beneficiari.
I temi di finanza climatica in discussione alla Cop29
Di cosa si parla nei corridoi della Cop29, quando si affronta il tema della finanza climatica? Quali sono i punti più controversi in discussione al summit sul clima di Baku? E qual è la loro importanza per il contrasto della crisi climatica?
Il NCQG deve trattare molte sfide legate alla finanza climatica, che riguardano tanto gli aspetti quantitativi quanto quelli qualitativi dei finanziamenti. I principali punti in discussione sono i seguenti.
1. Definizione dell’Obiettivo Finanziario
- Aumento del flusso di finanziamenti: La COP28 e le successive negoziazioni sono chiamate a stabilire una quota superiore ai 100 miliardi di dollari annui, come parte del nuovo obiettivo di finanziamento climatico. Gli Stati più vulnerabili, come le piccole isole e i paesi in via di sviluppo, spingono per una somma adeguata che possa effettivamente supportare le loro esigenze di adattamento e mitigazione.
- Evoluzione del sistema di rendicontazione: I negoziatori stanno cercando di introdurre nuovi criteri per una rendicontazione più trasparente dei fondi, evitando che vengano considerati finanziamenti imprecisi o erroneamente etichettati, come quelli destinati a progetti ad alta intensità di carbonio.
2. Destinazione e Trasparenza dei Fondi
- Disallineamento tra impegni e disborsi: Molti paesi donatori dichiarano impegni elevati ma non sempre rispettano gli obiettivi di finanziamento effettivo. Ad esempio, alcune nazioni, come la Francia e la Germania, riportano fondi “impegnati” anziché “elargiti”, generando dubbi sulla reale disponibilità di risorse.
- Finanziamenti errati o mal indirizzati: Alcuni fondi sono destinati a progetti che non affrontano direttamente il cambiamento climatico, come il finanziamento a infrastrutture fossili, come centrali a carbone o gas, erroneamente etichettati come “finanza climatica”.
- Mancanza di trasparenza: La scarsa visibilità su come vengono spesi i fondi rende difficile monitorare l’efficacia e l’efficienza degli interventi. Alcuni finanziamenti, come quelli destinati a progetti di sviluppo turistico, possono finire per promuovere interessi economici dei paesi donatori piuttosto che sostenere la transizione climatica.
3. Modalità di Finanziamento: Prestiti vs Sovvenzioni
- Prevalenza dei prestiti: La maggior parte della finanza climatica proviene da prestiti piuttosto che sovvenzioni, con paesi come Giappone, Francia e Stati Uniti che forniscono la maggior parte dei fondi sotto forma di prestiti. Questo crea problemi, in quanto i prestiti devono essere rimborsati, a volte con tassi di interesse non favorevoli, aggravando la crisi del debito in molti paesi in via di sviluppo.
- Prestiti non concessionali: Una parte significativa dei prestiti non è concessionale, cioè offerta a tassi di interesse inferiori rispetto al mercato, ma comunque non sufficientemente favorevole da poter essere considerata un vero sostegno economico.
- Accuse di “sovrastima” della finanza: L’uso di prestiti per raggiungere gli obiettivi di finanziamento crea l’impressione che i paesi donatori stiano contribuendo in misura maggiore rispetto alla realtà. Organizzazioni come Oxfam hanno evidenziato che le cifre ufficiali della finanza climatica potrebbero essere gonfiate se si contano i prestiti a valore nominale, senza considerare l’effettiva “equivalenza in sovvenzione”.
- Preferenza per sovvenzioni: Le nazioni vulnerabili e le ONG chiedono che una parte significativa dei fondi destinati ai paesi in via di sviluppo venga erogata sotto forma di sovvenzioni e non di prestiti, al fine di evitare l’aggravamento della crisi del debito.
- Concessionalità dei prestiti: Sebbene i paesi sviluppati siano favorevoli ai prestiti a basso interesse, gli Stati vulnerabili spingono per condizioni più favorevoli, come tassi di interesse più bassi e periodi di restituzione più lunghi. Le discussioni sull’”equivalente di sovvenzione” sono cruciali per rendere i prestiti più accessibili.
4. Condizionalità dei Progetti
- Legami con gli interessi economici dei donatori: Spesso i progetti di finanza climatica sono legati a condizioni che favoriscono le imprese dei paesi donatori. Ad esempio, la Francia e il Giappone collegano la concessione di prestiti a progetti che coinvolgono compagnie nazionali. Questo crea conflitti di interesse, poiché i benefici economici derivano in parte dalle commesse a imprese straniere.
- Progetti orientati verso la decarbonizzazione vs. altri obiettivi: In alcuni casi, i progetti finanziati possono non concentrarsi direttamente sull’adattamento climatico o sulla riduzione delle emissioni, ma su altre priorità, come la crescita economica o lo sviluppo infrastrutturale, senza un impatto climatico diretto.
