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La bioraffineria di domani? Dal greggio agli scarti d’uva, cicoria e cipolle

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Foto di ashish choudhary da Pixabay

(Rinnovabili.t) – La bioraffineria di domani? Userà gli scarti agricoli per generare prodotti farmaceutici, nutraceutici e cosmeceutici. La riconversione all’economia circolare degli impianti classici è già iniziata da tempo, ma esistono progetti più ambiziosi di altri. È il caso di Phenolexa, iniziativa di ricerca europea, finanziata da Horizon 2020 con quasi 4 milioni di euro. Il progetto è condotto da un consorzio di 12 realtà, tra imprese e istituti di ricerca, provenienti da 8 Paesi europei. E a cui prende parte anche l’Italia grazie alle competenze dell’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del CNR. 

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I partner, coordinati dalla slovena Civitta Eesti, si sono dati 3 anni di tempo per realizzare un’innovativa bioraffineria, efficiente e a basso impatto ambientale. L’obiettivo è focalizzare l’attenzione su specifici flussi di rifiuti agricoli che attualmente non sono completamente sfruttati, per produrre composti bioattivi di alto valore. 

Gli ultimi dati di Eurostat mostrano come, nel Vecchio Continente, l’agricoltura sia il più grande produttore di biomassa residua. Parliamo di quasi 400 milioni di tonnellate di scarti secchi generati ogni anno. Tuttavia, circa la metà di questo “bottino” viene regolarmente sprecata nonostante possieda ancora preziosi oli, acidi grassi, polifenoli, proteine. Non solo. Ciò che, invece, entra nel circuito dell’economia circolare è convertito in prodotti di basso e medio valore come biocarburanti, biometano, polimeri e compost. 

Phenoloexa si inserisce in questo contesto. Il progetto si dedicherà al trattamento dei residui di potatura di olive, germogli e foglie d’uva, cicoria e scarti di cipolla. Come spiega il CNR in una nota stampa, il consorzio metterà a punto protocolli di pretrattamenti misti biologici e fisici delle biomasse selezionate. I polifenoli verranno estratti attraverso processi ecologici come le miscele eutettiche e l’acqua subcritica, e quindi frazionati con sistemi green; “le frazioni ottenute saranno stabilizzate e caratterizzate sia da un punto di vista chimico che per le loro attività biologiche (antiossidante, antinfiammatoria, cardio-protettivo, agenti anti-stress)”. L’obiettivo è creare nuovi bioattivi funzionali da destinare ad applicazioni industriali come prodotti farmaceutici, nutraceutici e cosmeceutici; le fibre e i coloranti rimanenti saranno invece, impiegati utilizzati la realizzazione di alimenti funzionali. 

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L’Istituto di scienze delle produzioni alimentari svolge il ruolo di coordinamento scientifico del progetto, di responsabile del WP5 (Caratterizzazione delle attività di bio-ingredienti per il loro impiego in prodotti farmaceutici, nutraceutici, cosmeceutici e alimentari funzionali) ed è attivamente coinvolta nei WP3 (Sviluppo della tecnologia su scala di laboratorio e validazione) e WP4 (Scalabilità delle tecnologie e validazione a TRL 4/5). 

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