Il MIT recluta virus geneticamente modificati per realizzare gli elettrodi delle batterie. Addio a processi di fabbricazione energivori e all'impiego di prodotti chimici pericolosi
La chiave del lavoro condotto da Belcher e collega era quella di riuscire ad aumentare l’area superficiale del filo, aumentando così l’area dove avviene l’attività elettrochimica durante la carica/scarica della pila. Utilizzando un virus M13 geneticamente modificato e capace di catturare le molecole di metalli dall’acqua e legarle in forme strutturali, i ricercatori hanno prodotto una serie di nanofili, ciascuno di circa 80 nanometri. A differenza di fili “cresciuti” con metodi chimici convenzionali, questi nanofili virali presentano una superficie ruvida e spinosa, che aumenta notevolmente lo spazio a disposizione per gli scambi elettrochimici.
Secondo gli scienziati, questo processo di biosintesi è “davvero simile a quello con cui il mollusco Haliotis produce il suo guscio”, in questo caso, attraverso la raccolta di calcio dall’acqua di mare. L’aumento della superficie prodotto con questo metodo è in grado di fornire “un grande vantaggio” – aggiunge Belcher – nel tasso di carica e scarica delle batterie a litio-aria. Inoltre a differenza dei metodi di fabbricazione convenzionali, che coinvolgono alte temperature e prodotti chimici pericolosi, questo processo può essere eseguito a temperatura ambiente e utilizzando come base esclusivamente l’acqua.