5. Equità e Giustizia Climatiche
- Divario tra paesi sviluppati e in via di sviluppo: I paesi in via di sviluppo, in particolare i più vulnerabili ai cambiamenti climatici, si trovano a fare i conti con un flusso di risorse inadeguato rispetto alle loro esigenze. La finanza climatica, pur essendo in aumento, non è sufficiente a coprire le necessità di adattamento, soprattutto nei paesi meno industrializzati.
- Disparità tra impegni e azioni concrete: Nonostante le promesse, molti paesi sviluppati non rispettano pienamente gli impegni di finanziamento previsti dall’Accordo di Parigi, alimentando la sfiducia tra i paesi beneficiari e la comunità internazionale.
Come è fatta l’ultima bozza del NCQG, cosa contiene, quanto è definitiva?
La prima bozza sul Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato (New Collective Quantified Goal, NCQG) per la finanza climatica post 2025 prodotta dalla Cop29 di Baku è del tardo pomeriggio del 13 novembre. Alcune ore prima, un testo più lungo e ridondante era stato pubblicato dalla presidenza del summit, che ha poi proceduto a “ripulirlo”.
La base per i negoziati:
- è lunga 33 pagine (prima erano 34),
- le opzioni alternative incluse nel testo scendono da 113 a 90 (sono ancora moltissime),
- le parentesi da riempire con numeri e dati definitivi sono addirittura 187.
Insomma, il testo è ancora un cantiere aperto. Anche se si è visto di peggio, pure molto più in là nei negoziati, durante le ultime Cop.
Le opzioni rappresentano parti di testo preferite dall’uno o dall’altro blocco di paesi. Di solito, la presidenza propone anche opzioni “di compromesso” per facilitare i negoziati.
Le parentesi sono uno degli scogli principali in questo capitolo sulla finanza climatica, perché devono essere sostituite con i numeri esatti del nuovo obiettivo post 2025, su cui finora non c’è alcun accordo. Le parentesi propongono anche formulazioni diverse di verbi o altri termini importanti, riflettendo le sfumature preferite dalle divere delegazioni nazionali.
Anche nella versione più recente mancano la maggior parte dei titoli dei capitoli. Un altro indicatore di quanto la struttura stessa del testo negoziale possa ancora essere modificata.
Vediamo più da vicino che cosa prevede il testo sulla finanza post 2025 in discussione al summit sul clima di Baku.
Cop29 Finanza clima post 2025: i valori di riferimento
Uno dei passaggi su cui le delegazioni si accapiglieranno di più è l’attuale articolo 3. L’articolo 3 definisce il valore di riferimento peril nuovo obiettivo di finanza per il clima post 2025. Le opzioni alternative proposte sono 5. Cosa è importante osservare? Sono cruciali sia i numeri, sia eventuali sotto-obiettivi (su finanza per l’adattamento e su loss & damage).
Opzione 1 – Lega la cifra alla valutazione tecnica dei bisogni dichiarati dagli Stati nei loro Contributi Nazionali Volontari (NDC), i piani di azione climatica depositati all’UNFCCC. Tre alternative possibili:
- 5.036-6.876 miliardi di dollari,
- 5.012-6.852 miliardi di dollari fino al 2030,
- 455-584 miliardi l’anno.
Opzione 2 – Richiama il ventaglio di 5.000-6.800 miliardi di dollari fino al 2030, ma esprime anche sotto-obiettivo per la finanza per l’adattamento, fissato a 215-387 miliardi di dollari l’anno fino al 2030.
Opzione 3 – Identica alla precedente per le cifre, ma include la premessa “Sottolinea il crescente divario tra le esigenze delle Parti dei paesi in via di sviluppo e il sostegno fornito e mobilitato, compreso il divario finanziario per l’adattamento”.
Opzione 4 – Propone la stessa premessa, la quale cita però anche i loss & damage. Non contiene alcuna cifra.
Opzione 5 – Richiama precedenti decisioni del processo delle Cop, non propone una cifra complessiva, mette nero su bianco solo i 215-387 mld $ l’anno per l’adattamento.
A quanto ammonta il nuovo obiettivo di finanza climatica post 2025
Il cuore del negoziato riguarda la parte di bozza dall’attuale articolo 53 in avanti. È la parte che definisce a quanto ammonta il nuovo obiettivo di finanza climatica post 2025. L’ultima versione del testo propone 3 opzioni alternative per il NCQG, estremamente articolate e ricche di altre opzioni e parentesi al loro interno. Vediamole nel dettaglio.
