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Contro la crisi energetica serve la riforma al 110%

La crisi geopolitica e la crescita delle bollette spingono per investire nell’efficienza energetica. La proposta del CESEF, il Centro Studi sull’Economia e il Management dell’Efficienza Energetica di Agici Finanza d’Impresa, per semplificare gli interventi per oltre 30 miliardi previsti dal PNRR. Il rischio è perdere parte dei finanziamenti

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La crisi ucraina ha mostrato la fragilità del sistema energetico italiano. E una delle strategie per aumentare il livello di sicurezza del Paese è tagliare gli sprechi investendo in efficienza energetica, cioè ottenendo di più e consumando di meno. Va dunque considerato con urgenza la necessità di riformare il bonus 110% in un’ottica di maggiore semplicità, ed efficacia, introducendo aliquote modulari sulla base dei risultati di efficienza energetica e stabilizzando l’incentivo per almeno un decennio. 

Del resto fin da prima del conflitto in Ucraina l’efficienza energetica si era rivelata una chiave fondamentale per rispondere alle esigenze di un Paese come l’Italia, povero di materie prime ma con una ricerca estremamente qualificata nel campo dell’innovazione tecnologica nel senso energetico E, anche nell’augurabile prospettiva di una rapida risoluzione della crisi ucraina, le incertezze che erano già manifestate negli approvvigionamenti di gas suggeriscono una strategia di diversificazione. La spinta verso l’efficienza fa parte di questa strategia ed è essenziale perché raggiungere gli obiettivi PNIEC vale il 15% dell’importazione annuale di gas dall’estero, con la conseguente riduzione della dipendenza energetica del nostro Paese.

Per stimolare questo processo il CESEF, l’ufficio studi di Agici Finanza d’Impresa, ha elaborato una proposta: è nel rapporto annuale 2021 “Il mercato dell’efficienza energetica” che viene presentato oggi online da Stefano Clerici, di CESEF. Intervengono tra gli altri Pierluca Merola, Commissione europea; Erica Abisso, Intesa Sanpaolo; Giorgio Golinelli, Hera; Alessandro Cecchi, Iren; Filippo Stefanelli, Acea; Emanuele Ranieri, Enel X; Giorgio Fontana, Plenitude; Francesco Campaniello, Terna-Avvenia, Luigi Risorto, Gse. A tirare le conclusioni dell’evento è la sottosegretario Vannia Gava, ministero della Transizione ecologica. Segue l’assegnazione del Premio Manager Energy Efficiency 2022 all’ingegner Cristian Fabbri, direttore Area Mercato del Gruppo Hera

L’Italia – sottolinea il CESEF – ha un capitolo di spesa che può già fare da volano a un’accelerazione in direzione dell’efficienza energetica. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto 191,5 miliardi di euro per la ripresa economica e di questi oltre 36 miliardi sono dedicati ad attività riconducibili all’efficienza energetica, da anni un pilastro delle politiche energetiche e ambientali a livello europeo. Un vero boost per gli interventi nel settore che, rileva il rapporto, soprattutto grazie alla misura del superbonus 110%, hanno contribuito al rilancio economico del Paese dopo la crisi legata al Covid-19. Tuttavia, avverte il CESEF, non tutte le risorse del PNRR sono facili da realizzare in investimenti effettivi. Infatti, una quota rilevante di queste risorse, oltre 16 miliardi, deve dagli enti che non sempre hanno strumenti o le competenze adeguate a gli obiettivi e passare interventi di EE. Mentre è indispensabilee la realizzazione dei progetti.

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A frenare gli investimenti, si legge nel rapporto, contribuisce l’ancora elevata instabilità e incertezza del quadro dei meccanismi incentivanti. Il superbonus con la legge 2022 è stato revisionato senza però modificare l’impianto generale. Il primo nodo da sciogliere riguarda il sistema dei titoli di efficienza energetica: nonostante siano stati stati oggetto di importanti modifiche, l’atteso decreto del maggio scorso non ha risolto la principale criticità del meccanismo, ovvero la mancanza di liquidità del mercato.

Poi c’è il meccanismo delle detrazioni fiscali per la riqualificazione edilizia. E qui, osserva ancora il CESEF, è necessario riformare, non abbandonare il sistema dei bonus che ha permesso di ottenere il più importante di decarbonizzazione nel risultato dell’efficienza energetica.

Il 2021 è stato un anno cruciale per l’implementazione del superbonus. La misura, varata in un contesto emergenziale per supportare un settore in forte crisi ma cruciale per l’economia nazionale, ha comportato importanti benefici accompagnati però a ingenti costi per lo Stato. La detrazione ha infatti attivato 16,2 miliardi di euro di investimento, generando circa 17,8 miliardi di euro di mancate entrate per lo Stato. Nonostante ciò, per il sistema economico nazionale la misura ha un saldo complessivamente positivo (circa 4 miliardi di euro), principalmente grazie all’aumento del volume di affari delle imprese e alle retribuzioni degli impiegati nei settori coinvolti.

Le dinamiche degli ultimi mesi dei prezzi energetici richiedono più coraggio nell’incentivare comportamenti virtuosi dei consumatori finali. Comportamenti che in buona misura si basano su un incremento degli strumenti di efficienza energetica.  Per questo è importante – sottolinea il CESEF – ottenere una semplificazione del complesso quadro normativo del Superbonus e una prospettiva di lungo periodo della misura capace di dare certezze a operatori e cittadini. Un “dopo Superbonus 110%” per evitare che l’interruzione della misura blocchi gli investimenti e la competizione tra le imprese con un effetto positivo in termini di riduzione dei costi: detrazioni agganciate alle performance energetiche e antisismiche degli interventi.

Non aiuta il fatto che nonostante siano nati operatori rilevanti di efficienza energetica, nel 2021 il settore si presenti ancora discretamente frammentato, a causa del rallentamento del processo di consolidamento finanziario e operativo dovuto all’emergenza pandemica. Il rapporto CESEF rileva comunque una crescente attenzione da parte delle utilities e dei grandi gruppi energetici allo sviluppo di servizi energetici e in particolare dell’efficienza energetica, soprattutto per cogliere le opportunità che si stanno presentando, dal trend dell’elettrificazione dei consumi all’incentivazione del superbonus 110%.

“È elevato il rischio che i 16 miliardi che il PNRR destina alle Pubbliche amministrazioni per interventi di efficienza energetica non riescano a essere integralmente spesi a causa delle stringenti regole definite a livello europeo, con tempistiche definite per la realizzazione dei progetti”, osserva Stefano Clerici, coordinatore della ricerca. “Fattori critici sono l’assenza di competenze interne alla PA, la necessità di garantire che la riqualificazione energetica continui anche dopo il 2026 e lo scarso coinvolgimento dei soggetti privati nella realizzazione degli interventi. Occorre dunque sostenere la domanda attraverso obblighi di efficientamento del patrimonio pubblico e il supporto tecnico alle PA da parte di privati. Ma va anche accelerata la realizzazione dei progetti, integrando con risorse PNRR progetti già avviati, con l’utilizzo di strumenti come il partenariato pubblico privato, accordi quadro e strumenti di finanziamento dei fondi privati. Infine le procedure di gara vanno velocizzate introducendo tempi perentori e premialità per le PA che agiscono nel rispetto dei tempi”.