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Riconversione industriale: in Sulcis c’è ARIA d’innovazione

Separare i componenti fondamentali dell’aria e isolarli, con enormi effetti sul piano scientifico che vanno dallo studio della materia oscura, alla ricerca contro il cancro. Questo è il progetto ARIA, che indica la strada per un nuovo modello industriale basato sulla dismissione dell'industria fossile.

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Credits: Valeryna da Pixabay

Dalla riconversione dell’industria del carbone nasce ARIA, un progetto innovativo per lo studio degli isotopi

 

(Rinnovabili.it) – Dall’esemplare riconversione della miniera di carbone del Monte Sinni, nel Sulcis-Iglesiente sardo, nasce il progetto ARIA dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), vale a dire la prima torre di distillazione criogenica al mondo per la produzione di isotopi stabili di altissima purezza. In parole semplici, l’obiettivo del progetto è la separazione dell’aria nei suoi componenti fondamentali che, una volta isolati, possono trovare la loro utilità in diversi ambiti di applicazione (ad esempio, la diagnostica e la sperimentazione di farmaci innovativi). In particolare, però, uno di questi componenti, l’argon-40, permetterà lo sviluppo di una innovativa tecnica per lo studio della materia oscura dell’universo.

 

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Insieme all’INFN, partner del progetto sono la Princeton University, la Regione Sardegna e la Carbosulcis (società partecipata che gestisce l’impianto minerario), ciascuno a vario titolo impegnato nella realizzazione del rivelatore DarkSide-20k che, basandosi proprio sull’uso dell’argon come mezzo di interazione, entrerà in operazione nel 2022 per “spiare” la materia oscura.

 

La scommessa della riconversione della miniera, lanciata circa un anno fa, non solo sembra essere stata vinta, portando alla nascita di un laboratorio scientifico di rilevanza mondiale nei pressi del piccolo centro di Nuraxi Figus, in pieno Sulcis, ma ha già dato i primi risultati di ricerca, riuscendo già a dimostrare in così poco tempo la separazione degli isotopi. In Sardegna, dunque, dalla riconversione dell’industria fossile nasce un centro di eccellenza per la produzione di isotopi stabili, fondamentali per le ricerche contro il cancro e lo sviluppo dei farmaci per le malattie rare e tradizionali. “Tutta la filiera di isotopi vale un miliardo di euro”, ha dichiarato all’Ansa Cristian Galbiati, responsabile scientifico di ARIA, “ma il valore aggiunto sarà il processo secondario, quello delle start up che prendono gli isotopi e li trasformano in proteine, vitamine e molecole più complesse”.

 

Oltre all’enorme rilevanza scientifica, il progetto ha il merito dunque di indicare una possibile strada per un nuovo modello economico ed industriale in Sardegna, basato non solo sulla progressiva dismissione dell’industria del carbone, ma anche sull’innovazione scientifica. La miniera del Sulcis, infatti, appariva particolarmente indicata per il progetto ARIA grazie alle sue caratteristiche strutturali, tali da permettere la realizzazione di una torre di distillazione di 350 metri.

 

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Per questa ragione, un’altra scommessa dovrà ora essere lanciata (e vinta) dal governo italiano su scala regionale, e dovrà riguardare un piano di graduale riconversione dell’industria del carbone in Sardegna (specie in vista del phase out previsto entro il 2025) che sia in grado di salvaguardare l’economia dell’isola e i suoi lavoratori.