Opzione 1 – Distinzione tra risorse da erogare e da mobilitare
Chiarisce che l’NCQG è sola responsabilità dei paesi più ricchi (i cd paesi Annex 1). Per tutto il resto, contiene al suo interno 6 sotto-opzioni alternative.
La maggior parte delle opzioni fissa l’ammontare del nuovo obiettivo di finanza climatica post 2025 a 1.300 miliardi di dollari l’anno, con oscillazioni tra 1.000 e 2.000 miliardi. Un’opzione non fissa ancora il totale.
Gli altri aspetti salienti includono:
- Alcune opzioni specificano una quota di finanziamenti da garantire a “grant-equivalent terms”, cioè con condizioni analoghe a quelle delle sovvenzioni a fondo perduto.
- Altre opzioni specificano la destinazione, da ripartire tra mitigazione, adattamento e loss & damage.
- Una alternativa suggerisce due sotto-obiettivi specifici di finanza annuale per i piccoli stati insulari e per i paesi meno sviluppati.
- Tutte prevedono una distinzione tra una componente di “fornitura” (provision) e una di mobilitazione (mobilization), dove la prima riguarda la finanza pubblica e la seconda ogni altro canale e mezzo.
- Molte opzioni richiedono di stabilire un meccanismo di burden sharing tra i paesi contributori. I paesi ricchi dovrebbero cioè avere delle quote fisse da rispettare. Alcune opzioni le parametrano alle emissioni storiche.
Opzione 2 – Approccio stratificato, più donatori, nessuna cifra (per ora)
L’aspetto più importante di questa proposta è l’assenza di cifre. Il NCQG resta segnato con una X, in tutte e 7 le sotto-opzioni del testo. Gli altri elementi caratterizzanti sono:
- Tutte e 7 condividono un approccio più stratificato. Oltre a erogazione e mobilitazione si parla anche di investimenti.
- Gli obiettivi sono molteplici e sono espressi sia in valori assoluti, sia come aumenti percentuali, sia come moltiplicazioni di tot volte i volumi precedenti.
- Allargano la platea dei paesi donatori. Con formule diverse: alcune opzioni parlano di “tutti i paesi che hanno la capacità”, altri specificano sia i “paesi sviluppati” sia i “paesi nella posizione di contribuire”.
Opzione 3 – Un mix delle precedenti, con obiettivo cumulativo
L’ultima opzione cerca di integrare i punti caratterizzanti delle precedenti, per quanto possibile. Integrazione che, per ora, non può esserci sulla cifra totale: l’ammontare del NCQG anche qui è mancante.
L’impostazione è meno rigida, anche se non mancano riferimenti più netti su alcuni elementi chiave:
- Definisce l’obbligo di limitare al 50% del totale la finanza fornita tramite prestiti o altre forme di debito.
- Cita come ambiti a valere per la finanza climatica l’adattamento, la mitigazione, i loss & damage, il trasferimento di tecnologie e il capacity building (così conterebbero come finanza climatica molti fondi già mobilitati attualmente, che non rappresentano vere risorse addizionali e nuove).
- Propone alternative per l’accesso ai fondi, tra cui delle soglie regionali o quote specifiche per i paesi meno sviluppati e i piccoli stati insulari. In generale, stabilisce criteri dettagliati per semplificare e garantire l’accessibilità.
Scarica qui il testo della prima bozza dell’accordo sul NCQG
FAQ
Il NCQG è l’obiettivo globale che sostituirà i 100 miliardi di dollari annui per la finanza climatica post 2025. Mira a definire l’entità e la distribuzione dei finanziamenti necessari per la resilienza climatica dei paesi in via di sviluppo.
La bozza del NCQG alla COP29 include opzioni per l’importo totale da destinare ai finanziamenti, con una divisione tra prestiti e sovvenzioni, e stabilisce i criteri per la trasparenza e la mobilitazione dei fondi.
Le sfide includono la definizione dell’obiettivo finanziario, la trasparenza nella distribuzione dei fondi, il disallineamento tra impegni e disborsi, e l’equilibrio tra prestiti e sovvenzioni per i paesi vulnerabili.
I paesi sviluppati sono chiamati a fornire una parte significativa dei fondi, con cifre che variano tra 1.000 e 2.000 miliardi di dollari annui, per sostenere i paesi in via di sviluppo nel fronteggiare il cambiamento climatico.
Le opzioni includono una distinzione tra risorse da erogare e da mobilitare, l’inclusione di obiettivi specifici per l’adattamento e il loss & damage, e l’introduzione di un meccanismo di burden sharing tra paesi donatori.
I paesi vulnerabili spingono per maggiori sovvenzioni e condizioni più favorevoli sui prestiti, mentre i paesi sviluppati preferiscono prestiti a tassi bassi e un approccio flessibile per la mobilitazione dei fondi.