Un patrimonio edilizio antico costruito per il 60% prima dell'entrata in vigore di normative antisismiche e che pur trovandosi in zone ad alto rischio sicurezza, necessità di interventi urgenti di manutenzione
(Rinnovabili.it) – E’ stato presentato a Torino lo scorso sabato 10 novembre il XIII Rapporto di Legambiente “Ecosistema scuola 2012”, che anche quest’anno conferma la triste mancanza di miglioramenti significativi all’interno del parco edifici di uno dei settori che prima di altri dovrebbe trasmettere sicurezza ed efficienza, essendo destinato ad accogliere piccoli e grandi studenti.
Che sia un patrimonio edilizio ormai vecchio e pericolante è un dato di fatto, essendo stato costruito per il 60% prima dell’entrata in vigore delle basilari normative antisismiche, pur trovandosi per circa il 34% in aree ad alto rischio sismico e per il 10,7% in aree a rischio idrogeologico; quasi la metà degli edifici non possiede il certificato di agibilità e ad oltre il 65% delle scuole manca il certificato di prevenzione incendi.
Una fotografia sostanzialmente immortalata nei dati contenuti nell’Anagrafe dell’edilizia scolastica che il Ministero dell’Istruzione ha reso pubblici qualche mese fa dopo sedici anni dalla legge che ne istituiva la creazione e che ad oggi risulta comunque incompleta.
Dei 96 Comuni che hanno partecipato all’indagine con 7.139 edifici scolastici, si conferma ancora una volta in testa alla classifica la città di Trento, seguita da Piacenza, Verbania, Prato e Parma, mentre segnano gli ultimi posto in graduatoria Palermo, Crotone e Sassari; tra le metropoli apre la graduatoria della grandi città Torino (11°) seguita da Firenze (17°) per poi passare dalla 29° posizione di Napoli sino alla 42° occupata da Milano, seguita dalla new entry Venezia (43°), Bologna (67°), Bari (67°) e Palermo (87°). Pesante assenza della capitale che per il secondo anno consecutivo invia dati incompleti, non rientrando nemmeno in classifica.
Il problema degli investimenti
Negli ultimi 3 anni gli investimenti a favore della manutenzione straordinaria sono diminuiti del 20%, un dato preoccupante se si pensa che circa il 43% degli edifici del Sud avrebbe bisogno di immediati interventi urgenti.
Nelle 4 macro aree del nostro paese osserviamo come il Nord attesti una media di investimenti per la manutenzione straordinaria per il singolo edificio in linea con quella nazionale (con € 40.958,35 rispetto ai € 35.549,22 nazionali), mentre il Centro, il Sud e le Isole rimangono sotto ai € 29.065,83 investiti al Sud.
A pesare nel “balletto dei finanziamenti” degli ultimi anni è più che altro il divario tra soldi promessi ed interventi effettivamente conslusi, come si legge nel Rapporto:
“Cifre importanti, come i 400 milioni dei fondi FAS (Fondi per le aree sottoutilizzate) per le aree di convergenza, sembrano spariti nelle nebbie di meccanismi d’intervento e trasferimento agli EE.LL. sempre poco chiari e concreti. Anche dei finanziamenti dati per certi del Fondo Cipe, sono arrivati ai comuni solo circa 160 milioni sui 358 del primo stralcio, mentre dei restati 400 milioni circa del secondo stralcio non se ne ha notizia, malgrado gli EE.LL abbiano già i progetti pronti a cui destinare quelle risorse”.
Passi avanti passi indietro
Dell’intero patrimonio edilizio scolastico un edificio su 3 avrebbe bisogno di un intervento di manutenzione urgente, purtroppo il netto calo degli investimenti degli ultimi anni, hanno portato anche Regioni solitamente virtuose quali la Toscana, il Piemonte e l’Emilia Romagna, a ridurre drasticamente gli interventi di manutenzione (di oltre il 50%) rivelando una pesante sofferenza nel riuscire a mantenere inalterati gli standard qualitativi degli edifici. Rispetto alla media nazionale queste tre Regioni necessitano comunque di interventi urgenti di un 25% in meno, un aspetto qualitativo da non sottovalutare e messo in evidenza durante il recente terremoto in Emilia dimostrando come un patrimonio edilizio curato e monitorato sia un valore aggiunto per la sicurezza degli studenti.
La situazione peggiora al Sud dove più della metà degli edifici necessiterebbe di manutenzione urgente trovandosi per altro per il 63% in aree ad alto rischio sismico, e rispettivamente per il 14% ed il 12% a rischio idrogeologico e vulcanico.
Accanto all’inadeguatezza strutturale antisismica (solo l’8,22% a norma) troviamo purtroppo anche l’inadeguatezza energetica e prestazionale di edifici che per solo lo 0,47% (33 su 7.139) sono costruiti interamente utilizzando criteri di bioedilizia.
Segnali positivi provengono invece dalle buone pratiche sostenibili che, invertendo la tendenza dello scorso anno, presentano un aumento della raccolta differenziata interna agli istituti e dell’utilizzo di stoviglie usa e getta in mater-B, una progressiva crescita delle fonti rinnovabili quale strumento di produzione energetica, già presenti in quasi il 13% degli edifici, ed un significativo miglioramento nella riduzione degli sprechi idrici. Abruzzo (18,31%), Sardegna (23,38%), Toscana (18,03%), Veneto (28,05%) le regioni con i dati percentuali, sull’utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici scolastici, migliori.
Rispetto alla presenza di potenziali rischi ambientali interni agli edifici scolastici, il Rapporto mette in luce un lieve incremento dei Comuni che hanno realizzato il monitoraggio sulla presenza di amianto negli edifici scolastici (92,31%). Non altrettanto positivo purtroppo il dato riferito ai controlli sulla presenza di radon, dove solo un Comune su tre effettua le dovute analisi, con una percentuale addirittura dello 0,00% di monitoraggi in Regioni quali il Lazio.
Quattro storie da copiare
Non solo dati negativi comunque nel panorama nazionale, salvato da alcune eccellenze virtuose messe in luce all’interno del rapporto Ecosistema Scuola: Scarmagno e la scuola di territorio, il primo asilo passivo a Gaiole in Chianti, servizi scolastici sostenibili a km ed emissioni 0 in provincia di Piacenza, la riqualificazione di una scuola in provincia di Torino.