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Direttiva contro il greenwashing: gli Stati decideranno le multe

Le sanzioni alle aziende che dichiarano il falso o gonfiano le loro credenziali verdi dovranno essere “efficaci, proporzionate e dissuasive”. L’importo sarà stabilito valutando gravità della violazione, benefici economici indebiti ottenuti e potenziale danno ambientale

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Trapela la bozza di direttiva contro il greenwashing

(Rinnovabili.it) – Gli Stati Ue dovranno appioppare multe alle aziende che sponsorizzano come verdi, eco-friendly o ecologici i loro prodotti senza averne diritto. Sanzioni che dovranno essere “efficaci, proporzionate e dissuasive”. L’importo sarà stabilito valutando “la natura e la gravità della violazione” ma anche “i benefici economici derivati” da essa. Non solo: la multa varierà anche a seconda del potenziale danno ambientale causato. Sono i nuovi dettagli sulla direttiva contro il greenwashing che Bruxelles presenterà tra qualche settimana. Una bozza del provvedimento è stata resa pubblica dal portale Euractiv.

La campagna europea contro i “green claims” parte con buoni presupposti. Anche se sarà compito dei singoli paesi usare la clava contro chi sgarra. E sanzioni troppo basse o una prassi del chiudere un occhio in determinati casi potrebbe depotenziare di molto il provvedimento.

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L’altro punto sensibile restano le metodologie create da Bruxelles con cui le aziende dovranno dimostrare che non affermano il falso o non esagerano le loro credenziali verdi. La direttiva contro il greenwashing si basa sulla Product Environmental Footprint (PEF), uno strumento che prende in considerazione l’intero ciclo di vita del prodotto. Ma i cui dettagli sono ancora in discussione. Una volta definiti, però, diventerà legalmente vincolante per i Ventisette. Un passo avanti importante nel contrasto al greenwashing.

La direttiva mira soprattutto a eliminare le zone opache dove i “green claims” non sono necessariamente falsi ma fuorvianti o incompleti. D’altronde è questa la casistica più comune. Secondo un monitoraggio effettuato fino a novembre 2020, su 344 prodotti analizzati, nel 42% dei casi le affermazioni delle aziende sollevavano dei ragionevoli dubbi sulla loro veridicità o completezza.

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 In più della metà dei casi (il 57,5%), infatti, la compagnia non dava elementi sufficienti per verificare l’accuratezza dell’affermazione. Nel 50% dei casi, invece, non era chiaro se le affermazioni si riferivano a tutto il prodotto o soltanto a una sua parte, e in 3 casi su 4 restava ambiguo a quali stadi del ciclo di vita del prodotto si riferissero.