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Colucci: i rifiuti industriali vanno recuperati

Rivedere completamente il modello di business sul trattamento dei rifiuti industriali basandosi sull'esperienza di quello urbano. Obiettivo? Recupero quasi totale allontanandosi dalla logica della discarica e della termovalorizzazione

Colucci: i rifiuti industriali vanno recuperati

 

(Rinnovabili.it) – Nell’ambito dei lavori degli Stati Generali della Green Economy a Ecomondo abbiamo incontrato uno dei principali e poliedrici protagonisti dell’economia verde italiana. Oggi infatti il gruppo timonato dal dott. Colucci svolge una articolata attività che va dalle produzione di energia da fonte rinnovabile alla raccolta e gestione dei rifiuti.

 

Presidente Colucci, Kinexia, fra le tante quale attività preferisce?

 

Pietro Colucci: Kinexia nasce nel mondo delle energie rinnovabili, quindi la nostra attività è focalizzata alla produzione di energia da fonte rinnovabile ed  alla cosiddetta gestione delle infrastrutture verdi. Ci occupiamo quindi di eolico, fotovoltaico, biomasse,  biogas e teleriscaldamento.

 

E l’impegno sul fronte dei rifiuti?

 

Successivamente, sulla base della mia personale esperienza nel settore ambientale – sono stato per 5 anni presidente di Assoambiente, l’associazione che unisce le imprese private che si occupano di ambiente – abbiamo sviluppato l’attività del trattamento, recupero e valorizzazione dei rifiuti industriali. Vorrei sottolineare quest’ultimo aspetto:  noi lavoriamo solo i rifiuti industriali, e Waste Italia – il brand con il quale stiamo sviluppando quest’attività – è oggi un’azienda leader nel settore in quanto sono poche le imprese private  che si occupano di rifiuti industriali non pericolosi. Infatti la maggior parte di Aziende che oggi fanno questa stessa attività sono municipalizzate.

 

Rifiuti Industriali non pericolosi…

 

Sì. I rifiuti industriali non pericolosi sono quelli che una volta tecnicamente si chiamavano e assimilavano a quelli urbani. Quei rifiuti cioè che non hanno le caratteristiche della pericolosità – quindi non sono tossici o nocivi – che vanno dagli scarti dei processi di lavorazione a quelli della mensa.  Per il semplice fatto che sono prodotti dalle industrie, anche se associabili ai rifiuti urbani, sono considerati rifiuti speciali. Tutti parlano del circuito dei rifiuti urbani, che sono circa 30 milioni di tonnellate in Italia, mentre poco si conosce del circuito dei rifiuti industriali che sono 160 milioni di tonnellate, quindi 4,5 volte di più.

 

Noi siamo leader in questo settore e oggi Kinexia si muove in tutto il comparto ambientale, dal recupero dei rifiuti alla valorizzazione delle materie, fino alla produzione dell’energia e all’efficentamento energetico. Quindi un’azienda complessa, anche perché di piccole dimensioni, che quest’anno raggiungerà i 200 milioni di fatturato, quotata in borsa e che ovviamente si candida a diventare la piattaforma integratrice del settore. Un settore  dove c’è bisogno di concentrazione, cioè di aziende più grandi che abbiano la capacità di affrontare il mercato internazionale.  E per competere all’estero c’è bisogno di massa.

 

Ci vuole parlare dell’interessante acquisizione che avete fatto di recente?

 

L’acquisizione riguarda il gruppo GEOTEA che è leader in Liguria nel settore del trattamento dei rifiuti industriali e, per la provincia di Savona, anche di quelli urbani. In quel territorio esistono oggi due grandi poli di trattamento rifiuti e la locale comunità ovviamente si rivolge a loro, visto che la Liguria in questo momento è in una fase emergenziale in quanto è rimasta, stranamente, in arretrato con la costruzione di impianti innovativi.

Questa acquisizione non solo rafforza il business ampliando la nostra attività  in una regione in cui non eravamo presenti, ma soprattutto costituisce uno dei tasselli che da qualche anno stiamo perseguendo per crescere di taglia. I tempi sono maturi.  A questo proposito il governo Renzi ha dato incarico formale alla Cassa Depositi e Prestiti per avviare celermente un processo di aggregazione e di concentrazione, tra gli operatori di settore,  destinato a creare dei campioni nazionali nel mondo del pubblico. E per questo sono state  messe a disposizione risorse finanziarie e benefici fiscali.

