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Tecnologie CCUS, così Saipem trasforma la CO2 da problema a risorsa

Dallo stoccaggio in depositi sottomarini alla produzione di urea: viaggio nel mondo delle tecnologie di rimozione del carbonio CO2 attraverso gli ultimi progetti Saipem

Tecnologie CCUS
Credits: Depositphotos

(Rinnovabili.it) – Trasformare la CO2 prodotta dalle attività umane, da problema climatico a risorsa per lo sviluppo sostenibile. È quello che cercano di fare oggi le tecnologie CCUS, acronimo delle parole inglesi Carbon, Capture, Utilisation and Storage. Evoluzione delle prime tecniche di rimozione dell’anidride carbonica, la CCUS affronta il problema delle emissioni antropiche con occhio, per così dire, “circolare”, concedendo una seconda vita utile alla CO2 sequestrata dai processi industriali ed energetici. Queste tecnologie consentono, infatti, oltre alla cattura del carbonio, anche il suo successivo riutilizzo nella fabbricazione di prodotti di valore: dai materiali edili ai combustibili passando per nuovi polimeri plastici e composti chimici di pregio. Processi che, imitando il ciclo naturale del carbonio, riescono non solo a “chiudere il cerchio”, ma offrono anche un vantaggio economico.

Ne sono un esempio le soluzioni firmate Saipem, azienda in grado di padroneggiare oggi l’intera catena della CCUS grazie al suo solido background maturato nel settore oil&gas e trasferibile oggi ad altri settori che vanno dal rinnovabile, all’economia circolare ed alle infrastrutture sostenibili. La società sta da tempo costruendo un ricco portafoglio tecnologico nel segmento della CCUS con cui accompagnare la transizione energetica: dalla cattura dell’anidride carbonica alla sua iniezione e stoccaggio in giacimenti esauriti nelle profondità della terra e del mare, dalla conversione della CO2 in fertilizzanti (urea) alla produzione di metano o metanolo. Tra brevetti, acquisizioni, nuovi accordi e proposte progettuali è in grado di ricoprire un ruolo da protagonista nel campo della CCUS in Italia e all’estero, contribuendo attivamente al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione.

La questione climatica e il ruolo delle tecnologie di rimozione delle emissioni

Secondo il Sustainable Development Scenario (SDS) dell’Agenzia Internazionale dell’Energia-IEA, le tecnologie di sequestro e riutilizzo del carbonio possono offrire fino al 7 per cento delle riduzioni emissive cumulate necessarie alla decarbonizzazione globale nei prossimi 20 anni. Ciò implicherebbe, tuttavia, un vastissimo programma di applicazione della CCUS ai siti industriali di emissione per passare dai circa 40 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 catturate l’anno a 2.520 Mt/anno del 2040 (dati SDS 2020). Un ruolo, quello climatico, riconosciuto implicitamente anche dall’ultimo rapporto speciale dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), ossia la roadmap redatta dal foro scientifico ONU per contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5°C.

Lo sprone ambientale, unitamente ai vantaggi economici legati al riutilizzo del carbonio, ha progressivamente aumentatol’interesse industriale. Al punto che, spiega la IEA, gli ultimi dieci anni hanno visto un forte aumento della spesa pubblica e privata in questo ambito, principalmente in Nord America ed Europa. All’interno di questo filone si inserisce anche il lavoro svolto da Saipem. Per l’azienda le tecnologie CCUS sono oggi uno strumento centrale nella declinazione della strategia di transizione energetica.

Il gruppo si muove su più fronti: dalla cattura della CO2 (purificazione del gas naturale in giacimenti ad elevato tenore di biossido di carbonio e cattura del carbonio dai fumi industriali) al trasporto a terra e in mare; allo stoccaggio (tramite l’Acid Gas Injection, la forma più efficace di immagazzinamento definitivo dell’anidride carbonica) al successivo riutilizzo (produzione di fuels sintetici, chemicals e fertilizzanti).

Progetti e tecnologie a prova di futuro 

Saipem ha già realizzato diversi progetti a livello mondiale che coinvolgono la rimozione, il trasporto e la reiniezione di CO2 nel sottosuolo. 

A livello di cattura, ha progettato e costruito oltre 70 impianti di sequestro CO2, utilizzando un vasto range di tecnologie, da lavaggi con vari tipi di solventi alle membrane ibride. Recentemente ha anche acquisito una tecnologia proprietaria dalla società̀ canadese CO2 Solutions Inc che si applica a processi di cattura Post Combustione. La tecnologia acquisita, riduce il fabbisogno energetico del processo di cattura senza utilizzare i composti amminici tossici, tradizionalmente impiegati. Il segreto sta in un innovativo processo enzimatico, già dimostrato su scala industriale in Canada (30 tonnellate di anidride carbonica al giorno, la CO2 catturata viene poi riusata per favorire la crescita di specie vegetali in serra). Da questo stadio di sviluppo, la tecnologia è pronta per essere applicata ad impianti di taglia maggiore.

