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“Filiere del futuro”, in Italia crescono le rinnovabili ma dobbiamo accelerare

Filiere del futuro

Filiere del futuro è il secondo rapporto sulla geografia produttiva delle energie rinnovabili in Italia. Il rapporto, promosso e realizzato da Fondazione Symbola e Italian Exhibition Group insieme alle principali associazioni di categoria, delinea per il settore una tendenza alla crescita. Alla presentazione di Filiere del futuro a Key Energy a Rimini sono intervenuti rappresentanti delle imprese, dell’economia e della ricerca. Investire nelle energie rinnovabili conviene? Ne parliamo con Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola.

Filiere del futuro è un osservatorio privilegiato da cui emergono le caratteristiche e la distribuzione territoriale e settoriale delle imprese, e mostra un trend decisamente in crescita. Possiamo affermare che le rinnovabili entreranno sempre di più nel mix energetico nazionale?

Direi di sì, perché sta accadendo nel mondo e bisogna che l’Italia acceleri. A ricordare che le rinnovabili sono la partita del futuro non è qualche organizzazione ambientalista, ma Fatih Birol, che è il direttore esecutivo dell’IEA (International Energy Agency), l’associazione mondiale dell’energia. L’Italia ha cominciato a invertire la rotta rispetto a una fase di debolezza cronica. Ricordo il dispiacere, oltre che il giudizio negativo, quando ho visto che negli anni passati l’Olanda – che è più piccola di Sicilia e Calabria messe assieme e ha molto meno sole – ha installato quattro gigawatt in un anno e l’Italia 800 megawatt.

Bisognava cambiare passo, in parte è stato fatto, ma molto resta da fare e si può fare. Le industrie del settore, come Elettricità Futura, hanno detto più volte che l’obiettivo previsto per il 2030 non solo è raggiungibile, ma che porterà benefici dal punto di vista delle bollette, dell’economia e dell’occupazione. Quindi andare nella direzione delle rinnovabili è anche una maniera per rendere l’Italia più forte, economicamente, più indipendente e per affrontare meglio le sfide del futuro.

Pensare ad aggregazioni tra produttori di segmenti diversi per costruire un polo europeo delle rinnovabili è fantascienza?

Non saprei, ma c’è bisogno di campioni. L’Italia ha avuto in questi anni un campione, che era l’ENEL e mi auguro non rallenti la sua rotta. L’ENEL è stata a lungo – e quest’anno verificheremo se è ancora così – il più grande produttore per potenza installata di rinnovabili del mondo. Questo, in qualche maniera, ha tenuto l’Italia in pista.

Ora ci sono molti soggetti e le presenze a Key Energy fanno capire quanto questo mondo sia in movimento, ma metterli insieme… L’importante, secondo me, è che ci siano politiche industriali sulle rinnovabili, ovvero capire qual è la rotta e aiutare chi sta andando nella giusta direzione.

Poi serve tanta innovazione nei campi che sono ancora considerati di frontiera. Penso ad esempio alla questione degli stoccaggi, alla rete, a forme di efficientamento migliore delle varie rinnovabili. Vorrei ricordare, per esempio, che per quanto riguarda l’eolico, la più grande pala eolica del mondo si sta costruendo in Italia, a Taranto. La costruisce un’azienda non italiana, la Vestas, un’azienda danese che progetta, fabbrica e commercializza turbine eoliche e occupa oltre mille persone.

Questo vuol dire che siamo in grado di farlo, dobbiamo farlo, e bisogna smetterla con il ritornello che bisogna raggiungere gli obiettivi ma senza danneggiare l’economia: oggi danneggia l’economia chi non si muove nella direzione indicata dalla necessità di fronteggiare la crisi climatica.

Poi ogni tanto ce ne accorgiamo e piangiamo perché i cinesi ci stanno battendo, ma per battere i cinesi bisogna muoversi.

Seguendo questo ragionamento, l’Italia nella transizione verde potrebbe essere una protagonista, non una comparsa.

Certo, già oggi siamo tra quelli che esportano più tecnologie green nel campo delle rinnovabili, anche se con una quota piccola.

Fondazione Symbola, insieme agli organizzatori della Fiera di Rimini, anche quest’anno ha misurato la filiera delle rinnovabili in Italia: il rapporto Filiere del futuro conta 37.665 imprese, è in forte espansione, in un anno è salita di oltre 4mila imprese con un aumento superiore al 13%. Quindi c’è un mondo che si muove. Bisogna aiutarlo e non bisogna andare con la testa rivolta indietro.

Voglio fare un esempio che mi sta a cuore. Abbiamo speso una quantità infinita di soldi per sostenere partite morte, come il carbone del Sulcis.  

Una ventina di anni fa, avevo calcolato che se avessimo mandato gratis alle Seychelles tutti i minatori del Sulcis con le famiglie avremmo risparmiato un sacco di soldi. Oppure se avessimo dato loro 100.000 € a testa, magari 1 su 10 creava una nuova impresa e riassumeva tutti gli altri. Invece abbiamo continuato a sprecare soldi su una partita che si sapeva che era morta.

Questo ha paralizzato le politiche di quella regione, che ha tutte le condizioni per essere una regione guida in Europa e nel mondo sulle nuove tecnologie legate alle rinnovabili e che non può essere zavorrata dalle scelte del passato.

Questo vale in tanti settori, e mi sembra che molti hanno cominciato a capirlo. Ad esempio, molte aziende che lavorano nell’acciaio si stanno muovendo in questa direzione, fanno investimenti propri perché capiscono che conviene.

Il mercato dei green jobs dimostra una vitalità nel settore? I giovani sono interessati a lavorare in questo campo?

Innanzitutto abbiamo un problema che non riguarda solo le rinnovabili, ma è l’enorme sviluppo di lavori che hanno una forte componente ambientale. In molti casi sono lavori che ridisegnano profili professionali del passato. Fare edilizia oggi non è la stessa cosa che farla vent’anni fa, altri sono lavori più strettamente collegati al ciclo delle rinnovabili. Elettricità Futura ritiene che da qui al 2030 in questo settore si possano produrre oltre 500mila posti di lavoro.

Attualmente i green jobs, che Fondazione Symbola misura ogni anno insieme a Unioncamere nel Rapporto GreenItaly, sono 3milioni e 200mila: una percentuale importante del lavoro italiano che è in crescita. Sicuramente c’è un problema di figure professionali. In molti campi c’è un collo di bottiglia che non è dato solo da appesantimenti burocratici o da opposizioni spesso ridicole nei confronti delle rinnovabili, ma è dato dalla mancanza di figure professionali. Le istituzioni e la politica devono fare la loro parte, senza inventarsi cose strane: capiamo quello che funziona e diamogli una mano.

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About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.