 

Credo che quanto si sta ottenendo nel pubblico si possa avere anche nel mondo del privato. L’obiettivo è di arrivare a far gestire questo settore da 4-5 campioni nazionali, pubblici o privati che siano, tutti quotati, tutti con una forte sensibilità ambientale e una forte trasparenza verso gli investitori e verso il mercato, valore che nel settore dei rifiuti, che spesso ha avuto in Italia zone opache, è assolutamente necessario.

Noi crediamo di poter essere uno di questi attori e l’acquisizione va nella logica di aumentare la nostra dimensione e la nostra presenza per poter competere sul mercato che diventa sempre più sfidante.

 

IMG_0056Scendiamo di scala per capire meglio la vostra attività, voi vi occupate di recupero e anche di trattamento dei rifiuti…

 

Veniamo subito alla dolente nota. Purtroppo da presidente di Assoambiente, e questo lo ammetto con dispiacere, ho perso una grande battaglia:  mentre per i rifiuti urbani il legislatore ha messo a disposizione gli incentivi alla produzione di energia da rifiuti, con quelli industriali si è sempre rifiutato di farlo, partendo dal presupposto che ciò sarebbe stata una forma indiretta di finanziamento alle imprese. Perché un beneficio energetico, quindi un certificato verde, sulla termovalorizzazione dei rifiuti industriali, avrebbe di fatto avuto un effetto di abbassamento delle tariffe e questa sarebbe stata una forma indiretta di sostegno alle imprese, pratica proibita dall’Europa. Quindi, paradossalmente, le imprese oggi che cercano di risparmiare subiscono un dumping sui prezzi molto forte – ed è la ragione per cui sono i rifiuti industriali a creare le zone di smaltimento illecito, non gli urbani che sono ampiamente mappati – mentre la tecnologia oggi non consente, in termini di recuperabilità degli investimenti, di trovare altri sistemi di smaltimento diversi dalle discariche.

 

Infatti, al di là degli impianti di selezione e recupero dove recuperiamo un 30-35% dei prodotti, la maggior parte degli scarti devono purtroppo essere conferiti  in discarica perché dal punto di vista del prezzo non c’è attualmente un’alternativa. Per questo noi abbiamo, oltre agli impianti di trattamento e recupero, le discariche per lo smaltimento finale degli scarti non recuperabili.

 

Quindi la maggior parte dei rifiuti industriali non pericolosi va ancora in discarica?

 

Lo ammetto con dispiacere perché io stesso sostengo da tempo che le discariche e i termovalorizzatori sono un processo che deve finire. Bisogna puntare al recupero anche dei rifiuti industriali e la Commissione Europea sta decisamente spingendo verso la società del riciclo.  Il settore dei rifiuti urbani sta andando verso il recupero e, secondo me, anche quello industriale può agevolmente avere gli stessi obiettivi.

 

Parliamo adesso del modello del business, voi recuperate e smaltite, dove si inquadra il vostro principale business, come funziona e in che termini.

 

Kinexia nasce come azienda nel comparto delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, nel mondo del waste management ci arriva successivamente e, diciamo così, come valore aggiunto. Vorremmo trasformare il waste management in un’area verde. Pensi che abbiamo immaginato, all’inizio degli Stati Generali della Green Economy,  che lo smaltimento dei rifiuti non fosse green, ma fosse brown. Ne nacque una polemica tra me e Edo Ronchi, con il quale abbiamo concepito il progetto degli Stati Generali, ma alla fine, devo ammettere, ha avuto ragione lui: lo smaltimento in discarica deve finire nel tempo.

 

Il modello di business che noi immaginiamo è basato fondamentalmente sul recupero e, tranne piccole  quantità residue da destinare alla discarica o alla termovalorizzazione, deve essere recuperato. Oggi il settore del waste management purtroppo non ragiona così, i miei stessi manager talvolta mi dicono: “tu hai in mente un modello di business che non ci farà guadagnare più nulla…”

Ma io penso che questo sia il futuro, bisogna cambiare il modello di business sul trattamento dei rifiuti industriali valorizzando il recupero delle materie in una percentuale altissima.