L’esperienza sul fronte del trasporto- con oltre 130.000 km di condotte a terra e a mare realizzate in aree remote – ha portato Saipem a prender parte al Northern Lights Norwegian CCS, un progetto di trasporto e stoccaggio geologico di CO2 che sarà fornita da siti industriali collocati nella regione del fiordo di Oslo tra cui anche cementifici e termovalorizzatori; l’iniziativa mira a liquefare e portare via nave la CO2 da questi siti ad un terminale onshore sulla costa occidentale norvegese. E da lì, tramite una pipeline sottomarina lunga 80 km, stoccarla in maniera permanente in un bacino nel Mare del Nord. Un passaggio delicato, quello del trasporto sotto la superficie del mare, di cui Saipem ha realizzato il FEED (Front End Engineering Design), passaggio fondamentale in cui si sviluppa il dettaglio tecnico necessario a valutarne la fattibilità e a definirne il costo. 

Non solo. Il gruppo ha una vasta conoscenza industriale nella progettazione e realizzazione di impianti di riutilizzo della CO2, grazie alla sua esperienza e ad una tecnologia proprietaria ad alta efficienza e sostenibilità per la produzione di urea. Al punto che oggi può vantare una leadership tecnologica in questo campo e un elevato livello di competitività. 

La CO2 recuperata può essere anche impiegata per la produzione di combustibili o metanolo, soluzioni ancor più sostenibili se combinate a idrogeno verde o blu. Anche in questi casi Saipem è in grado di proporre diverse soluzioni, nella maggior parte dei casi facilmente integrabili in impianti esistenti. Nuove opportunità si stanno aprendo inoltre nel campo della biofissazione. In questo caso l’anidride carbonica è impiegata per nutrire colture algali in grado di produrre una miscela di composti utilizzabili come biocombustibili.

CCUS: le opportunità per l’Italia

Il biossido di carbonio può essere valorizzato in diversi modi senza alcun processo di conversione (come fluido tecnico o nell’industria alimentare) o convertendolo come sopra descritto. Ma quali sono i possibili scenari di sviluppo all’interno dell’economia italiana? Per il Belpaese realizzare una catena del valore della CCUS significherebbe non solo accelerare la decarbonizzazione nazionale, ma anche riuscire a rendere maggiormente sostenibili le industrie ad alta intensità energetica.

La proposta di Saipem, che la società intende proporre nell’ambito del programma europeo Next Generation EU per l’accesso al Recovery and Resilience Facility destinato all’Italia, parte dal concetto di hub, ossia una rete di cattura e stoccaggio con un’unica infrastruttura di trasporto condivisa che connetta tra loro siti emissivi e di immagazzinamento. Il primo passo necessario consiste nel definire un modello di business capace di fare squadra, riunendo le aziende operanti in vari settori a partire da quelle dell’Oil&Gas, ma anche gli operatori delle infrastrutture del gas, le utility e altri tipi d’industria (acciaierie, cementifici, ecc.).

In questa direzione si inquadra il recente MOU firmato tra Saipem ed Eni con cui individuare possibili opportunità di collaborazione nell’ambito della cattura, trasporto, riutilizzo e stoccaggio della CO2 prodotta da distretti industriali nel territorio italiano. L’obiettivo è contribuire al processo di decarbonizzazione di intere filiere produttive, come quelle energy intensive. E valutare la partecipazione a programmi finanziati dall’UE nel contesto della Green Deal Strategy, proponendo il possibile inserimento di specifiche iniziative nell’ambito del piano di utilizzo dei fondi destinati a sostenere gli Stati membri nella fase post COVID-19.

La CO2 potrebbe essere catturata nei distretti industriali sparsi sul territorio nazionale, trasportata via pipeline o via nave all’hub di stoccaggio per essere poi intombata in pozzi esausti. Le prime stime, associate ad alcune possibili iniziative individuate e limitate ad un unico hub, indicano un potenziale complessivo di 20+ Mt di anidride carbonica evitate annualmente, pari al 6% circa delle emissioni annue in Italia.

Le capacità tecnologiche, ingegneristiche e realizzative sono disponibili, come anche le idee. Ora servono volontà e determinazione per dare al nostro Paese un nuovo volto ed un segnale di forte discontinuità rispetto al passato.