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Polimeropolis: la città galleggiante costruita sul Great Pacific Garbage Patch

Il progetto dello studio Focaccia Prieto immagina di urbanizzare l'isola di rifiuti del Great Pacific Garbage Patch, ripulendo l'oceano e creando un nuovo ecosistema abitabile

Polimeropolis – credits: Estudio Focaccia Prieto

Polimeropolis pulisce l’Oceano dalla Great Pacific Garbage Patch e crea spazi abitabili indipendentemente dall’innalzamento dei mari

(Rinnovabili.it) – C’è un’isola nel cuore dell’Oceano Pacifico. Niente sabbia bianca a disegnarne i confini però, solo un mucchio di spazzatura. E’ la Great Pacific Garbage Patch un ammasso di rifiuti in plastica dall’estensione continentale. Qui le correnti ed i vortici dell’Oceano trasportano gran parte dei rifiuti galleggianti provenienti in verità per l’80% dalla terraferma. Secondo la Marine Debris Program della National Ocean and Atmospheric Administration servirebbero 67 navi in un anno per ripulire solo l’1% dell’Oceano Pacifico. Purtroppo però il Great Pacific Garbage Patch si trova talmente lontano da qualsiasi paese della costa da esseresi trasformato in un problema di cui tutti sono a conoscenza, ma a cui nessuno vuole porre rimedio. “Ripulire tutta questa spazzatura farebbe fallire qualsiasi Paese decida di assumersene la responsabilità”, ha recentemente commentato in un’intevista al National Geographic Charles Moore, colui che per primo scoprì la presenza di questi vortici di spazzatura.

Nel corso degli anni la situazione è solo peggiorata. Sorvolando l’area con droni sono state scoperte strutture plastiche permanenti, isolotti alcuni dei quali lunghi fino a 15 metri.

Risolvere due problemi in uno

Il cambiamento climatico ha accentuato una situazione già critica, che ci vede circondati da un mondo di spazzatura non biodegradabile o non riciclabile pronta a sommergerci, insieme all’innalzamento dei livello dei mari.

Mentre alcune nazioni provano a risolvere il problema innalzando dighe o costruendo isole artificiali anti-inondazione, occupando cioè anche gli Oceani, un team di progettisti Clara Focaccia e Juan Manuel Prieto, ha provato a risolvere il problema affrontandolo da un punto di vista completamente nuovo: urbanizzare il Great Pacific Garbage Patch.

Il progetto si chiama Polimeropolis e diventa uno spazio alternativo per la sperimentazione, parte di un’urbanistica autonoma galleggiante che mentre ospita la vita umana, prova a ripulire l’Oceano.

Come si sviluppa Polimeropolis

La città si costruisce recuperando la plastica presente nel Great Pacific Garbage Patch, schiacciata e compattata per formare dei galleggianti adatti ad ospitare le infrastrutture umane. La città cresce mentre l’isola di rifiuti si riduce. Gli agglomerati cono immaginati come atolli circolari disposti attorno ad una enorme laguna centrale libera dalla plastica. Un sistema di raccolta delle microplastiche aiutato dalla vegetazione fitodepurante, purifica l’acqua rendendo l’ambiente adatto ad ospitare la vita.

Ogni anello è un’area urbana ad uso misto, abitata da circa 4.000 persone, con aree produttive e commerciali. L’energia necessaria al funzionamento di Polimeropolis proviene dal movimento delle maree, mentre l’acqua potabile è prodotta grazie al processo di osmosi inversa. Inoltre ogni laguna ospita fattorie idroponiche e verticali per produrre il cibo necessario al sostentamento dei suoi abitanti.

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Anche se il progetto è in realtà un gioco di immaginazione che vola alto, le sue fondamenta sono ben più profonde. “Un invito all’azione per ripensare il modo in cui produciamo, consumiamo e smaltiamo le cose, promuovendo un’economia circolare che cerca di chiudere i circuiti dei flussi di materiale e dare priorità al riutilizzo e al riciclaggio delle risorse”, commentano i progettisti.Si tratta di una proposta per un nuovo paradigma di urbanizzazione che cerca di conciliare le esigenze della specie umana con la conservazione e il rispetto per l’ambiente. Non solo affronta i problemi causati dalla sovrapproduzione di rifiuti, ma crea anche un nuovo ecosistema e stile di vita.